mercoledì 30 marzo 2011

VIA CRUCIS  2011
SETTIMA  STAZIONE




SECONDA CADUTA

Scuola di compassione
e magistero di umiltà
è la vita

Eccellenza Reverendissima,
ho scritto tante volte questa lettera in mente mia che potrei recitarla a memoria come i bambini le poesie di Natale, l'ho scritta e l'ho riscritta infinite volte e poi accartocciata nel cestino. Mi dicevo: "Sarà un momento, anche questo passerà..., non è il caso importunare il Vescovo che ha già tante gatte da pelare!". Non so se non sono venuto a bussare alla Sua porta per amore filiale o per quel dannato orgoglio che ci impedisce di palesarci poveri dinnanzi a un altro, fosse anche il padre. Sa, Eccellenza, appartengo alla generazione nata nel dopoguerra, cresciuta a volte negli stenti, venuta su senza giocattoli con nella mente il valore del sacrificio e il culto del pane che bisogna meritare.

Non si agiti, lo so che non ama le lettere perché sanno di distacco e di ufficialità, ma Le assicuro che questo non è l'incipit di testi letti in passato in cui un Suo prete veniva a comunicare la volontà di lasciare l'esercizio del ministero perché in crisi ("Vengono quando hanno già deciso tutto!". Ho sentito che diceva amareggiato nel plenum dello scorso anno). No, Eccellenza, il prete che Le scrive è ancora fedele all'impegno di celibato che assunse tanti anni fa: mi creda non lo dico per vantarmi, sono abbastanza vecchio per ritenere la mia fedeltà (almeno fino a stasera) un dono, quasi un miracolo, non certo opera mia.

Ci sono crisi più profonde di quelle nate intorno al morso della solitudine o provocate da un gesto di ribellione per un trasferimento non accettato, ci sono giorni in cui tutto sembra andare bene poi a un tratto metti un piede in fallo e si apre una voragine dentro di te come un mobile che hai visto sempre solido e a un tratto ti si sgretola sotto lo sguardo perché lentamente i tarli lo hanno divorato e svuotato per anni. "Ma benedetto figlio - ora starà dicendo ad alta voce spazientito - quanti preamboli..., perché non viene al dunque".

E accaduto questa mattina, Eccellenza, ancora una volta, nel momento terribile che anche Lei conosce in cui la gente si siede dopo il Vangelo e aspetta che tu parli. Non so se lo aspetti o lo subisca, lo invochi o lo tema, è certo che quei secondi intercorsi tra l'ambone e la sede, tra il "Lode a te, o Cristo"e il "Cari fratelli... " mi sono sempre pesati sul cuore come un macigno. In modo tutto speciale, in maniera esponenziale, ciò accade nelle celebrazioni esequiali dove in quel momento si crea nella mia chiesa un silenzio irreale, pare che tutti siano statue, che nessuno respiri e tutti abbiano gli occhi fissi su di te come quel giorno nella sinagoga quando Gesù sedette dopo aver consegnato il rotolo del libro. Si crea una tensione terribile in cui esamini, in un attimo, mille modi diversi di cominciare il discorso, mille tracciati; a volte senti anche una sorta di sfida lanciata con gli sguardi e vorresti scappare, nasconderti, non essere diverso da quelli che hanno la libertà di piangere seduti al primo banco.

Quando mi sono girato per parlare e avevo già deciso l'incipit, la chiesa era vuota, non conoscevo più gli angeli di marmo coi quali ho amicizia decennale, non le colonne, l'abside... Ho sentito un'angoscia profonda, vuoto allo stomaco, nausea e vertigini, mi sono aggrappato all'asta del microfono ed ho cominciato a piangere, non a dirotto, ma sottovoce come facevamo da bambini per non incorrere in ulteriori pene.

"Benedetto figliolo, quante volte ti ho messo in guardia dall'eccessiva mole di lavoro..., basterà una vacanza!"starà dicendo sollevato mentre la suora suona per la cena. Vede, Eccellenza non è un caso isolato l'incidente di stamattina, altre volte mi accade per strada, al volante, nell'ombra del confessionale o in casa. È l'improvviso chiudersi dell'orizzonte e tu non sai chi sei e quanto valga continuare a vivere. Si chiama "depressione" e come un cancro corrode un organo, ti polverizza l'anima, ti fa sentire inutile, inetto, inane...

Lei, forse, Eccellenza non l'ha mai provato, ma le assicuro che ti senti il cielo addosso, le preghiere rimbalzano come monete false e non c'è Dio che sembra ascoltare i pianti, tutto sembra svuotato, nessun ricordo è dolce, e non c'è affetto che ti attenui il gelo. Forse, Eccellenza, anche Gesù è passato per questa valle oscura, nell'agonia dell'orto, la sera dell'addio, salendo il suo Calvario?


                                                                                               + A.A.

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