Sei uomini cantano in una chiesa vuota. La loro canzone è da brividi
Ecco la toccante esibizione di sei uomini che iniziano a cantare all'interno di una chiesa vuota . Quando sentirete le loro voci insieme vi verrà la pelle d'oca.
Vedere degli uomini che cantano in chiesa con molta passione non può che essere uno spettacolo davvero meraviglioso. Ci sono, infatti, tantissimi uomini e donne che si dilettano nel canto e che per questo non perdono occasione per poter coltivare la propria passione.
La passione per il canto e la musica spinge infatti queste persone a sfruttare ogni occasione per poter cantare davanti agli altri. In questo caso ad esibirsi sono ben sei uomini che iniziano a cantare all’interno di una chiesa vuota, dando vita ad uno spettacolo davvero meraviglioso.
Peter Hollens, questo il nome di uno degli uomini, è un cantante pop molto famoso, che ha oltre 1 milione e mezzo di follower sui social che seguono costantemente le sue esibizioni e relativi video che totalizzano di volta in volta visualizzazioni da record.
In questo video, in particolare, l’uomo duetta con gli Home Free in un’esibizione che non potrà che farvi venire la pelle d’oca. I sei uomini, che inizialmente si trovano all’interno di una chiesa vuota, intonano a cappella una delle canzoni più belle ed emozionanti di sempre “Amazing Grace”
Basta poco per rendersi conto del grande talento di questi uomini che cantano insieme e che sfoggiano in modo delicato la loro voce davvero pazzesca. Momenti particolarmente intensi, carichi di emozioni che ci faranno capire quanto, uniti al talento, gli uomini possano dare vita dei grandi risultati a degli emozionanti.
Sei uomini cantano in una chiesa vuota. La loro canzone...
Il titolo, che significa "grazia meravigliosa", fa riferimento a diversi
passi biblici:« Per questa grazia, infatti, siete stati salvati
mediante la fede; questo non viene da voi ma è grazia di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene.
L'autore è John Newton,
ex capitano di navi negriere, e può considerarsi un inno di
ringraziamento a Dio per la grazia della sua conversione, tanto più
"sorprendente", quanto più infima era la sua professione. Il percorso
che portò l'autore alla riscoperta del cristianesimo
fu lungo e tormentato: orfano di madre a sei anni,all'età di undici
anni decise di seguire le orme del padre marinaio abbandonando gli studi
classici intrapresi. Trascorse l'adolescenza nella Marina Britannica,
non senza problemi perché venne messo ai ferri per motivi disciplinari e
successivamente fu venduto ad un colono della Sierra Leone.
In seguito a questi eventi perse la fede giungendo a fare professione
di ateismo e ad assumere volutamente comportamenti empi e irriverenti.
Riuscì ad evitare un destino di schiavitù arruolandosi come marinaio
semplice su un'imbarcazione, e riuscì in seguito a fare carriera
diventando capitano di imbarcazioni negriere intorno alla metà del
Settecento. Nelle sue memorie lascia un ricordo di quel periodo, che
doveva segnare profondamente la sua coscienza, e del disagio che lo
condurrà infine all'abbandono di quella professione e alla conversione
religiosa:
« Durante il tempo in cui ero occupato nel commercio degli schiavi, io
non ebbi mai il minimo scrupolo in quanto alla legittimità di tale
traffico. In generale io ne ero soddisfatto, come di una cosa che la
Provvidenza stessa mi aveva destinato, sebbene per molti riguardi era
lungi dall'essere di mia scelta... Io considerai me stesso come una
specie di carceriere o di guardiano e alle volte ero disgustato di un
impiego dove non si trattava d'altro che di ceppi, catene e ferri.
Considerando questo, io avevo spesso pregato il Signore che egli, a suo
proprio tempo, si compiacesse di situarmi in situazione più umana...
Sposatosi con Mary Catlett, della quale era realmente innamorato, si
riavvicinò gradualmente alla fede, iniziando a dedicare alla preghiera
un'ora ogni sera e obbligando anche i suoi marinai, la domenica, a
pregare insieme.
Probabilmente fu la lettura dell' Imitazione di Cristo, testo spirituale medievale forse opera del monaco Tommaso da Kempis,
a risvegliare in lui il desiderio di riavvicinarsi alla fede, ma
sicuramente ebbe influenza anche il fatto di essere scampato a morte
quasi certa durante una terribile tempesta.
Da quel momento iniziò a
crescere in lui il disagio per l'attività che conduceva, e per quanto
inizialmente tentasse di conciliarla con la ritrovata fede cristiana,
adoperandosi per rendere più umane le condizioni degli schiavi
trasportati, si rese infine pienamente conto dell'impossibilità di
farlo, e decise di abbandonare il lavoro sulle navi che operavano la
tratta. Il cambio di occupazione lo portò a diventare ispettore delle
navi al porto di Liverpool.
Tuttavia la maturazione della conversione avvenuta a bordo delle navi
negriere lo portò ad una ricerca spirituale sempre più profonda che
culminò nella vocazione religiosa. Incontrò diverse difficoltà nel
realizzare questo desiderio, a causa della mancanza di un titolo di
studio adeguato, tuttavia grazie all'intercessione di un amico influente
riuscì infine a diventare pastore della parrocchia di Olney, dove si
guadagnò presto l'affetto e la stima dei parrocchiani per i suoi modi
franchi e decisi. S'impegnò nella stesura di testi abolizionisti (come i
Pensieri sulla tratta degli schiavi africani, 1788) dove contrastava le teorie degli schiavisti, e scrisse inoltre degli inni notevoli contenuti in Olney Hymns.
Dopo aver servito per diciassette anni la parrocchia di Olney, gli
venne affidata la chiesa di St. Mary Woolnoth a Londra, dove rimase
altri ventisei anni e dove poi morirà. Fino all'ultimo, malgrado
problemi di salute che lo ridussero quasi cieco e la memoria che
cominciava ad abbandonarlo, volle continuare a testimoniare la propria
conversione, considerata una "meraviglia della grazia di Dio", per
indicare che, se aveva toccato lui, nessun peccatore ne era escluso,
qualunque fossero i suoi peccati.
Diceva infatti: «Come potrebbe un
vecchio persecutore dell'Africa smettere di parlare fino a che può
farlo?». E ancora: «La mia memoria è quasi del tutto
svanita, ma ricordo due cose: che io sono un grande peccatore e che
Cristo è un grande salvatore».
Morì nel 1807, esattamente l'anno che vide l'abolizione della tratta
degli schiavi in tutti i domini inglesi. Sulla sua lapide sono incise,
per sua volontà, le parole pronunciate poco prima di morire:
« John Newton,
ecclesiastico, un tempo un infedele e un libertino, servo degli
schiavisti in Africa, fu, per grazia del nostro Signore e Salvatore Gesù
Cristo, conservato, redento, perdonato e inviato a predicare quella
Fede che aveva cercato di distruggere. »
https://it.wikipedia.org/wiki/Amazing_Grace
Nessun commento:
Posta un commento