sabato 1 ottobre 2011

SUL TABERNACOLO NELLA STORIA (OLTRE LE MISTIFICAZIONI IDEOLOGICHE)


Altare del SS. Sacramento -
Ferrandina Collegiata
di Francesco Colafemmina
Sul blog del liturgista p. Auge è apparso qualche giorno fa un brano del volume recentemente edito da Cantagalli e curato da Mons. Ambrogio Malacarne e Raffaella Baldessari dal titolo "Gli spazi liturgici della celebrazione rituale". Ahimé, con grande tristezza, devo riscontrare - pur non avendo letto il libro per intero - che l'estratto denota non solo la persistenza di una fervida ideologia post-conciliare, ma soprattutto spaventose lacune in materia di storia dell'arte.
Per comodità vi riporto alcuni giudizi della Baldessari in merito - lo avrete già capito - all'altare col tabernacolo e al "superamento" del Barocco:

"Di fronte alla negazione della presenza reale post-missam, la Chiesa contrappone la presenza reale dell’eucaristia, esaltandone in forma monumentale il tabernacolo e stravolgendo il significato dell’altare che da mensa sacrificale e da tavola conviviale diventa supporto del tabernacolo e della sua cornice, con un apparto scenico vistoso e per un certo verso teatrale. Unica eccezione in questo senso erano le chiese collegiate e le cattedrali, dove il tabernacolo non veniva conservato sull’altare maggiore. San Carlo Borromeo, a Milano, in duomo, ve lo pose ugualmente, dando così origine a imitazioni in altri luoghi."

Anzitutto mi domando quando mai l'altare abbia avuto il significato di "tavola conviviale" nelle epoche precedenti il concilio tridentino (al massimo di "sacra mensa"), ma soprattutto viene da chiedersi come si possa affermare che gli altari del XVI e XVII secolo "stravolgano" il senso dell'altare, diventando "supporto del tabernacolo e della sua cornice" riducendo il tutto "ad un apparato scenico vistoso e teatrale". In secondo luogo mi chiedo come si possa affermare che San Carlo abbia originato la presenza del tabernacolo nell'altare maggiore, quando questa prassi è pre-esistente al concilio di Trento e quello concesso alle Cattedrali era un semplice "privilegio" motivato dalla necessità di evitare che durante le affollate messe pontificali il tabernacolo potesse esser messo in ombra dalla ritualità liturgica. Ma andiamo avanti...

"Oltre alla trasformazione dell’altare si verificò anche quella dell’aula. Le navate laterali scomparvero e vennero sostituite dalle cappelle laterali riempite di altari."

Qui si rasenta il ridicolo. Ma il rifiuto del barocco è infine giustificato dalla studiosa con le seguenti parole: "Con sguardo retrospettivo e sintetico possiamo affermare che nel Seicento e nel Settecento si assiste ad un affermarsi della pietà devozionale che diventò l’elemento suggeritore anche delle strutture architettoniche, per cui si avranno chiese per tutte le devozioni. Un modo forse, anche questo, per arginare l’influsso del Protestantesimo. Tutto ciò che colpisce il sentimento può essere un mezzo di difesa".

Che una simile visione del barocco sia influenzata da mere considerazioni ideologiche è evidente sia dalla storia della Chiesa che dalla storia dell'arte. E fa specie che ancora oggi vi siano studiosi che nel parlare del rapporto fra liturgia e suoi spazi siano indotti dal proprio "credo" ideologico a compiere simili grossolani errori. Ma è d'altra parte vero che l'introduzione dei tabernacoli fissi sull'altare è legata ad una vulgata che andrebbe smentita una volta per tutte. Si dice, infatti, che prima del XVI secolo il tabernacolo non era connesso all'altare e che il primo ad introdurre questa innovazione fu il Vescovo di Verona Matteo Ghiberti, la cui influenza amicale su San Carlo indusse quest'ultimo ad imitarlo e a sostenere la diffusione del tabernacolo integrato all'altare quale modello univoco del mondo cattolico.

