lunedì 3 giugno 2013

ermeneutica della continuità

CINCILIO VATICANO II



 
Il Concilio Vaticano II
alla luce della Tradizione della Chiesa

 Martedì 11 giugno, ore 21, p. Serafino Lanzetta dei Frati Francescani dell’Immacolata terrà presso la Sala Conferenze del Broletto in Pavia (ingresso laterale di via Paratici) una relazione dal titolo “Il Concilio Vaticano II alla luce della Tradizione della Chiesa”. E’ il tema sviluppato nel libro dello stesso p. Lanzetta, Iuxta modum, edito nel 2012 da Cantagalli. L’evento, organizzato dal Sodalizio Pio XII, si ispira all’Anno della Fede ed è parte del programma culturale della annuale Festa del Ticino del Comune di Pavia.
Grazie a Benedetto XVI si è ravvivata negli ultimi anni la discussione teologica sul Concilio. In un celebre discorso del 2005 alla Curia romana, egli infatti ha sostenuto come negli anni successivi all’assise un’ermeneutica di discontinuità con la Sacra Tradizione abbia concepito il Concilio come un “nuovo inizio” per una “nuova chiesa”, da opporre ad una chiesa del passato.
Effettivamente, in questi decenni si è sentito un po’ di tutto. Appellandosi al Concilio sacerdoti hanno abbandonato l’esercizio del ministero, consacrati hanno violato il vincolo perpetuo dei voti,  teorie esplicitamente o velatamente contrarie al Magistero infallibile hanno preso a circolare presso facoltà teologiche, seminari, istituti di insegnamento della religione cattolica. Sotto il pretesto dell’aggiornamento, della partecipazione e della “comprensibilità” (come se il mare potesse finalmente entrare nella conchiglia), si è assistito ad un “crollo della liturgia”, secondo l’espressione usata dal Card. Ratzinger nel denunciare gli abusi. Con la scusa del dialogo col mondo, della libertà religiosa, dell’ecumenismo, non pochi cattolici hanno sacrificato sull’altare del rispetto umano l’unicità salvifica di Gesù Cristo, la Chiesa cattolica come unica sede della pienezza della verità, i valori fondamentali della morale e le sue esigenze nella vita pubblica (pensiamo ai principi non negoziabili). Usando come grimaldello la collegialità e il sacerdozio battesimale, si sono invocati riforme democratiche del potere papale e il diritto di critica ad ogni pronunciamento magisteriale non gradito.
Come ciò è potuto accadere? E, soprattutto, si tratta di interpretazioni legittime? Sono contenute o suggerite dai documenti del Concilio o dal suo “spirito”?
La risposta non dipende solo dalla lettura dei testi, ma dall’ottica con cui si leggono. Potrebbe essere positiva solo se si ritenesse che il Concilio abbia inteso primariamente porsi come Concilio dottrinale e non pastorale; e che sia l’ultimo Concilio a giudicare la precedente Tradizione della Chiesa, inglobandola ed eventualmente superandola.
La risposta dovrebbe invece essere negativa se si ritenesse che il Concilio abbia inteso presentare se stesso come anzitutto pastorale (senza per questo rinunciare a formulazioni e precisazioni dottrinali); e che sia la Tradizione, come fonte della Rivelazione divina, la misura della verità delle cose, anzi, la Verità stessa comunicata a noi.
Non è questione oziosa: dalla risposta corretta dipende la fedeltà del credente a Nostro Signore e alla Chiesa, il fervore apostolico, la vivacità missionaria, il fiorire delle vocazioni.
Quale è, allora, la risposta corretta? Padre Serafino Lanzetta, giovane ed apprezzato teologo, ne parlerà nella sua attesa relazione, alla quale tutta la cittadinanza è invitata.

Marco Ferraresi

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