Storia dell’Angelus
La recita dell’ Angelus, accompagnata tre volte al giorno dal suono delle campane delle chiese, ebbe inizio proprio nel 1200, il fecondo secolo della Teologia Scolastica e delle Cattedrali gotiche, ma anche di grande devozione alla Madonna.
Dapprima si chiamò “preghiera della pace”: aveva, infatti, lo scopo di onorare il Figlio di Dio che, incarnandosi nel seno della Vergine Maria, pose i fondamenti della pace tra Dio e gli uomini.
Inizialmente si usava recitarlo solo alla sera, perché si riteneva che l’Arcangelo Gabriele si fosse presentato alla Vergine di Nazareth verso il tramonto, per annunziarle il mistero della sua divina maternità. Né aveva la forma attuale, consistendo nel rivolgere alcune volte a Maria le parole dell’Angelo (Ave, piena di Grazia: il Signore è con te) e quelle del saluto di Elisabetta (Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo grembo). Consisteva, cioè, nella prima parte dell’Ave Maria.
Solo più tardi. Assunse progressivamente la forma attuale. Ma chi ne fu l’iniziatore? Alcuni ritengono che la pia pratica sia sorta in Germania, appunto all’inizio del XII secolo. Lo deducono da espressioni del genere seguente, incise sulle campane del tempo: “Ave Maria – Rex gloriae Coriste, veni cum pace” oppure: “Maria vocor – o Rex gloriae, veni cum pace.”
Altri attribuiscono l’origine della pratica mariana a Gregorio IX (1241), il Papa che fu eletto a 85 anni e morì quasi centenario.
Le prime notizie sicure risalgono piuttosto alla seconda metà del sec. XIII. In una Chronica francescana dell’epoca, si legge infatti che nel Capitolo generale dell’Ordine tenuto da San Bonaventura a Pisa nel 1263, fu stabilito che “i frati nei discorsi persuadessero il popolo a salutare alcune volte la Beata Vergine Maria al suono della campanari Compieta, perché è opinione di alcuni solenni dottori che in quell’ora essa fosse salutata dall’Angelo.” A San Bonaventura, del resto, doveva stare molto a cuore la pia pratica, tanto che la raccomandò anche nel Capitolo generale di Assisi del 1269.
La pratica dell’Angelus, predicata dai Francescani, si diffuse rapidamente. Nel 1274 la si trova a Magonza, e nel 1288 a Lodi, ove lo “Statuto dei Calzolai” ordinava che essi dovessero subito smettere il lavoro, al sabato sera e alla Vigilia delle feste della Madonna, “appena udito il primo suono delle campane dell’Ave Maria, dal campanile della Chiesa Maggiore”, pena la multa di 20 “imperiali”!
Lo stesso modo di suonare la campana all’Angelus e il numero delle Avemaria si trovano già precisati nelle “Costituzioni” del Capitolo provinciale francescano tenuto a Padova nel 1295: “In tutti i luoghi - vi si legge – si suoni la sera un poco per tre voltela campana ad onore della gloriosa Vergine, e allora tutti i frati genufletteranno e diranno tre volte: “Ave Maria, gratia plena”.
In un decreto del “Sinodo di Strigonia” (Ungheria) del 1307 si prescriveva che tutte le sere si suonasse la campana ad instar tintinnabuli (dolcemente), e si concedevano indulgenze ai fedeli che a quel suono avessero recitato tre Avemaria.
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