sabato 22 agosto 2015

Uno strano dialogo in Purgatorio






Uno strano dialogo in Purgatorio

Nel romanzo “Il grande divorzio” (Jaca book, 2009), C. S. Lewis immagina, come in un sogno, di essere uno dei tanti condannati all’inferno che, grazie all’infinita misericordia di Dio, ha un’ ultima occasione per ottenere la salvezza. Giunge un angelo alla guida di un autobus e trasporta le anime dei dannati in Purgatorio dove ognuno di loro ha la possibilità di incontrare un amico, un parente o un conoscente che ha salvato la sua anima (un consistente, com’è chiamato nel libro, di contro alla spettrale trasparenza dei dannati) e che cerca in tutti i modi di spronarlo a desiderare il Paradiso e la Vita eterna. Il brano scelto (pp. 39-44 del libro) offre un piccolo esempio della dinamica appena descritta e di come un uomo che antepone i suoi presunti diritti a quelli di Cristo perde la Fede, la carità e consegna volontariamente la sua anima al Fuoco Eterno. Al di là della finzione letteraria (l’Inferno è ovviamente eterno ed eterne sono le pene dei dannati ivi reclusi), si tratta di una delle prose artistiche più lucide e divertenti contro uno dei mali della modernità: l’egocentrismo, l’autoreferenzialità, cioè quella follia di credersi indipendente, semplicemente il centro di tutto.   Lewis, dall’alto del suo acume, suggerisce, al contrario, che l’unico modo che l’uomo ha per promuovere autenticamene i suoi diritti sia quello paradossale di rinunciare ad essi, arrendendosi completamente a Cristo. Dalla “Dichiarazione dei diritti universali dell’uomo” alla negazione dei diritti di Dio la strada è ed è stata davvero troppo breve…  



