22 GIUGNO
SAN PAOLINO DA NOLA
INNO
O San Paolino, che i doni
del nettare santo ci mostri
e favi elargisci di miele
raccolti nell'orto celeste,
osserva qual crudo dolore
mortifica i cuori qui in terra,
e quale veleno il maligno
accosta alle labbra dell'uomo.
O padre dolcissimo e santo,
che doni all'Empireo dolcezza,
il pane, che mostri, deponi
sul labbro di tutti i fedeli.
Preghiere eleviamo e dai cuori
recedono ansiose le pene;
offerte porgiamo ed il pegno
abbiam del convito celeste.
Sia gloria alla Triade Santa,
e debite grazie sian rese
a Dio, che concede ai mortali
caparra sì grande del cielo. Amen.
SECONDA LETTURA
Dalle «Lettere» di san Paolo da Nola, vescovo (Lett. 3 ad Alipio, 1. 5. 6; CSEL 29, 13-14. 17-18).
Per mezzo dello Spirito Santo Dio infonde il suo amore in tutti i suoi servi.
Questa é la vera carità, questo é l’amore perfetto che tu, signor mio, veramente buono, gentile e carissimo, hai dimostrato di avere verso la nostra pochezza. Per mezzo del nostro Giuliano, che tornava da Cartagine, abbiamo ricevuto la tua lettera. Essa ci porta tanta luce della tua santità, da poter dire che noi, più che conoscere, riconosciamo la tua carità. Senza dubbio tale carità deriva da colui che dall’origine del mondo ci ha predestinati a sé. In lui eravamo ancor prima di nascere; perché é lui che ci ha creati e non noi da noi stessi (cfr. Sal 99, 3). E’ lui che ha fatto anche quelle cose che devono ancora compiersi nel futuro.
Dalla sua prescienza e dalla sua opera siamo stati formati ad avere una sola volontà e identica fede, o meglio ad avere fede nell’Unità. Siamo stati cementati dalla carità, perché, mediante la rivelazione dello Spirito, ci conoscessimo a vicenda ancor prima di vederci. Rallegriamoci quindi e consoliamoci nel Signore che, pur restando sempre uguale a se stesso, diffonde in ogni luogo il suo amore nei suoi fedeli, per opera dello Spirito Santo. Egli lo ha riservato abbondantemente su tutte le creature, allietando così con il suo impulso vivificante la città di Dio. Tra i cittadini di questa città egli ha voluto ben a ragione collocare te tanto in alto da farti sedere «tra i principi del suo popolo» (Sal 112, 8) sulla cattedra degli apostoli. Così nella tua stessa sorte ha voluto aggregare anche noi, sollevandoci da terra e rialzandoci dalla nostra povertà.
Ma più ancora ci rallegriamo perché il Signore ci ha fatti entrare così intimamente nel tuo cuore, dà farci godere di un tuo singolarissimo affetto. Ciò non può rimanere senza contraccambio adeguato e perciò ti assicuriamo di amarti sinceramente. Ed ora permettetici che ti presentiamo un nostro desiderio. Sappi dunque che questo peccatore non é uscito fuori dalle tenebre e dall’ombra di morte, non ha respinto l’aura vitale e non ha posto mano all’aratro e preso sulle sue spalle la croce di Cristo se non per condurre a termine la sua missione. E proprio per questo abbiamo bisogno delle tue preghiere. Ai tuoi meriti aggiungi anche questo, di alleggerire, con le tue preghiere, i nostri pesi. Il santo che aiuta chi é nella fatica, non oso dire il fratello, sarà esaltato come una grande città.
Abbiamo mandato alla tua santità un pane come simbolo della nostra unità, ma anche dell’unica totale Trinità. Dègnati di mangiarlo in modo che questo pane diventi un’eulogia, cioé un pane benedetto.
