martedì 11 ottobre 2011

11 Ottobre
Festa della Divina Maternità di Maria Theotokos

SALVE REGINA

Se Nestorio non avesse toccato la liturgia, forse, avrebbe terminato i suoi giorni sul Seggio patriarcale di Costantinopoli. In fondo, nell’epoca pre-calcedonese (il concilio di Calcedonia è del 451) la terminologia cristologica non era ancora così precisa e, d’altra parte, le espressioni di Nestorio erano sempre state abbastanza vaghe, tali almeno da non destare eccessivi sospetti. Qualche imprecisione, per altro, la si perdonava anche a San Cirillo (come ad esempio l’espressione “l’unica natura del Verbo incarnato” che il Santo Patriarca d’Alessandria aveva recepito in buona fede pensando che fosse del suo venerato predecessore Sant’Atanasio, mentre in vero era stata formulata dall’infido Apollinare di Laodicea!). E poi il nemico numero uno contro cui ogni bravo vescovo doveva lottare era l’arianesimo: per il resto era inutile andare tanto per il sottile.

Ma Nestorio toccò la liturgia. Le sue orecchie non potevano più tollerare quello stuolo di monaci e di vecchie beghine che onoravano la Vergine Maria con il titolo devozionale di “Madre di Dio”. La loro voce come un boato attraversava le aurate volte dei templi di Bisanzio e l’impietosita Eco dava loro risposta: per il povero Patriarca era un tonfo al cuore! Fu così che Nestorio ingaggiò alcuni teologi predicatori per eradicare dalla liturgia e dalla fede dei suoi sudditi quel titolo tanto aborrito. Il popolo ha bisogno di formazione liturgica – pensò il Patriarca – solo così potrà raggiungere una fede adulta e abbandonare quelle forme di pietà che sono contrarie al Vangelo.
Tutto sarebbe filato liscio se non fosse che “legem credendi lex statuit supplicandi”: il dogma della Chiesa è contenuto ed espresso nella sua liturgia. Un aspetto centrale della fede e della predicazione della Chiesa era stato attaccato sotto gli occhi dei semplici fedeli e dei loro vescovi. La cosa era tanto più seria in quanto “Theotokos” (Dei Genitrix) era una parola chiave per la fede nell’Incarnazione.

San Cirillo, Patriarca di Alessandria, mosso da santo zelo dettò subito un’epistola (Ep. II ad Nestorium) indirizzata al suo collega di Costantinopoli per denunciare lo “scandalum oecumenicum” che egli aveva provocato con il suo atteggiamento irriguardoso nei confronti della Tradizione. Il santo vescovo, affacciato dalla loggia del suo palazzo, guardava pensieroso verso l’antico Faro che dominava il porto della sua città; in quei giorni travagliati la divina Provvidenza aveva eletto proprio lui affinché divenisse “faro” per tutta la Cristianità e irraggiasse sull’orbe cattolico la luce purissima della retta fede (Cfr. Pio XI, enc. “Lux veritatis”, 1931). Di certo San Cirillo non poteva immaginare che molti secoli dopo, mentre altri scandali si sarebbero perpetuati ai danni della liturgia e della dottrina, molti teologhetti, incapaci di schiogliergli perfino il laccio dei sandali, avrebbero riprovato aspramente i suoi metodi talvolta un po’ sanguigni e lo avrebbero accusato di fanatismo.

La disputa nestoriana accese prontamente gli animi e, sebbene lo scontro sia stato abbastanza breve, non per questo fu meno violento. Il Concilio di Efeso (431) pose fine alla controversia: la Vergine Maria fu solennemente proclamata “Madre di Dio” tra il plauso entusiasta dei fedeli che accolsero tale notizia con ingenti manifestazioni di fede. Nel 1931 Pio XI , nel xv centenario della definizione efesina, estese a tutta la chiesa la Ferta della Divina Maternità da celebrarsi ogni anno l'11 Ottobre.

Tale vicenda impone alcune riflessioni per l’oggi. Domandiamoci, ad esempio, se la riforma liturgica sia stata sempre ed in tutto rispettosa della Tradizione della Chiesa; coloro che hanno mutato il Messale senza fermarsi neppure dinanzi al Canone, che hanno stravolto le forme del Culto eucaristico (pensiamo al modo di ricevere l’Eucaristia!), la lingua liturgica, l’architettura dei templi hanno sempre tenuto presente il rischio di scandalum oecumenicum? Quei pastori (poco) zelanti che, nell’intento di suscitare tra il popolo una fede “più autenticamente evangelica”, hanno distrutto le forme della pietà popolare (processioni, benedizioni, tridui, etc.), definendole ingenue o, peggio ancora, erronee, non hanno forse reiterato l’errore di Nestorio? Infine, coloro che non vogliono aderire alla richiesta del Papa per il ripristino del “per molti” nella fomula di consacrazione della Messa non si distaccano forse dalla Tradizione diacronica (quod semper) e sincronica (quod ubique et ab omnibus) della Chiesa rifiutandosi di “dire” ciò che si dice da sempre e in tutto il mondo (anche nelle principali lingue vernacole come l’inglese e lo spagnolo!)?

Sancta Maria, Mater Dei, ora pro nobis!

D.F.
da: Messainlatino

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