Esempi di pissidi o colombe eucaristiche pendenti
Questa vulgata è comoda ed istruttiva, ma non corrisponde al reale progresso degli eventi. Per secoli l'eucaristia non consumata durante la messa veniva conservata nei pastoforia, ossia in sagrestia. Contemporaneamente, però, la custodia eucaristica in moltissime chiese trova la propria collocazione nelle famose colombe o pissidi pendenti dal ciborio che sormonta l'altare.
Lo attestano non solo alcuni manufatti superstiti, ma anche accenni documentali, come quello trasmessoci da Regino di Prum, e riferito ad un canone di un Concilio di Tours del IX secolo: "(oblatio) semperque sit super altare obseratum propter mures et nefarios homines, et de tertio in tertium diem semper mutetur." Generalmente viene poi imputato al vescovo di Parigi Eudes de Sully, l'aver imposto la conservazione del Santissimo sull'altare: "summa revercntia et honor maximus sacris altaribus exhlbeatur et maxime ubi sacrosanctum Corpus Domini reservatur et missa celebratur." E ancora: "in pulchriori parte altaris cum summa diligentia et honestate sub clave sacrosanctum Corpus Domini custodiatur."

Colomba eucaristica - Francia - inizi XIII secolo - Metropolitan Museum NY
E così ritroviamo già nel XIII secolo esempi di tabernacolo da altare che potevano esser chiusi a chiave, come quello di Cherves che presenta una iconografia eucaristica già pienamente sviluppata e coerente con gli sviluppi successivi (ultima cena, crocifissione, deposizione, etc.). Il cambiamento più significativo avverrà sempre in questa epoca, grazie al Concilio Laterano IV che oltre a proclamare il dogma della Transustanziazione sancì la necessità di riporre l'eucaristia in armadi chiusi a chiave, onde evitare profanazioni che l'esibizione  delle colombe e pissidi eucaristiche poteva in un certo senso provocare (Can.20): "Statuimus ut in cunctis ecclesiis chrisma et eucharistia sub fideli custodia clavibus adhibitis conserventur: ne possit ad ilia temeraria manus extendi ad aliqua horribilia vel nefaria exercenda."


Tabernacolo di Cherves - Francia XIII secolo - Metropolitan Museum NY

Tabernacolo di Lichtenthal - Germania 1320 ca.
A partire dal secolo XIII scompaiono quindi le colombe eucaristiche e appaiono grandi torri eucaristiche o tabernacoli mobili da altare e numerosissimi armadi eucaristici, il più delle volte ricavati in nicchie adiacenti al presbiterio. A questo processo dobbiamo affiancare lo sviluppo di altari sempre più monumentali. Se, infatti, fino al XII-XIII secolo sono gli affreschi e i mosaici a raccontare la storia sacra ai fedeli (perché mai le chiese romaniche sono state bianche e spoglie come qualche criminale restauratore ha inteso dimostrare!), con l'avvento del gotico e la verticalizzazione dello spazio sacro, si pensò di sfruttare l'altare quale centro e culmine di ogni catechesi. E non solo si svilupparono dossali e predelle, ma pian piano le pale d'altare e i polittici riempirono questo spazio, spesso velato da cortine (abitudine già in uso in tempi antichissimi laddove esistevano i cibori). L'altare divenne dunque monumentale. E ne possediamo esempi mirabili dei secoli XIII e XIV come i polittici di Duccio di Buonisnegna (la sua Maestà per il duomo di Siena misura 4 metri per 2!) o quelli dello stesso Giotto (pensiamo al Polittico Stefaneschi destinato all'altare maggiore di San Pietro a Roma - 1320).

Giotto - Polittico Stefaneschi - 1320 - Pinacoteca Vaticana
Ma non solo: sugli altari cominciano ad apparire statue, come nel caso della Cappella degli Scrovegni con la Madonna con Bambino e due angeli di Giovanni Pisano. E fino al XV secolo avremo una crescita portentosa di questi altari monumentali, anche nelle dimensioni.

Giovanni Boccati - Polittico Belfortese - 1468
Pensiamo al polittico belfortese di Giovanni Boccati (1468 - 3,20 di larghezza per 5 di altezza) o al polittico di Hans Schnatterpeck conservato nella chiesa di Maria Assunta a Lana di sotto in Tirolo (finito nel 1511 - 7 metri di larghezza per 14 di altezza!). O ancora ai grandi retablos spagnoli scolpiti da Damian Forment (splendido e maestoso quello della Basilica del Pilar) e a quello di Gil de Siloé nella Cartuja de Miraflores a Burgos (1489-93).