Lectio altera
Ex Epístolis sancti Paulíni Noláni epíscopi
(Epist. 3 ad Alypium, 1. 5. 6: CSEL 29, 13-14. 17-18)
Deus ubique operatur in suis dilectionem suam Spiritu Sancto
Hæc est vera cáritas, hæc perfécta diléctio, quam tibi circa humilitátem nostram inésse docuísti, dómine vere sancte et mérito beatíssime ac desiderábilis. Accépimus enim per hóminem nostrum Iuliánum de Carthágine reverténtem lítteras tantam nobis sanctitátis tuæ lucem afferéntes, ut nobis caritátem tuam non agnóscere, sed recognóscere viderémur. Quia vidélicet ex illo, qui nos ab orígine mundi prædestinávit sibi, cáritas ista manávit, in quo facti sumus ántequam nati, quia ipse fecit nos et non ipsi nos, qui fecit quæ futúra sunt. Huius ígitur præsciéntia et ópere formáti, in similitúdinem voluntátum et unitátem fídei vel unitátis fidem, præveniénte notítiam, caritáte conéxi sumus, ut nos ínvicem ante corporáles conspéctus revelánte spíritu noscerémus.
Gratulámur ítaque et gloriámur in Dómino, qui unus atque idem ubíque terrárum operátur in suis dilectiónem suam Spíritu Sancto, quem super omnem carnem effúdit, flúminis ímpetu lætíficans civitátem suam, in cuius te cívibus principálem cum princípibus pópuli sui Sede Apostólica mérito collocávit nosque étiam, quos eréxit elísos et de terra ínopes suscitávit, in vestra vóluit sorte numerári. Sed magis gratulámur in eo Dómini múnere, quo nos in péctoris tui habitatióne constítuit quoque ita viscéribus tuis insinuáre dignátus est, ut peculiárem nobis caritátis tuæ fidúciam vindicémus, his offíciis atque munéribus provocáti, ut nos diffidénter aut léviter te amáre non líceat.
De me ne quid ignóres, scias antiquíssimum peccatórem non ita olim de ténebris et umbra mortis edúctum spíritum auræ vitális hausísse nec ita olim posuísse in arátro manum et crucem Dómini sustulísse, quam ut in finem perférre valeámus, oratiónibus tuis adiuvémur. Accumulábitur hæc méritis tuis merces, si intervéntu tuo ónera nostra releváveris. Sanctus enim laborántem ádiuvans, quia fratrem non audémus dícere, exaltábitur sicut cívitas magna.
Panem unum sanctitáti tuæ unitátis grátia mísimus, in quo étiam Trinitátis solíditas continétur. Hunc panem eulogíam esse tu fácies dignatióne suméndi.
Responsorium Sir 31, 8. 11a. cf. 10
Beátus dives qui invéntus est sine mácula, et qui post aurum non ábiit nec sperávit in pecúnia et thesáuris;
* Ideo stabilíta sunt bona illíus in Dómino.
Pótuit enim tránsgredi et non est transgréssus, fácere mala et non fecit.
Ideo stabilíta sunt bona illíus in Dómino.
Oppure:
Dalla lettera di San Paolino ad Apro
(Ep. 38, 6-7; CSEL 29, 329 sgg.)
Per me Cristo è gloria, ricchezza, regno
Ritengano per sé gli oratori la loro arte letteraria, i filosofi la loro sapienza, i ricchi le loro ricchezze, i re i loro regni.
Per me Cristo è gloria, ricchezza e regno; per me la sapienza consiste nella stoltezza della predicazione, la forza nella debolezza della carne, la gloria nello scandalo della Croce. In questa il mondo è morto per me ed io al mondo, perché viva per Dio, non certo io, ma Cristo in me. Con Cristo siamo stati sepolti, in lui siamo ora nascosti agli occhi di questo mondo. Il mondo sarà umiliato, quando noi saremo glorificati. In quel giorno il mondo, memore di ciò che ora ci rimprovera, dirà: "Sono questi coloro la cui vita stimavamo pazzia; ma come mai ora sono posti tra i figli di Dio?". Lascia, o fratello carissimo, che ora essi godano della gloria e della loro vita, siano ricchi dei loro beni, "poiché come fieno presto appassiranno" e "i loro giorni sono come ombra che passa". La loro speranza è racchiusa nei limiti di questa vita, poiché non hanno la fede nella verità, né sono disposti ad accogliere la fede.
