“Se non ti ravvederai verrò da te e rimuoverò il candelabro dal suo posto”. La Chiesa austriaca “ velociter currit ad finem"
( foto : Stampa settecentesca della Madonna Santissima "Regina d'Austria" con lo stemma Asburgico donata da un membro dell'Imperial Casa ad una Famiglia marchigiana)
Ascoltando l’omelia di Papa Benedetto XVI per l’apertura del Sinodo dei Vescovi il 2 ottobre 2005 per l’apertura del Sinodo dei Vescovi ebbi un brivido all'udire l'ammonizione che, per conseguenza del rifiuto di Dio, il giudizio divino si sarebbe potuto abbattere sulla “Chiesa in Europa, sull’Europa e sull’Occidente in generale” come avvenne per la distruzione di Gerusalemme.
Le parole che il Signore rivolse nell’Apocalisse rivolse alla Chiesa di Efeso sono terribili: “Se non ti ravvederai verrò da te e rimuoverò il candelabro dal suo posto” ...
“Anche a noi può essere tolta la luce e facciamo bene se lasciamo risuonare questo monito in tutta la sua serietà nella nostra anima, gridando allo stesso tempo”.
Il Pontefice aggiunse : “Se guardiamo la storia, siamo costretti a registrare non di rado la freddezza e la ribellione di cristiani incoerenti. In conseguenza di ciò, Dio, pur non venendo mai meno alla sua promessa di salvezza, ha dovuto spesso ricorrere al castigo. E’ spontaneo pensare, in questo contesto, al primo annuncio del Vangelo, da cui scaturirono comunità cristiane inizialmente fiorenti, che sono poi scomparse e sono oggi ricordate solo nei libri di storia. Non potrebbe avvenire la stessa cosa in questa nostra epoca? Nazioni un tempo ricche di fede e di vocazioni ora vanno smarrendo la propria identità, sotto l’influenza deleteria e distruttiva di una certa cultura moderna”.
Il 17 novembre scorso leggendo il blog del bravissimo Paolo Rodari sulla situazione della Chiesa Austriaca ho ripensato, con grande tristezza, all’Omelia papale che ho citato.
Stiamo vivendo dei momenti assai difficili per la Fede : per questo dobbiamo aggrapparci, con l’aiuto della Grazia Divina, al Successore di Pietro che cerca in ogni modo di guidare la barca fra le onde del mare in tempesta.
Come non leggere come un “segno dei tempi” il recente ritrovamento fortuito, fra le macerie di un antico muro crollato casualmente, di un Rituale di Esorcismo che nell’ultima pagina reca l’effige della Madonna Santissima : “ TU SOLA CUNCTAS HAERESES INTEREMISTI IN UNIVERSO MUNDO” ? A.C.
Contro Roma, contro Vienna. I preti dissidenti austriaci vogliono mettere i laici sull’altare della messa
di Paolo Rodari, 7 novembre 2011 -Il cardinale arcivescovo di Vienna Christoph Schönborn ce la sta mettendo tutta per arginare il dissenso all’interno della sua chiesa, ma non è facile. Nei giorni scorsi ai vescovi austriaci riuniti in assemblea ha chiesto di restare compatti.
I 300 parroci aderenti alla Pfarrer-Initiative promotori, lo scorso giugno, di un “appello alla disobbedienza” nel quale chiedono riforme e cambiamenti nella chiesa, infatti, non demordono.
Il 6 novembre a Linz, e cioè in quel territorio ostile che tre anni fa costrinse Roma a revocare la nomina di vescovo ausiliare a Gerhard Wagner perché “troppo conservatore”, la Pfarrer-Initiative si è riunita coinvolgendo altri quattro gruppi cattolici (oltre a Wir Sind Kirche e alla Pfarrer-Initiative, LaienInitiative, Priester ohne Amt e Taxhamer Pgr-Initiative) che da tempo chiedono a Roma analoghe riforme (eliminazione dell’obbligo al celibato, sacerdozio femminile e di uomini sposati, piena accoglienza dei divorziati risposati), e ha minacciato l’imminente celebrazione di messe senza la presenza del prete se non verrà concesso il sacerdozio a donne e uomini sposati. Già oggi in molte parrocchie si svolgono funzioni guidate da laici, ma nessuno si è spinto a celebrare il rito eucaristico senza un sacerdote.
