Il canti propri della Messa: ieri e oggi. Illuminante conferenza di padre Mark Kirby tradottavi dal Cantuale Antonianum
Ho trovato questa conferenza sul Blog Vultus Christi dell'impareggiabile monaco padre Mark Kirby, con il quale, anche se sta dall'altra parte del mondo, mi trovo praticamente sempre in perfetta sintonia. Pensavo in questi giorni a un articolo del tenore di quello che poi, proprio oggi, ho trovato nel suo sito. Così senza andare in cerca di altro ve lo traduco.
Spiega in maniera semplice e chiara il dramma dei TESTI dei canti della Messa. La sparizione dei salmi, che per un paio di millenni erano stati quasi gli unici canti ammessi nella celebrazione eucaristica e il recente proliferare di canti e canterelli di nessun valore testuale, teologico e spesso neanche musicale. Gli esempi che padre Mark trae dalla situazione degli USA calzano a pennello anche per l'Italia (anzi, da noi c'è molta più anarchia liturgico-musicale!). Chi volesse approfondire la conoscenza del Graduale Romano, il libro di canto della Chiesa universale, o il Graduale simplex, il libretto per le assemblee meno dotate, voluto dal Concilio, è pregato di servirsi di questo link e di quest'altro.
Ma intanto leggete quello che scrive il buon benedettino statunitense.
Ma intanto leggete quello che scrive il buon benedettino statunitense.
Introduzione
Fino all'approvazione del nuovo Messale Romano da parte di Papa Paolo VI il 3 aprile 1969, c'era stata, per 400 anni, una sostanziale unità tra i testi del Proprio della Messa contenuti nel Graduale Romanum e quelli indicati nel Messale Romano. Il Messale, in effetti, riproduceva i testi completi delle parti cantate della Messa che nel Graduale Romanum sono tutti forniti delle note musicali.
Il Messale prende il testo dei canti del Proprio della Messa dal Graduale Romanum, e non il Graduale dal Messale. Il Messale, in realtà, contiene proprio gli stessi testi che si trovano nel Graduale, ma nel Messale sono stampati senza la notazione musicale che permette loro di essere vivificati nel canto e, in un certo senso, li interpreta nel contesto della liturgia. La veste melodica dei testi ha la funzione di un'ermeneutica liturgica, e permette a tali testi di essere cantati, ascoltati, e ricevuti alla luce dei misteri di Cristo e della Chiesa.
Anticamente la Messa era sempre cantata. Non prima del secolo VIII o addirittura IX è comparsa la cosiddetta Messa bassa o Messa privata da celebrarsi presso gli altari laterali e le cappelle private delle chiese abbaziali e collegiate. I canti del Proprio della Messa non furono omessi in queste Messe basse, erano piuttosto recitati dal solo sacerdote. Questo fatto, di per sé, suggerisce che ben prima dell'VIII secolo, i canti sono stati considerati, in effetti, come elementi costitutivi della Messa, ritenuti indispensabili alla forma stessa della liturgia.
Quali sono i canti Propri della Messa?
Vediamo, allora, di andare a rivisitare quali siano i canti del Proprio della Messa:
Introito
Se uno dovesse aprire il Messale Romano alla prima pagina, dove si trova la Messa della Prima Domenica di Avvento, il primissimo elemento "proprio" di quella Messa, come per tutti le altre, è l'introito.
L'introito è costituito da un'antifona, un versetto tratto dal salmo corrispondente a quella antifona o, occasionalmente, da un altro, il Gloria Patri e la ripetizione dell'antifona.
L'introito com'è presentato nel Messale Romano appare in una forma alquanto troncata, anche se tutti gli elementi essenziali - antifona, salmodia, e dossologia - sono presenti. Fino a circa l'ottavo secolo sarebbe stato cantato l'intero salmo, o almeno la maggior parte, con l'antifona ripetuta dopo ogni strofa, e questo fino a quando il celebrante avesse raggiunto l'altare, a quel punto i cantori avrebbero intonano il Gloria Patri, e dopo la ripetizione della finale l'antifona, l'Introito sarebbe terminato.