Preoccupati soltanto delle cose presenti, si immergono nell'avarizia e nel piacere per non credere in Dio. L'uno e l'altro vizio, infatti, sono vinti dal timore di Dio, che è confermato nella fede in Cristo. Da Cristo impariamo a conoscere la verità, sia disprezzando i beni temporali, sia ricercando quelli eterni. Coloro che sono distaccati da lui, poiché Cristo è anche verità, necessariamente rimangono immersi nella triste oscurità dell'errore. Così essi giudicano solido ciò che è fragile e inutile ciò che è solido, fanno oggetto di riso il vero, reputandolo falso e ammirano come vero ciò che è privo di fondamento. Costoro, se cercassero la luce per operare il bene, leverebbero alla sorgente della giustizia gli occhi che tengono rivolti alla terra e almeno un poco si solleverebbero dalla terra. Facilmente sarebbero illuminati dalla stessa conversione degli uomini che essi accusano di falsità e stoltezza. Il Signore, infatti, come sta scritto "libera i prigionieri e ridona la vista ai ciechi". E ancora: "La legge del Signore è perfetta, conforta l'anima; la testimonianza del Signore è verace, rende saggi i semplici". È opera di Dio, infatti, la conversione dell'uomo, perché Egli solo può restaurare colui che è opera sua. Questo già da tempo Cristo, sapienza di Dio, opera nel mondo intero; a tutti i popoli egli giunge con la sua parola alata e penetra nelle anime sante per stabilire in ogni popolo il suo dominio, come disse per mezzo del profeta.
E poiché ormai quotidianamente si avvicina il giorno della resa dei conti e ogni ora ci porta verso il giudizio, il Signore buono si adopera e si affretta a strapparci dall'ira futura e a liberarci, come è scritto, dai vincoli di questa generazione cattiva e viperina. Perciò in ogni luogo quotidianamente più del solito si accumulano miracoli e segni, affinché, per quanto è in lui, salvi l'uomo. Mostra negli eventi, che raramente si verificano, ciò che può giovare a tutti se vogliono. Basta, infatti, per la educazione di tutti il comportamento di pochi, che è proposto per un duplice fine, essere di esempio per i credenti e di testimonianza per quelli che si induriscono nel male. Perciò, se hanno qualche cosa di umano questi, i quali negano nell'animo l'uomo, che mostrano nell'aspetto esteriore, ammirino in te e lodino Dio e non considerino questo felicissimo mutamento del tuo pensiero e della tua vita come un errore della tua stoltezza, ma comprendano che si tratta della potenza della divina Sapienza. Infatti quanto più riconoscono che tu sei stato più prudente e più dotto degli altri, tanto più per essi deve essere evidente l'azione della potenza di Dio, poiché nessuno può allontanare una persona prudente dal corso e dalla stabilità del proprio parere se non la stessa somma Sapienza. E questa è la divinità in Cristo, virtù somma e mente perfetta, il Signore della gloria, il braccio eccelso, nel quale, come è scritto, furono dispersi i superbi nei pensieri dei loro cuori, rovesciati i potenti dal trono e innalzati gli umili. Da questo braccio, cioè da Cristo, gli affamati sono ricolmati di beni e i ricchi sono rimandati a mani vuote. Tutto questo noi vediamo che si compie in te. Guardati, infatti, dentro e troverai in te stesso ambedue queste cose, che Dio abbatte o solleva.
RESPONSORIO
Beato il ricco che è stato trovato senza macchia e che non ha riposto nella ricchezza il suo cuore;
* Perciò la sua felicità è stabilita nel Signore.
* Perciò la sua felicità è stabilita nel Signore.
Avrebbe potuto, infatti, trasgredire la legge e fare il male, ma non l'ha fatto.
Perciò la sua felicità è stabilita nel Signore.
Oppure:
Dalla lettera di san Paolino ad Amando.
(Ep. 9, 4; CSEL 29, 55)
Dio è ammirabile nei suoi santi. I santi sono i monti di Dio.