Quella avanzata dai cinque gruppi è una mossa studiata a tavolino. Intendono intensificare la pressione sui vescovi, e dunque su Roma, mostrando loro che per ottenere ciò che chiedono sono disposti anche a spingersi fino all’extrema ratio: far celebrare messa ai laici e incappare nella scomunica.
Il 6 novembre a Linz i disobbedienti hanno stilato un documento dedicato al tema “Eucaristia in tempi di carenza di preti”. Al suo interno è contenuto un piano di proposte dettagliato: l’eucaristia è affidata alla comunità che “decide chi la dirige e la presiede”; per garantire l’unità della chiesa, è necessario che sia il vescovo a conferire l’incarico alla persona scelta dalla comunità; oggi “la celebrazione dell’eucaristia è subordinata al numero di preti celibi” ma “questo è un approccio errato”. E’ il numero dei celebranti, infatti, “a doversi adattare al numero di comunità”; la carenza di presbiteri è dovuta a “regole obsolete” e mentre in centinaia “sono stati allontanati dal ministero perché si sono sposati, i preti sono costretti ad assumersi la responsabilità di sempre più numerose comunità”.
La cura pastorale ne viene danneggiata e i preti rischiano l’esaurimento; il celibato sacerdotale è una prassi tardiva della chiesa – Roma, invece, insiste sulle origini evangeliche del celibato – e “nulla osta a tornare alle origini del cristianesimo e ad affidare la guida delle comunità e la celebrazione dell’eucaristia a uomini e donne sposati; tutti i credenti partecipano del “sacerdozio regale” di Cristo, conferito in occasione del battesimo senza fare distinzioni di sesso; le donne sono state, alle origini, diaconesse e apostole e hanno parlato profeticamente: le successive limitazioni al loro ministero “sono stati adattamenti alla società patriarcale”, ora superata nella nostra società. “Il cammino verso l’ordinazione femminile non può essere ostacolato da divieti del Papa di discuterne”; ogni comunità ha diritto a una guida, uomo o donna; se il vescovo non ottempera al suo compito di garantire questo diritto, le comunità si assumeranno la responsabilità di rendere possibile la celebrazione dell’eucaristia, come culmine, fonte e forza della fede.
L’intellighenzia del riformismo ecclesiale riunita a Linz è stata vagliata a dovere da vescovi che, come ha spiegato il segretario generale monsignor Peter Schipka, sabato scorso a Salisburgo avevano all’ordine del giorno dei propri lavori una “discussione su diverse iniziative e proposte di riforma della chiesa”.
La risposta di Schönborn, lasciando l’assemblea, è stata chiara: proporre di fare dire messa ai laici “è una rottura aperta con una verità centrale della nostra fede cattolica”.
In un’intervista al settimanale News il vescovo Klaus Küng di St. Pölten ha rincarato la dose dicendo che la proposta è una “contaminazione di ruoli” tra laici e clero: vi è un “grande pericolo”, ha detto, “nella tendenza a una clericalizzazione dei laici e alla secolarizzazione o laicizzazione del clero”.
Ciò che occorre, è che “ognuno porti avanti seriamente i suoi compiti secondo il proprio ruolo e la propria vocazione”; un’eucaristia senza prete, ha affermato, rappresenterebbe “un indebolimento del sacramento e del ministero sacerdotale”.
Küng è fermamente convinto di ciò che dice seppure la sua diocesi senta gravemente il problema della mancanza di sacerdoti: di 424 parrocchie, solo 184 hanno un parroco. Per questo è stata inventata una sorta di “centralizzazione” delle parrocchie più grandi, alle quali vengono “affiliate” comunità più piccole, nelle quali si recita il rosario o si celebra la liturgia delle ore senza la presenza del clero, mentre la messa viene celebrata solo in quelle più grandi, che godono della presenza di un parroco.