Lo scopo dell'introito nella tradizione del rito romano non è didattico, è contemplativo.L'introito introduce l'anima nel mistero del giorno, non spiegando, ma aprendo la Messa con una parola pronunciata dall'Alto. Il testo dell'introito mostra che, in ogni celebrazione, l'iniziativa è divina, non umano, si tratta di una parola ricevuta che ridesta la Chiesa in preghiera, e sollecita una risposta dal suo interno
Per quanto riguarda l'Introito, Maurice Zundel scrive:
[L'anima] non ha che da ascoltare, la sua sola preparazione un desiderio ansioso di luce, di catturare la musica insita nelle parole, e capire che Qualcuno sta parlando a lei e che la stava aspettando.
Egli chiama l'Introito,
. . . un arco trionfale al principio di una strada romana, un portico attraverso il quale ci approssimiamo al mistero, una mano tesa a un bambino che piange, un compagno carissimo nel dolore dell'esilio. La liturgia non è una formula. E' Colui che viene ad incontrarci.
Esempi di questo canto: Ad te Levavi, Introito della Prima Domenica di Avvento, e Resurrexi, Introito della Messa del giorno di Pasqua.
Graduale
Il Graduale ha ricevuto il suo nome dal latino gradus, che significa "gradino", perché un cantore lo cantava, in piedi su un gradino della scaletta che porta all'ambone. La struttura del graduale è una frase iniziale, quasi sempre dal salterio, seguita da un verso affidato a uno o diversi cantori. La prima parte può essere ripetuta o meno.
Il trattamento musicale del graduale è melismatico, vale a dire, sontuoso, e caratterizzato da grandi voli e cascate di note che allungano ed adornano il testo sacro.
Maurice Zundel scrive:
Ciò che conta veramente riguardo le parole, non è il loro significato rigorosamente definito che troviamo nel dizionario, ma piuttosto l'aura imponderabile all'interno della quale la presenza indicibile, in cui tutte le cose sono immerse, è appena appena percettibile.
E' negli spazi silenziosi aperti dentro di noi dalla poesia e dalla musica che le formule dottrinali possono essere udite nella loro più ampia risonanza.
Era perciò naturale invocare il loro aiuto dopo la lettura dell'Epistola. Perché al suo messaggio deve essere consentito di portare frutto nella nostra meditazione personale fino a entrare in contatto con la Presenza di cui i testi sono ripieni. Dobbiamo udire quest'unica Parola, che è il loro vero significato e che nessuna parola umana può esprimere.
Il canto del Graduale fornisce quell'intervallo di silenzio e tempo di riposo in cui l'insegnamento appena ricevuto può dispiegarsi nella preghiera, nel movimento dolce della Cantilena che distilla in neumi di luce una rugiada divina.
Esempio di questo genere di canto: Laetatus sum, graduale della quarta Domenica di Quaresima.
Alleluia
L'Alleluia, un grido di giubilo all'avvicinarsi dello Sposo regale che arriverà nella proclamazione del Santo Vangelo, è un canto pieno di mistero, nel senso che lascia la zona dei meri concetti e parole, e prende il volo per elevarsi ai vocalizzi estatici di chi viene afferrato da un mistero ineffabile.
San Giovanni racconta che l'Alleluia è un inno celeste. E' il canto dei santi in lode di Dio e dell'Agnello. L'Alleluia è universale, si ritrova in tutte le liturgie d'Oriente e d'Occidente.Questa presenza universale dell'Alleluia nel culto cristiano testimonia la sua grande antichità.
Un versetto o una frase, tratta generalmente - ma non sempre - dal Salterio, segue l'Alleluia. Dopo il versetto, l'Alleluia si ripete.
Sequenza
La sequenza prolunga la gioia dell'Alleluia, raccogliendo le note che piovono giù da esso per organizzarli in una melodia sillabica, e dando libero sfogo all'espressione poetica del mistero celebrato.
Cinque sequenze restano nel Messale Romano: Victimae Paschali Laudes a Pasqua, Veni Sancte Spiritus a Pentecoste, il Lauda Sion Salvatorem del Corpus Domini, lo Stabat Mater del 15 settembre, e il Dies Irae della Messa da Requiem.
Il Messale Romano del 1969 conserva solo quattro di queste sequenze, il Dies Irae è stato spostato alla Liturgia delle Ore dove serve come un inno per le ultime due settimane all'anno.