Altare di Schnatterpeck - 1511 - Chiesa Parrocchiale di Lana di Sotto (BZ)

Gil de Siloé - Retablo Mayor della Cartuja de Miraflores - 1493
Stessa evoluzione cominciava ad avere il luogo della custodia eucaristica: dapprima una pisside, poi un tabernacolo (tempietto), poi una torre, e ancora una "casa del sacramento" secondo l'uso tedesco ed inglese, o un armadio murato riccamente decorato.
Sakramenhaus - St. Lorenz - Norimberga (1493-96)
Altare/Tabernacolo del Sacramento - Matteo e Vincenzo Civitali - Pieve di Lammari (LU) - Inizi '500
Visto però che per secoli la custodia eucaristica era stata posta in prossimità o sopra l'altare, fu una conseguenza logica della progressiva monumentalizzazione dell'altare il porvi al centro il tabernacolo che, paradossalmente, in molti casi in epoca barocca divenne più piccolo di quanto non fosse stato durante il periodo gotico. Certo, questo processo fu motivato anche dalla volontà di rimettere l'accento sulla presenza reale di Cristo, ma fu un fenomeno spontaneo e naturale, non la conseguenza della teorizzazione di pochi. D'altronde basta guardare la diffusione di temi eucaristici nella produzione artistica a cavallo fra XV e XVI secolo (un esempio su tutti la Messa di San Gregorio Magno),  indipendentemente dall'emergere della riforma protestante.
Robert Campin - La Messa di S. Gregorio - 1440 Bruxelles
Monumenti eucaristici da altare erano peraltro già stati realizzati nella seconda metà del XV secolo, come è il caso del Tabernacolo del Vecchietta per l'altare maggiore dell'Ospedale di Santa Maria della Scala a Siena, poi collocato agli inizi del '500 sull'altare maggiore del Duomo.


Tabernacolo del Vecchietta - Siena - 1467-72
Così, dopo aver ricostruito i passaggi progressivi della storia del posizionamento della custodia eucaristica e della monumentalizzazione degli altari, possiamo comprendere che quei contorcimenti alla ricerca di un passato onirico, tipici dei riformatori liturgici del '900 sono meri prodotti di un'ideologia che in ogni modo ha cercato di cancellare il Concilio Tridentino e la tradizione che lo precedette in nome di un "ritorno alle origini" sommamente falso e antistorico.
Che ancora oggi si possano diffondere errori storici in nome dell'ideologia iconoclasta che ha sorretto i novatores liturgici degli anni '20-'30 prima e del postconcilio poi, credo sia attribuirsi alla forte reazione alla messa in discussione da parte di sempre più cattolici di quella falsa dogmatica liturgica che ha letteralmente massacrato le nostre chiese negli ultimi sessant'anni.


Abbazia di San Giovanni in Fiore in Calabria: com'era prima dei restauri del 1989

L'Abbazia "scuoiata" per eliminare le "incrostazioni barocche" nel 1989
Come nel famoso romanzo di Orwell, 1984, c'erano addetti alla "riscrittura della storia", così nel corso dell'ultimo secolo molti liturgisti e storici dell'arte si sono dati alla riscrittura della storia della liturgia, del culto eucaristico e dell'arte che da sempre ha accompagnato tali espressioni di fede. Nel nome di questa falsa storia innumerevoli chiese sono state deturpate e private di quegli "eccessi teatrali" bollati come residui di un esecrando stile barocco. Ignoravano costoro che la Chiesa è in perenne cammino verso il ritorno di Cristo e non si raggomitola su se stessa. Non ha senso buttare al macero secoli di pianete e dalmatiche per recuperare casule medievali. Come non ha senso giustificare la costruzione di altarini spogli e staccati dalle pareti in nome di un recupero di prassi liturgiche paleocristiane. Non si possono saltare a piè pari più di sette secoli di storia in nome di un archeologismo fittizio. Ma ahimè questo è stato fatto negli ultimi decenni. Sta dunque a noi, eredi dei disastri dell'ideologia postconciliare, cominciare a recuperare qualche brandello di verità storica e artistica, affrontando il glorioso passato della Chiesa con maggiore onestà intellettuale e senza gli spessi veli di un'ideologia ormai al tramonto.
 
 

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