A Schönborn e a Küng non solo ha risposto Hans Peter Hurka, capo di “Wir sind Kirche” – per lui le parole dei due vescovi significano “non riconoscere la drammaticità della situazione”– ma anche un presule molto vicino a Schönborn, il vescovo ausiliare di Vienna Helmut Krätzl. “Le persone disposte al cambiamento – ha detto –, prima di tutte i vescovi, dovrebbero finalmente mettersi in rete e presentare insieme le loro richieste a Roma”. Perché se da decenni la gerarchia impone la stessa disciplina e da decenni la base ecclesiale non la segue, è evidente che l’aspetto giuridico, prima o poi, deve essere “ripensato”.
Ciò che più di ogni altra cosa preoccupa Roma è il fatto che il vasto movimento di riforma austriaco può contare, qui come non avviene altrove, sull’appoggio del popolo: stando a un recente sondaggio realizzato dal Gfk-Umfrage Institut i cui risultati sono stati diffusi dall’emittente Orf, il 72 per cento dei preti austriaci sostiene l’“appello alla disobbedienza”; il 76 per cento è favorevole alla comunione ai divorziati risposati, mentre il 71 vorrebbe l’abolizione del celibato sacerdotale obbligatorio e il 55 (il 51, secondo un sondaggio dello stesso Istituto, nel 2010) vorrebbe l’ordinazione femminile.
Chiesa d'Austria a rischio scisma
Gli apostati aumentano….
Da La Bussola di Vito Punzi 25-11-2011
Ormai ha un nome: "movimento cattolico di riforma". Il dissenso che sta attanagliando la Chiesa cattolica austriaca non va scemando, al contrario, cresce col tempo e sta prendendo sempre più le caratteristiche di un movimento scismatico. Dove aver raggiunto e superato le trecento adesioni tra i sacerdoti, l'"Iniziativa dei parroci", guidata da Helmut Schüller [nella foto con un bel completo manageriale], già vicario generale del cardinale arcivescovo di Vienna Christoph Schönborn, si è data una giornata di riflessione lo scorso 6 novembre, a Linz, nella diocesi nella quale due anni fa una violenta campagna mediatica (sostenuta anche da alcuni vescovi) ha impedito a mons. Gerhard Wagner, il vescovo ausiliare designato da Benedetto XVI, di assumere il proprio mandato perché “tradizionalista”.
Presenti nella città dell’Alta Austria oltre 80 sostenitori, lo stesso Schüller ha voluto rendere conto nei giorni successivi di quanto discusso e deciso. Nella newsletter del movimento datata 11 novembre si legge dunque a sua firma che una prima discussione è stata dedicata a una proposta giunta da aderenti tirolesi: trasformare in futuro quello che fino a questo momento è stato l’”appello alla disobbedienza” in “appello alla responsabilità personale”. Proposta rifiutata a larga maggioranza, perché, ha scritto Schüller, «il concetto di disobbedienza indica chiaramente che a noi interessa l’intero ordinamento della Chiesa, non solo l’iniziativa individuale». Oltre ad aver fatto passare la richiesta che in futuro si promuova un “nuovo dialogo” tra i fedeli e i vescovi e la necessità di «costruire una rete insieme ad altri gruppi di sacerdoti allineati presenti in altre nazioni», la guida del movimento ricorda come nelle discussioni di Linz sia stato richiesto “con grande consenso” di aggiungere al “catalogo delle richieste” da presentare alla Chiesa la possibilità di “mettere bocca nelle nomine dei vescovi”. Tuttavia, più di quanto discusso e deciso il 6 novembre risulta essere importante (e grave) ciò che è avvenuto il giorno precedente, quando come esito di un meeting di studio sul tema “La celebrazione eucaristica in tempi di penuria di preti”, cui hanno preso parte non solo membri della Pfarrer-Initiative ma anche altri “dissidenti” appartenenti a “Iniziativa Laicale” (Laieninitiative), a “Noi siamo chiesa” (Wir sind Kirche), a “Preti senza ufficio” (Priester ohne Amt) e a Taxhamer Pgr-Initiative, sono state elaborate sette tesi. Vediamole:
• «La comunità che si riunisce nel nome di Gesù è portatrice della celebrazione eucaristica. Ad essa come chiesa locale è affidata la memoria della morte e della resurrezione di Cristo ed il Signore è al suo centro (Mt 18,20). La comunità decisa da chi debba essere guidata e chi debba presiedere la celebrazione eucaristica. Al fine di conservare l’unità della chiesa è necessario che il mandato giunga dal vescovo».
