domenica 13 marzo 2011

Miserere mei, Deus (Psalmus 50)



Incoraggio tutti a riprendere il Salmo 50,
come la preghiera frequente,
in questa Quaresima 
per ottenere un cuore contrito e umile,
soprattutto in preparazione
al sacramento della Confessione.


TERZA STAZIONE

PRIMA CADUTA

Ho mangiato la terra
masticando la sabbia
perchè fui tratto dal fango
e vittorioso vi farò ritorno.

Padre carissimo e tradito,
finalmente qualche rigo da un figlio tante volte cercato e mai trovato. La mia calligrafia sulla busta ti farà trasalire, da quanto tempo aspetti mie notizie! Negli anni di seminario la tua presenza è stata la più dolce, forse perché il rettore somiglia di più a un padre esigente e tu, nell'economia degli equilibri, hai rappresentato l'aspetto materno della Chiesa. Grazie. Al padre non si racconta tutto, ma alla madre si apre il cuore, anzi è lei che ti legge dentro e sa anche quello che non riesci a dire. Grazie per l'incoraggiamento costante che da te ho ricevuto ogni volta che bussavo alla tua porta, grazie dei lindor buonissimi dopo certe amare confessioni dove anche il palato cantava la gioia del perdono. Non sei mai stato debole con me, anzi mi spronavi al bene, al magis, ma sapevi farlo mitigando le vette alte del Vangelo con la dolcezza dell'omnia vincit amor. Ricordi quella volta che fosti tu a trattenermi quando avevo già preparato le valige per tornare a casa deciso a non essere più. un pescatore di uomini, ma un uomo qualsiasi?

Gli ultimi mesi del quinto anno furono una primavera di promesse e di speranze, era tempo di sintesi e di progettare un futuro ormai imminente. Ricordo le tue raccomandazioni alla prudenza, le consegne agli Esercizi Spirituali alla vigilia dell'Ordinazione, la mia richiesta d'essere ancora tuo figlio, il tuo mettermi in guardia sul "demone muto", poi il tuo abbraccio commosso alla fine del rito in cattedrale ed il mio imbarazzo nel vedere i tuoi capelli bianchi riversi nella ciotola delle mie mani unte di crisma. Lacrime di gioia per un figlio-fratello da parte di un padre. "Ce l'abbiamo fatta!", ti sussurrai all'orecchio.

Poi la vita da prete con i mille impegni mi ha risucchiato interamente dandomi sulle prime una sensazione stupefacente di potenza: "anche i demoni ci obbediscono" dicono i dodici tornando da Gesù ubriachi dei loro successi pastorali. Pian piano ciò che era urgente prendeva il posto di ciò che era importante.

Tu mi hai cercato, hai lasciato messaggi in segreteria, mandato doni ricordandoti puntualmente di onomastici e compleanni, mi hai chiesto conto delle mie assenze ai ritiri del clero e agli incontri zonali ... La tua caparbietà nel farti presente sulle prime mi ha lusingato, poi ha iniziato a infastidirmi: "Possibile che debba trattarmi ancora come un... seminarista?". Avevo appena iniziato ad essere padre e già smettevo le vesti del figlio, ma si può essere padre senza essere anche figlio?

Padre carissimo e tradito, tu sai come vanno queste cose, mille e mille volte ci avevi messo in guardia negli anni di seminario: si comincia con il saltare la recita del breviario perché c'è un incontro con la Caritas, la preghiera diventa veloce e distratta, poi segmentata ed episodica..., il tempo per fermarsi manca a volte anche per preparare un'omelia, ma la gente non se ne accorge e continua a venire in sacrestia a congratularsi gonfiando il tuo orgoglio... I giovani ti cercano, sei il loro idolo, ti chiedono, ti assorbono, ti invitano..., e come si fa a rifiutare le rimpatriate del sabato sera (tu la chiamavi "pastorale della pizza!") che si protraggono fino a ora tarda impedendoti di osservare il "coprifuoco dei primi Vespri" che tu ci dicevi essenziale per essere incisivi nell'omelia del giorno dopo!

Mi sono chiuso nel bozzolo della pastorale giovanile che non so se è servita a gratificare me o ha fatto realmente bene ai giovani, ed ho evitato forme di ministero più arido come le visite agli ammalati e la sequenza di celebrazioni esequiali, settimi e trigesimi che ho lasciato al parroco. Ho cominciato a parlare, a vestire, a gesticolare come i giovani tanto da accorciare le distanze di sicurezza, fino a perdere la mia identità di consacrato. Mi sono perso. Sono caduto ed ho constatato tutta l'amarezza del peccato che ti inganna e ti deruba.

Gesù mi è venuto incontro mentre tornavo in canonica brillo dopo un'ennesima festa di compleanno con la testa vuota e l'amaro in bocca e mi ha guardato senza giudicarmi, ma con una infinita tristezza negli occhi come forse guardò Pietro in quella notte di luna piena mentre cantava un gallo. Ho sentito la tua voce nella cappella del seminario che commentava Paolo quando afferma "Noi portiamo questo tesoro in vasi di creta... ". Mi è bastato quello sguardo e la tua voce: il resto lo hanno fatto le lacrime e il Salmo 50 recitato nella Chiesa buia con il palpito della lampada del Santissimo.

Padre carissimo e tradito, tra qualche giorno busserò alla tua porta per avere l'assoluzione. Questo tuo figlio perduto torna da molto lontano ed ha nostalgia del caldo buono del tuo camino e del tuo sguardo. E' un prete da ricostruire.

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