Esempio di questo canto: Veni Sancte Spiritus, per la Pentecoste.
Tratto
Considerando che l'Alleluia è l'espressione di una gioia che sfida tutte le espressioni, il tratto è caratteristica di una liturgia segnata dalla tristezza secondo Dio e dalla compunzione. Si trova nella Messa, in particolare dalla Settuagesima fino a Pasqua.
In origine il tratto veniva cantato dal diacono all'ambone, alla maniera di una lettura. Era eseguito dall'inizio alla fine senza l'interposizione di un ritornello da parte coro, ed è proprio da questa modalità di esecuzione che sembra derivare il suo nome.
Il tratto prepara l'assemblea radunata all'ascolto del Vangelo, non invitandola a stare in punta di piedi dalla gioia, per così dire, per l'arrivo dello sposo, ma invitando piuttosto a un rientrare profondamente in se stessi. Il tratto, più di ogni altro canto del Proprio della Messa, dimostra che il Rito Romano è una scuola di audientes, una scuola di formazione di ascoltatori della Parola.
(Nel Novus Ordo) la sostituzione in Quaresima di un'acclamazione rivolta a Cristo al posto dell'Alleluia - un modo per esprimere l'Alleluia senza dire la parola - impoverisce il Rito romano che, nell'usus antiquior dimostra che ci si può preparare per ascoltare il Santo Vangelo nel silenzio di una tristezza e compunzione secondo Dio, così come nel giubilo.
Esempio di tratto: Qui habitat, I Domenica di Quaresima.
Offertorio
L'antifona dell'offertorio, già al tempo di sant'Agostino, veniva cantata per accompagnare l'offerta del pane e del vino da parte dei fedeli e del clero. Papa San Gregorio Magno ha dato al canto per l'offertorio una forma non dissimile da quello dell'Introito: un'antifona e diversi versetti dal Salterio. L'antifona è ripetuta prima di ogni versetto, il canto durava fino a quando il sacerdote segnalava al cantori che dovevano smettere, dopo di che si sarebbe rivolto ai fedeli per l'Orate Fratres.
Anche dopo che la processione offertoriale, in quanto tale, cadde in disuso, l'antifona all'offertorio continuò ad essere cantata, potata dei suoi versetti. L'antifona dell'offertorio è, di regola, prese dal salterio, anche se a volte è tratta da altri libri della Sacra Scrittura. In alcuni casi come, ad esempio, nella Messa da Requiem, è una composizione ecclesiastica.
Per quanto riguarda le sue caratteristiche musicali, l'Offertorio è uno dei pezzi più ricchi e più espressivi del repertorio gregoriano. Dom Eugène Vandeur, un monaco benedettino della prima metà del secolo scorso scriveva:
[L'antifona all'offertorio], più mistica e profonda di quanto siano l'Introito e il Graduale, dispone le nostre anime al raccoglimento perché possano assistere in maniera adatta al sacrificio adorabile in procinto di essere rinnovato. L'Offertorio, dunque, più di qualsiasi altra parte della Messa, è una preghiera sublime e ispirata che si innalza al trono di Dio.
Esempio di questo canto: Sicut in holocausto, Domenica XIII tra l'anno.
Comunione
L'antifona alla Comunione con il suo salmo, strutturata come l'Introito, accompagna la distribuzione della Santa Comunione. Al termine della Comunione dei fedeli, si canta il Gloria Patri, e di seguito si ripete l'antifona.
Mentre la maggior parte delle antifone di Comunione sono tratte dal Salterio, un certo numero è preso dal Vangelo del giorno. Queste particolari antifone di Comunione, cantate specialmente durante la Quaresima e il Tempo Pasquale, vogliono indicare che lo stesso Signore Gesù Cristo, che parla e agisce nella potenza dello Spirito Santo nel Vangelo della Messa, si dona ai comunicandi, per portare a compimento in loro ciò che il Vangelo ha proclamato e annunciato.
Esempio di canto alla comunione: Lutum fecit, IV Domenica di Quaresima.