• «Attualmente la guida delle comunità e la celebrazione dell’Eucaristia vengono fatte dipendere dal numero dei sacerdoti celibi. Ma questo è un approccio sbagliato. Piuttosto bisogna adeguare il numero di chi sovrintende, uomini e donne, al numero delle comunità».
• «La penuria di sacerdoti viene causata artificialmente dalla chiesa burocratizzata tramite superate modalità di accettazione per il mestiere del sacerdote. Accade così che mentre vengono allontanati centinaia di presti perché sposati agli altri che permangono nel loro ufficio vengano affidate sempre più comunità. Questi ultimi non possono più offrire così una sufficiente assistenza spirituale e cadono sempre più frequentemente sotto stress».
• «Il celibato obbligatorio è una ‘via speciale’ scelta dalla chiesa latina (nel XII secolo). Nulla vieta che ci si rifaccia agli inizi del cristianesimo e si chiamino uomini e donne sposate alla guida di una comunità e a presiedere la celebrazione eucaristica».
• «Il Nuovo Testamento ha abolito il sacerdozio così com’era proprio nell’ebraismo e nella cultura pagana. Gesù Cristo è l’unico sacerdote della Nuova Alleanza (Ebr. 9; 10). Ogni fedele partecipa del suo sacerdozio: Voi siete sacerdozio regale (1Pt 2,9). Questa dimensione sacerdotale viene conferita durante ogni battesimo senza distinzione tra i sessi (Gal. 3,28)».
• «Nella chiesa degli inizi le donne erano diaconesse (Rom 16,1) ed apostolesse (Rom 16,7) e parlavano profeticamente durante le funzioni (1 Cor 11,5). Le limitazioni cui sono state successivamente sottoposte sono state concessioni alle forme della società patriarcale, forme che nella nostra società attuale risultano essere sempre più superate. Il cammino verso l’ordinazione della donne non può essere fermato dai divieti papali alla discussione».
• «Ogni comunità ha diritto ad una persona che sovrintenda, sia uomo o donna. Se il vescovo viene meno al dovere di assicurare che questo accada le comunità, appellandosi al sacerdozio universale, si assumeranno la propria responsabilità, così da continuare a rendere possibile la celebrazione eucaristica come culmine, fonte ed energia (Concilio Vaticano II, Costituzione dell’Eucaristia 10) della fede».
Com’è piuttosto evidente, si tratta di questioni tutt’altro che nuove, corrispondenti con le richieste di quei cattolici che si autodefiniscono “progressisti” e che sono presenti in tutta Europa. Forti del consenso che starebbe riscuotendo l’”appello alla disobbedienza” tra i sacerdoti austriaci (oltre il 55, fino a punte del 75% su tutte le questioni sopra definite), ma anche degli attestati di solidarietà provenienti dall’estero (l’appello è stato firmato in settembre da dieci preti della diocesi di Rouen) Schüller e i suoi seguaci hanno sottoposto le loro tesi alla conferenza episcopale austriaca, riunitasi dal 7 al 10 novembre a Salisburgo. La posizione del cardinale Schönborn è chiara: “Ogni sacerdote”, aveva già scritto in settembre “così come tutti noi, deve decidere se vuole continuare a percorrere il cammino insieme al Papa, al vescovo e alla chiesa, oppure no”, invitando piuttosto chiaramente i “disobbedienti”, se convinti della loro linea, ad andarsene.
