Vanità clericale
La vanità clericale non ha veramente mai fine. A parte chi
tende a rendere la liturgia uno show per mostrare se stesso, a parte la moda dei selfie che oramai ha contagiato anche il
clero per cui non passa momento in cui, come ragazzini adolescenti, alcuni
spediscono immagini al cui centro ci sono sempre loro, qualcuno inizia a
superare i suoi colleghi credendosi in un empireo al di sopra di tutti,
talmente elevato nobiliarmente da esigere, da qualche fedele, l'eredità dei
suoi beni auspicandone la morte il più rapidamente possibile.
Gesù Cristo, che indica nei vangeli la perfezione nella piccolezza e umiltà dei
fanciulli, è bell'è che dimenticato!
Al contrario, ricordo un archimandrita greco (ora vescovo)
il quale, per quanto grezzo, aveva un senso profondo della realtà tale da far
scendere qualche suo collega dalle nuvole. Egli a chi aveva arie di nobiltà
diceva: «Ma che arie ti dai? Non vedi che quando noi [preti] passiamo per
strada la gente si tocca i genitali?».
Padre Paissios, da poco canonizzato, oltre a sottolineare
che oggigiorno le persone hanno perso la vera nobiltà d'animo (che un titolo o
una semplice presunzione di se stessi certo non conferisce), affermava di sè
d'essere una puzzolente scatola di calamari buttata via che da lontano,
illuminata dal sole, poteva essere scambiata per un oggetto d'oro.
Un santo si paragona alla spazzatura, chi santo non è si
sente al centro dell'universo fino al punto da disprezzare il prossimo. È
sempre la stessa storia!
L'umiltà benedetta è l'ultima cosa a cui si volgono coloro
il cui animo è talmente gonfio di sé da non poterla contenere ...
http://traditioliturgica.blogspot.it/2015/05/vanita-clericale.html
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