Il Missale Romanum 1965
La revisione del Messale Romano del 1965 mantenne i canti del Proprio nella loro integrità come si trovano nel Graduale Romanum. Benché la Costituzione sulla Sacra Liturgia del Concilio Vaticano II, Sacrosanctum Concilium, fosse già in fase di attuazione, il ruolo dei canti del Proprio non fu messo in discussione. Rimasero elementi costitutivi della Messa, avendo all'interno dell'architettura complessiva della Messa una funzione strutturale e teologica, piuttosto che una meramente decorativa o didattica.
Il Messale del 1969
Quattro anni dopo però, il tragico destino dei canti del Proprio della Messa appare firmato e sigillato. Per quanto riguarda i canti del Proprio, la Costituzione Apostolica di Papa Paolo VI, Missale Romanum (3 aprile 1969) è curiosamente fuorviante. Vi si dice:
Il testo del Graduale Romano, almeno per quanto riguarda il canto, non è stato cambiato. Ma, per una migliore comprensione, è stato restaurato il Salmo Responsoriale, a cui spesso si riferiscono sant'Agostino e san Leone Magno, e sono state adattate le Antifone d'ingresso e di Comunione per le Messe lette.
Con tutto il rispetto per Papa Paolo VI, quello che la Costituzione Apostolica omette di dire è:
1. che la forma stessa dell'introito è stata modificata per corrispondere alla "frase di apertura" comune negli ordinamenti del culto protestante;
2. che lo stesso testo dell'antifona d'ingresso riformata non corrisponde più al testo del Graduale Romanum e, in alcuni casi, sarà un testo completamente nuovo suscettibile di essere integrato nel discorso "didattico" di apertura che, nel nuovo Ordo Missae, può seguire il saluto.
3. che anche le vestigia di salmodia dell'introito tradizionale scompariranno completamente dal Missale Romanum riformato;
3. che i testi tradizionali del graduale, tratto, e i versi Alleluiatici si troveranno d'ora in poi solo nel Graduale Romanum e non appariranno a fianco del Salmo responsoriale come opzione legittima nel Lezionario riformato;
4. che l'antifona all'offertorio sparirà del tutto dal nuovo Messale Romano, e si troverà d'ora in poi solamente nel Graduale Romanum;
5. che l'antifona alla Comunione, come nel caso del canto d'ingresso, diventa qualcosa di simile ad una "frase di Comunione", e spesso non sarà più corrispondente al testo del Graduale Romanum.
Inizia così la decostruzione radicale della Messa di rito romano. Se si postula che i canti del Proprio della Messa non sono semplicemente decorativi, ma costitutivi della sua architettura, allora bisogna ammettere che ad armeggiare con essi, o col rimuoverli del tutto, si sta indebolendo o privando di travi di sostegno tutto l'edificio, a rischio e pericolo del suo crollo.
L'Ordinamento generale del Messale Romano, promulgato anch'esso nel mese di aprile 1969, in una sola frase - sive alius cantus - ha di fatto invitato le termiti ad entrare e finire il lavoro. Scherzi a parte, il testo latino dell'Istruzione generale prevede tre opzioni per i canti del Proprio della Messa. Esse sono:
1. L'antifona con il suo salmo, come indicato nel Graduale Romanum.
2. L'antifona con il suo salmo, come indicato nel Graduale simplex.
3. Un altro canto (alius cantus) adatto all'azione sacra e al carattere del giorno o della stagione, il cui testo sia stato approvato dalla Conferenza Episcopale.
L'adattamento americano del 2002 dell'OGMR
Nel 2002 l'adattamento americano dello stesso Ordinamento generale del Messale Romano ha ampliato le opzioni e, così facendo, ha fatto sì che il testo dei canti Proprio della Messa romana apparisse come un accessorio opzionale il quale, in ogni caso, non è indispensabile all'architettura della celebrazione.
Nelle diocesi degli Stati Uniti d'America ci sono quattro opzioni per il canto d'ingresso: (1) l'antifona del Messale Romano o il Salmo dal Graduale romanum, come è musicato in tale libro o secondo un'altra composizione, (2) l'antifona del tempo con il suo salmo dal Graduale simplex, (3) un canto da un'altra raccolta di salmi e antifone, approvata dalla Conferenza Episcopale o dal Vescovo diocesano, inclusi salmi in forma responsoriale o composti in forme metriche, (4) un canto liturgico adatto, ugualmente approvato dalla Conferenza Episcopale o dal Vescovo diocesano.
