sabato 22 giugno 2013

Omelia XII Domenica anno C

XII Domenica anno C

Il Vangelo di Luca si caratterizza per il fatto che indica una svolta decisiva alla “vita pubblica” di Cristo a Cesarea di Filippo, dove il Signore fa quasi un indagine valutativa sul periodo dell’ apostolato precedente, per poi annunciare che ormai si impone il cammino a Gerusalemme, perché nessun profeta è mai morto fuori di essa (Lc 13:33). Così Gesù intraprende il suo cammino indurendo il volto (Lc 9,51). Gesù incontrerà resistenze ed incomprensioni, sul futuro che prospetta, anche da parte degli stessi Apostoli.  
La lettura tratta dal profeta Zaccaria ci offre delle espressioni molto significative della futura identità umile e dolce del Messia.
Colui che hanno trafitto: Capiremo chi sia alla luce della Passione di Gesù. Ed a quella stessa luce intravediamo la restaurazione della Gerusalemme futura. Così siamo chiamati a contemplarlo crocifisso ma anche a vivere la con-passione alle sue sofferenze, per essere partecipi della sua gloria. Nel brano odierno si parla del pianto per il lutto, che però non può essere sterile sentimentalismo, come quello delle pie donne sulla via del calvario; san Paolo ci invita addirittura a completare nella nostra carne ciò che manca alla passione di Cristo a favore del suo corpo che è la Chiesa (cfr Col 1,24) ed ancora a Timoteo: “ soffri anche tu insieme con me per il Vangelo” (2 Tim. 1,8 ).
Spirito di grazia e di consolazione: parlare di grazia è sempre parlare di un dono di Dio. E’ per grazia che Gerusalemme e la Chiesa saranno consolate. Ed il Signore non la farà mancare, perché è assolutamente necessaria per vincere il pessimismo in cui il Maligno ci vuole rinchiudere, disperando del perdono di Dio per le innumerevoli infedeltà all’ alleanza. La consolazione, il pentimento ed il perdono sono necessari per rialzarsi e ripartire nella vita buona della volontà di Dio nel suo progetto di amore per noi. Dio dispensa con prodigalità la sua grazia ma noi siamo attenti e recettivi? La distrazione uccide l’ amore, anche quello di Dio verso di noi.
Guarderanno a Colui che hanno trafitto: pensiamo ai presenti sul Calvario, l’ Addolorata, l’ apostolo prediletto, … san Francesco …. i santi stigmatizzati ….  E ripetiamo: passione di Cristo confortami! La contemplazione delle sofferenze del Redentore ci deve portare al pentimento per il peccato, “è stato trafitto per le nostre infedeltà” (Is 53,5). “Mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Gal 2,20). Come siamo stati causa di sofferenza lo dobbiamo essere anche di riparazione. Per cui il Crocifisso dice: “ io vi ho dato l’ esempio perché come ho fatto io facciate anche voi” (Gv 13,15). Lo sforzo apostolico del cristiano non consiste nell’instaurare un programma di ordine sociale, ma parte da una scossa interiore nel considerare come l’ amor con l’ amor si paga, se Lui ha dato la sua vita per noi anche noi dobbiamo dare la vita gli uni per gli altri (1Gv 3,16). I grandi convertiti hanno compreso come dopo avere incontrato Cristi non avrebbero potuto più fare ameno di vivere per Lui.
La lettura evangelica ci parla del pensiero della morte che incombe su Gesù. L’ ostilità dei capi del popolo sta aumentando, ed anche da un punto di vista popolare Egli sta perdendo consensi, soprattutto quando la gente s’ accorge che il messia non ha ambizioni politiche, e non è disponibile a moltiplicare il pane per sfamare gratuitamente le persone ( Gv 6,26 ). Ma Gesù sa che la Redenzione deve necessariamente passare per la porta stretta della Passione. Tuttavia quest’ultima non è mai disgiunta dal pensiero della Risurrezione: “ io ho il potere di dare la vita e di riprenderla di nuovo” (Gv 10,17). La Passione del Signore è un atto di amore liberamente offerto. Anche noi come Lui possiamo trasformare la tragica sorte di mortali in un atto di amore e di adesione alla volontà divina. La Passione di Gesù rappresenta ciò che non sarebbe mai dovuto avverare, ma annunciando la sua morte Egli stesso afferma che il Figlio dell’ uomo deve molto soffrire e dopo la Risurrezione: “non era forse necessario che il Cristo sopportasse queste sofferenze?” Ma siamo davanti ad un mistero: il misterium iniquitatis ed il mistero dell’ amore di Dio per noi, che non ha risparmiati il suo Figlio, il suo unico figlio ma lo ha consegnato come capro espiatorio per la salvezza di ogni uomo.

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