Ora, l’11 novembre, in qualità di presidente della conferenza episcopale, è tornato sulla questione ricordando che «laddove vi sia qualcuno che si dica cattolico, quello deve esserlo anche interiormente». Limitandosi a rispondere con battute, sul tema del celibato in particolare ha semplicemente ricordato che si tratta di “un tema sul quale non si potrà certo decidere in Austria, visto che vi vive meno dell’1% dei cattolici del mondo”. Dopo aver sottolineato l’importanza del continuo rinnovamento cui deve sottoporsi la chiesa, ricordando tuttavia che “da duemila anni non vi è via migliore per le riforme dello stesso Vangelo”, il cardinale ha ricordato come a differenza dei marxisti i cristiani sanno che “sono gli uomini e non le riforme strutturali a modificare la società”. «Invito dunque», questa la sua conclusione, «a tornare a quella scuola di vita che è Gesù Cristo, perché se il rinnovamento della fede non accade anzitutto nell’interiorità qualsiasi struttura, per quanto migliore rispetto alla precedente, non serve a nulla».
Da La Bussola di Vito Punzi 25-11-2011
Ormai ha un nome: "movimento cattolico di riforma". Il dissenso che sta attanagliando la Chiesa cattolica austriaca non va scemando, al contrario, cresce col tempo e sta prendendo sempre più le caratteristiche di un movimento scismatico. Dove aver raggiunto e superato le trecento adesioni tra i sacerdoti, l'"Iniziativa dei parroci", guidata da Helmut Schüller [nella foto con un bel completo manageriale], già vicario generale del cardinale arcivescovo di Vienna Christoph Schönborn, si è data una giornata di riflessione lo scorso 6 novembre, a Linz, nella diocesi nella quale due anni fa una violenta campagna mediatica (sostenuta anche da alcuni vescovi) ha impedito a mons. Gerhard Wagner, il vescovo ausiliare designato da Benedetto XVI, di assumere il proprio mandato perché “tradizionalista”.
Presenti nella città dell’Alta Austria oltre 80 sostenitori, lo stesso Schüller ha voluto rendere conto nei giorni successivi di quanto discusso e deciso. Nella newsletter del movimento datata 11 novembre si legge dunque a sua firma che una prima discussione è stata dedicata a una proposta giunta da aderenti tirolesi: trasformare in futuro quello che fino a questo momento è stato l’”appello alla disobbedienza” in “appello alla responsabilità personale”. Proposta rifiutata a larga maggioranza, perché, ha scritto Schüller, «il concetto di disobbedienza indica chiaramente che a noi interessa l’intero ordinamento della Chiesa, non solo l’iniziativa individuale». Oltre ad aver fatto passare la richiesta che in futuro si promuova un “nuovo dialogo” tra i fedeli e i vescovi e la necessità di «costruire una rete insieme ad altri gruppi di sacerdoti allineati presenti in altre nazioni», la guida del movimento ricorda come nelle discussioni di Linz sia stato richiesto “con grande consenso” di aggiungere al “catalogo delle richieste” da presentare alla Chiesa la possibilità di “mettere bocca nelle nomine dei vescovi”. Tuttavia, più di quanto discusso e deciso il 6 novembre risulta essere importante (e grave) ciò che è avvenuto il giorno precedente, quando come esito di un meeting di studio sul tema “La celebrazione eucaristica in tempi di penuria di preti”, cui hanno preso parte non solo membri della Pfarrer-Initiative ma anche altri “dissidenti” appartenenti a “Iniziativa Laicale” (Laieninitiative), a “Noi siamo chiesa” (Wir sind Kirche), a “Preti senza ufficio” (Priester ohne Amt) e a Taxhamer Pgr-Initiative, sono state elaborate sette tesi. Vediamole:
• «La comunità che si riunisce nel nome di Gesù è portatrice della celebrazione eucaristica. Ad essa come chiesa locale è affidata la memoria della morte e della resurrezione di Cristo ed il Signore è al suo centro (Mt 18,20). La comunità decisa da chi debba essere guidata e chi debba presiedere la celebrazione eucaristica. Al fine di conservare l’unità della chiesa è necessario che il mandato giunga dal vescovo».
• «Attualmente la guida delle comunità e la celebrazione dell’Eucaristia vengono fatte dipendere dal numero dei sacerdoti celibi. Ma questo è un approccio sbagliato. Piuttosto bisogna adeguare il numero di chi sovrintende, uomini e donne, al numero delle comunità».