Le scelte sono date in ordine di preferenza. Il Graduale romano, che fino ad allora era stato il riferimento principale, cade al secondo posto.
La prima scelta è il testo dell'antifona riportata nel Messale Romano riformato, gli "adattatori" americani supponevano che questi testi sarebbero stati messi in musica.
La prima scelta è il testo dell'antifona riportata nel Messale Romano riformato, gli "adattatori" americani supponevano che questi testi sarebbero stati messi in musica.
La seconda scelta è l'antifona e salmo nel Graduale romano, l'adattamento americano aggiunge, piuttosto significativamente: sia nella composizione gregoriana oppure in un altro rivestimento musicale.
La terza scelta è il Graduale simplex. I Padri conciliari, infatti, in Sacrosanctum Concilium num.117, avevano ordinato la preparazione di unGraduale semplificato, più adatto all'uso delle chiese minori.
La quarta scelta, una raccolta di salmi e antifone approvata dalla Conferenza Episcopale o dal Vescovo diocesano, che io sappia, non esiste da nessuna parte negli Stati Uniti o altrove nel mondo di lingua inglese.
La quinta opzione - chiaramente l'ultima scelta - è un canto liturgico adatto (qui, c'è un discostarsi dai soli salmi e antifone che si trovano nelle opzioni da 1 a 4), approvato anch'esso dalla Conferenza Episcopale o dal Vescovo diocesano.
L'Ordinamento generale del Messale Romano continua:
48. ....Se all’introito non ha luogo il canto, l’antifona proposta dal Messale romano viene letta o dai fedeli, o da alcuni di essi, o dal lettore, o altrimenti dallo stesso sacerdote che può anche adattarla a modo di monizione iniziale (Cf. n. 31).
L' articolo 48, suggerendo cinque modi diversi di recitare l'antifona del Messale, compresa la sua mutazione da parte del sacerdote in una spiegazione introduttiva - notare il primato della didattica - dà il tocco finale ad un'operazione insidiosa, per mezzo della quale i canti del Proprio della Messa, anche nella forma minimalista di testi recitati dal celebrante, sono finiti per esser normalmente omessi del tutto. I canti del Proprio, che nel 1964 erano ancora considerati come elementi costitutivi della Messa, considerati indispensabili per la forma stessa della liturgia, già nel 1969 erano sulla buona strada per essere sostituiti da altre composizioni estranee al rito romano, e infine cancellati dalla liturgica "memoria collettiva".
Conclusione
Permettetemi di formulare un principio, forse addirittura, accennando ad Anton Baumstark, una legge dell'evoluzione liturgica. Cioè: elementi del rito tendono ad essere trascurati e, alla fine, a scomparire del tutto, in modo direttamente proporzionale al numero di opzioni in virtù delle quali possono essere sostituiti o modificati.
A mio avviso, uno dei compiti più urgenti di quella che è stata definita la Riforma della Riforma è la soppressione della previsione di un alius cantus aptus, e il restauro dei testi tradizionali del Proprio della Messa, avendo cura, nello stesso tempo, che i testi indicati nel Missale Romanum corrispondano a quelli del Graduale Romanum. (Vorrei anche sostenere il ripristino del testo dell'Offertorium [antifona all'offertorio] per l'editio typica del Missale Romanum riformato). La sostituzione, nel Missale Romanum attuale, dei venerandi testi cantati del Graduale Romanum con testi destinati ad essere letti, è stata una novità senza precedenti, un errore con conseguenze deleterie di vasta portata per il Rito romano.
In conclusione, vorrei inoltre sostenere che un uso più ampio del Messale del 1962, e un attento esame del cosiddetti Messali ad interim, pubblicati prima del 1969, in tutto o in parte, sarebbe tra i mezzi più efficaci per riabilitare e riappropriarsi dei canti del Proprio quali indispensabili elementi teologici e strutturali della Messa del rito romano.
Testo preso da: Cantuale Antonianum http://www.cantualeantonianum.com/#ixzz1a5UO0LVZ
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troppo sillabato, la mmelodia ne risente; sarebbe bene prepararsi in un modo più adeguato. giovanni vianini SCHOLA GREGORIANA MEDIOLANENSIS, Milano, It.
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