Siatemi di aiuto ora e pregate affinché possa conquistare Colui dal quale sono stato conquistato e, protendendomi verso la meta della suprema vocazione, dimentichi le cose lasciatemi alle spalle e, presa una volta la decisione di lavorare con l'aratro della croce, io non volga lo sguardo indietro ai solchi tracciati, ma guardi avanti, ai solchi da tracciare ancora, sino al momento in cui giungeremo sulla vetta dei monti a cui abbiamo levato i nostri occhi, attendendo di là l'aiuto che viene da Dio. Dio è meraviglioso nei suoi santi, che sono i suoi monti, sui quali giungeremo, vivendo rettamente secondo la fede. Se, infatti, avanziamo degnamente nel cammino della verità, che è senza macchia, allora, il Signore stesso, che è via e verità, eguaglierà i nostri piedi a quelli delle cerve e ci guiderà sulle alture. I monti eccelsi, Egli stesso lo dice, sono dimora dei cervi e le rocce sono rifugio dei ricci. Infatti, se agili come i cervi sfuggiremo alla caccia di Nebrot, il quale, come indica la Scrittura, fu cacciatore contro Dio, e con l'aiuto di Cristo, con la santità della vita, ci spingeremo fino all'eroismo della virtù, mediante l'insegnamento dei Profeti e degli Apostoli, che sono i monti di Dio, i famosi monti ubertosi, allora, guardando con disprezzo come dall'alto di una rupe le vane apparenze del mondo che passa, canteremo con voce di gioia: "Ti glorificherò, o Signore, poiché mi hai tratto da ogni angustia e nei miei nemici si è pasciuto il mio occhio".
Dall'altezza dei monti, educati all'umiltà del cuore e con le membra difese da ogni parte, come da una siepe di spine, da un ordinato regime di vita, diventeremo simili ai ricci. Questi si difendono contro gli ostili morsi dei cani e contro gli assalti degli uomini, armando i loro piccoli corpi con aculei naturali. Quando ci umiliamo dinanzi alla grandezza divina e ci armiamo della grazia della stessa umiltà troviamo la pietra del nostro rifugio in Cristo, le cui parole sono o la nostra difesa o i nostri dardi contro il diavolo. Le parole di Cristo difendono le nostre orecchie dagli assalti della lingua malvagia e nel nostro cuore sconfiggono le tendenze cattive. Così, adempiendo i nostri doveri religiosi e vivendo nella fede, saremo come i cervi e come i ricci, se, al pari di queste bestiole, piccoli e umili ci nascondiamo in Cristo, roccia di salvezza, e, protetti dalla parola e dallo spirito di verità, resistiamo al demonio e alle attrattive del mondo.
Emuleremo poi le fiere più grandi dai piedi veloci e dalle alte corna, se avremo i piedi forti per rimanere nella via del Signore né le nostre impronte si allontaneranno dal suo cammino e degli stessi piedi ci serviremo per fuggire i peccati e gli influssi perniciosi di questo mondo, portando il capo della nostra salvezza, che è la fede cattolica, ornato ed insieme armato di opere buone come di corna o per respingere i cacciatori nemici o per essere il vostro sommo gaudio e corona, adorni delle azioni, che piacciono a Dio.
Non dubito che ogni giorno voi pregate affinché in me si compia la beata trasformazione "opera della destra dell'Altissimo" per poter dire con verità: "È venuto meno il mio cuore e la mia carne, ma Dio è la roccia del mio cuore e la mia sorte per sempre". Dio, infatti, allora si degnerà di essere il Dio del nostro cuore, quando il nostro cuore carnale verrà meno, distrutto dalla edificazione dello spirito. Allora oseremo dire che anche noi siamo vostra eredità "nella terra dei viventi", quando noi stessi, rinnovati per il Signore nei sentimenti della nostra anima, secondo Cristo, conformi all'immagine celeste, potremo esclamare: "Dio è la roccia del nostro cuore, Dio è la nostra gloria nei secoli".
RESPONSORIO Eccl 31, 8. Ila. 10
Beato il ricco, che si trova senza macchia e non corre dietro all'oro, né ripone la sua speranza nella ricchezza e nei tesori; * si consolideranno i suoi beni nel Signore.
Poteva peccare, non ha peccato; compiere il male e non lo ha fatto.
Si consolideranno i suoi beni nel Signore.
Oratio Deus, qui beátum Paulínum epíscopum paupertátis amóre et pastoráli sollicitúdine claréscere voluísti, concéde propítius, ut, cuius mérita celebrámus, caritátis imitémur exémpla. Per Dóminum.
ORAZIONE O Dio, che nel vescovo Paolino hai dato alla tua Chiesa un luminoso esempio di amore alla povertà e di sollecitudine pastorale, concedi a noi che ne celebriamo i meriti di imitare la sua testimonianza di carità. Per il nostro Signore.
Oppure: O Dio, che nel vescovo Paolino hai dato alla tua Chiesa un luminoso esempio di servizio pastorale e di amore ai poveri, concedi a noi che lo veneriamo maestro e protettore, di imitare la sua testimonianza. Per il nostro Signore.
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