• «La penuria di sacerdoti viene causata artificialmente dalla chiesa burocratizzata tramite superate modalità di accettazione per il mestiere del sacerdote. Accade così che mentre vengono allontanati centinaia di presti perché sposati agli altri che permangono nel loro ufficio vengano affidate sempre più comunità. Questi ultimi non possono più offrire così una sufficiente assistenza spirituale e cadono sempre più frequentemente sotto stress».
• «Il celibato obbligatorio è una ‘via speciale’ scelta dalla chiesa latina (nel XII secolo). Nulla vieta che ci si rifaccia agli inizi del cristianesimo e si chiamino uomini e donne sposate alla guida di una comunità e a presiedere la celebrazione eucaristica».
• «Il Nuovo Testamento ha abolito il sacerdozio così com’era proprio nell’ebraismo e nella cultura pagana. Gesù Cristo è l’unico sacerdote della Nuova Alleanza (Ebr. 9; 10). Ogni fedele partecipa del suo sacerdozio: Voi siete sacerdozio regale (1Pt 2,9). Questa dimensione sacerdotale viene conferita durante ogni battesimo senza distinzione tra i sessi (Gal. 3,28)».
• «Nella chiesa degli inizi le donne erano diaconesse (Rom 16,1) ed apostolesse (Rom 16,7) e parlavano profeticamente durante le funzioni (1 Cor 11,5). Le limitazioni cui sono state successivamente sottoposte sono state concessioni alle forme della società patriarcale, forme che nella nostra società attuale risultano essere sempre più superate. Il cammino verso l’ordinazione della donne non può essere fermato dai divieti papali alla discussione».
• «Ogni comunità ha diritto ad una persona che sovrintenda, sia uomo o donna. Se il vescovo viene meno al dovere di assicurare che questo accada le comunità, appellandosi al sacerdozio universale, si assumeranno la propria responsabilità, così da continuare a rendere possibile la celebrazione eucaristica come culmine, fonte ed energia (Concilio Vaticano II, Costituzione dell’Eucaristia 10) della fede».
Com’è piuttosto evidente, si tratta di questioni tutt’altro che nuove, corrispondenti con le richieste di quei cattolici che si autodefiniscono “progressisti” e che sono presenti in tutta Europa. Forti del consenso che starebbe riscuotendo l’”appello alla disobbedienza” tra i sacerdoti austriaci (oltre il 55, fino a punte del 75% su tutte le questioni sopra definite), ma anche degli attestati di solidarietà provenienti dall’estero (l’appello è stato firmato in settembre da dieci preti della diocesi di Rouen) Schüller e i suoi seguaci hanno sottoposto le loro tesi alla conferenza episcopale austriaca, riunitasi dal 7 al 10 novembre a Salisburgo. La posizione del cardinale Schönborn è chiara: “Ogni sacerdote”, aveva già scritto in settembre “così come tutti noi, deve decidere se vuole continuare a percorrere il cammino insieme al Papa, al vescovo e alla chiesa, oppure no”, invitando piuttosto chiaramente i “disobbedienti”, se convinti della loro linea, ad andarsene.
Ora, l’11 novembre, in qualità di presidente della conferenza episcopale, è tornato sulla questione ricordando che «laddove vi sia qualcuno che si dica cattolico, quello deve esserlo anche interiormente». Limitandosi a rispondere con battute, sul tema del celibato in particolare ha semplicemente ricordato che si tratta di “un tema sul quale non si potrà certo decidere in Austria, visto che vi vive meno dell’1% dei cattolici del mondo”. Dopo aver sottolineato l’importanza del continuo rinnovamento cui deve sottoporsi la chiesa, ricordando tuttavia che “da duemila anni non vi è via migliore per le riforme dello stesso Vangelo”, il cardinale ha ricordato come a differenza dei marxisti i cristiani sanno che “sono gli uomini e non le riforme strutturali a modificare la società”. «Invito dunque», questa la sua conclusione, «a tornare a quella scuola di vita che è Gesù Cristo, perché se il rinnovamento della fede non accade anzitutto nell’interiorità qualsiasi struttura, per quanto migliore rispetto alla precedente, non serve a nulla».
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