Siccome i Consistenti continuarono ad avvicinarsi, mi accorsi che avanzavano con ordine e con determinazione, quasi che ognuno di essi avesse adocchiato il suo uomo nella nostra irreale compagine.
« Rischia di diventare una scena commovente », dissi fra me e me. « Forse non è giusto che io la stia a guardare. » Detto fatto, scivolai lontano con il vago pretesto di compiere una piccola esplorazione. Un boschetto di immensi alberi di cedro sulla mia destra sembrava interessante, e io vi penetrai. Procedetti con qualche difficoltà.
L’erba, dura al pari di diamanti per i miei piedi insostanziali, mi dava l’impressione di star camminando su rocce accidentate e soffrivo pene simili a quelle patite dalla sirenetta in Andersen. Un uccello sfrecciò nello spazio davanti a me, suscitando la mia invidia. Esso apparteneva a questa contrada ed era altrettanto reale dell’erba. Esso era capace di piegare gli steli e di spruzzarsi con la rugiada.
Quasi subito fui seguito da quello che avevo chiamato Ciccione o, per meglio dire, dal Grosso Spettro. Mentre procedeva uno del Popolo brillante gli stava dietro.
« Proprio non mi riconosci? », egli gridò allo Spettro: e io trovai impossibile non voltarmi e assistere. La faccia del Consistente—era uno di quelli che indossavano un abito—fece sì che avvertissi la voglia di danzare, tanto era gioconda, e così salda nel suo aspetto giovanile.
« Be’, ch’io sia dannato », disse lo Spettro. « Non lo avrei mai creduto. È un gran bel colpo. Non è giusto, Len, sai. Che cosa ne è del povero Jack, eh? Ti vedo piuttosto contento di te stesso, ma ripeto: che cosa ne è del povero Jack? »
« Egli è qui », dichiarò l’altro. « Presto potrai incontrario, se vuoi. »
« Ma tu l’hai ucciso. »
« Naturale che l’ho fatto. Tutto è a posto, adesso. »
« Tutto è a posto? Vorrai dire che va tutto bene per te. Ma che cosa ne è di quel poveraccio steso secco? »
« Non c’è, ora, ma come ti ho detto potrai presto incontrarlo. Egli ti manda il suo amore. »
« Quel che vorrei comprendere », disse lo Spettro, « è perché tu sei qui, contento come una pasqua, tu, un assassino sanguinario, mentre io mi sono aggirato per le strade laggiù e son vissuto in un buco simile a un porcile per tutti questi anni. »
« Ciò è un po’ duro da comprendere, all’inizio. Ma è tutto finito ora. Tu puoi essere soddisfatto di ciò adesso. Non hai più necessità di preoccuparti in proposito. »
« Non me ne devo preoccupare? Non ti vergogni di te stesso? »
« No, non come tu intendi. Non guardo a me stesso. Io l’ho finita con me stesso. Ho dovuto farlo capisci, dopo l’omicidio. Questo è ciò che esso ha fatto per me. È così che ogni cosa è cominciata. »
« Personalmente », disse il Grosso Spettro con un’enfasi che contraddiceva l’ordinario significato della parola, « personalmente ero incline a pensare che tu e io avremmo preso vie diverse. Questa è la mia opinione personale. »
«Molto probabilmente ci saremo presto,» disse l’altro. « Se tu la finirai di pensare a ciò. »
« Guarda me, adesso », disse lo Spettro, battendosi il petto (ma il colpo non produsse alcun suono). « Sono andato diritto per tutta la vita. Non dico che ero un uomo religioso, e neppure dico di non aver avuto colpe, figuriamoci. Ma ho fatto del mio meglio per tutta la vita, no? Ho fatto del mio meglio per ognuno, ecco che specie di individuo ero. Non ho mai chiesto niente per nessun motivo, all’infuori di ciò che mi spettava di diritto. Se ordinavo da bere, me lo pagavo, e se spendevo il mio salario davo in cambio il mio lavoro, giusto? Ecco che tipo di individuo ero e non mi importa che lo si sappia. »
« Sarebbe opportuno non inoltrarci su ciò. »
« E chi vuol andare avanti? Non ho nessuna voglia di discutere. Sto solo dicendoti che razza di individuo ero, no? Non pretendo niente all’infuori dei miei diritti. Tu puoi pensare di potermi disprezzare perché sei vestito bene (come non eri quando lavoravi sotto di me) mentre io sono solo un poveruomo. Ma io ho i miei diritti proprio come te, esatto? »
«Oh, no. Le cose non sono così brutte come te le dipingi. Io non ho avuto i miei diritti, altrimenti non sa rei qui. Tu non potresti averli d’altronde. Avrai qualcosa di meglio. Mai aver paura. »
« Questo è proprio quello che dico io. Io non ho i miei diritti. Ho sempre fatto del mio meglio e non ho mai fatto niente di sbagliato. E quel che non vedo è perché dovrei essere messo al di sotto di un sanguinario assassino come te. »
« Chi sa se lo sarai? Devi solo essere felice e venire con me»
« Perché continuare a discutere? Sto solo dicendoti che specie di individuo sono. Pretendo soltanto i miei diritti. Io non chiedo die qualcuno mi faccia la carità di contraggenio. »
«Fallo. Estorci la carità. Qui bisogna chiedere ogni cosa, niente può essere comprato. »
« Questo può andar bene per te, oserei dire. Se essi permettono tutto a un sanguinario assassino solo perché ha mormorato una povera preghiera all’ultimo momento, affari loro. Ma io non posso figurarmi che vado sulla stessa barca con te. Perché dovrei? Non chiedo la carità, io. Sono un uomo dignitoso, e se avessi goduto dei miei diritti avrei dovuto venir qui già da molto tempo, e puoi riferirgli che te l’ho detto io. »
L’altro scosse il capo. « Non puoi prendere questo atteggiamento. I tuoi piedi non diventeranno mai duri abbastanza per riuscire a percorrere sull’erba questo cammino. Ti stancherai prima che noi si arrivi alle montagne. E poi quel che affermi non è proprio vero. » Mentre diceva questo, l’allegria danzava nei suoi occhi.
« Che cosa non è vero? », chiese lo Spettro di malumore.
« Tu non eri un uomo dignitoso e non hai fatto del tuo meglio. Nessuno di noi lo era e nessuno di noi lo ha fatto. Che il Signore ti benedica, non ha importanza. Non c’è bisogno di inoltrarsi in ciò, adesso. »
« Tu! », esclamò lo Spettro con voce soffocata. « Tu hai la faccia di dirmi che io non sono un tipo dignitoso? » « Naturalmente. Vuoi che specifichi? Ti dirò una cosa per cominciare. L’uccisione del vecchio Jack non era la peggior azione che io abbia fatto. Quella era l’opera di un istante, ed ero mezzo fuori di senno quando l’ho compiuta. Ma io uccisi te nel mio cuore, deliberatamente, per anni. Solevo restare desto di notte pensando a che cosa ti avrei fatto se ne avessi avuto l’opportunità. Questo è il motivo per cui ti sono stato mandato: chiederti perdono ed essere il tuo servo fino a quando tu ne abbia bisogno e più a lungo se ciò ti piace. Io ero il peggiore. Ma tutti gli uomini che hanno lavorato sotto di te sentivano lo stesso. Tu hai reso tutto duro per loro, sai. E tu hai reso tutto difficile per tua moglie e anche per i vostri figli. »
« Occupati degli affari tuoi, giovanotto », disse lo Spettro. « Non dalle tue labbra, d’accordo? Perché io non accetterò nessuna impudenza da parte tua sulle mie faccende private. »
« Queste non sono faccende private », asserì l’altro. « E io… ti dirò un’altra cosa. Che sia ben chiaro: non mi piaci. Posso essere solo un pover’uomo, ma non faccio comunella con un omicida, né tanto meno prendo lezioni da lui. Sono stato duro con te e con i tuoi pari? Se potessi riaverti indietro ti farei vedere io che cosa è il lavoro. » « Vieni e mostramelo adesso », disse l’altro con un riso nella voce. « Vi può essere gioia nell’andare sulle montagne, vi sarà anche abbondanza di lavoro. »
« Non supporrai che io voglia venire con te? »
« Non rifiutare. Non potrai mai arrivare là da solo. E io sono colui che ti è stato inviato. »
« Così questo è il trucco? », esclamò lo Spettro, apparentemente amaro, e io pensai di nuovo che vi era un tono di trionfo nella sua voce. Egli veniva supplicato: poteva opporre un rifiuto; ciò sembrava costituire una sorta di vantaggio. « Penso che sia solo una maledetta sciocchezza. È tutta una cricca, tutta una cricca sanguinaria. Di’ loro che non vengo, va bene? Preferisco essere dannato piuttosto che venire con te. Io son salito quassù per ottenere i miei diritti, e basta. Non sono venuto per chiederti piagnucolando la carità prendendoti per le tue gonne materne. Se essi sono troppo elevati per avere me senza di te, voglio andare a casa. »
Egli era felice adesso che poteva, in un certo senso, profferire delle minacce.
« Questo è ciò che voglio », ripeté, « voglio andare a casa. Non sono venuto qui per essere trattato come un cane. Voglio andare a casa. Questo è ciò che voglio. Che tu sia dannato e maledetto… »
Alla fine, brontolando, ma anche lamentandosi per aver scelto il cammino sopra le erbe taglienti, se ne andò.
http://radiospada.org/2012/08/uno-strano-dialogo-in-purgatorio/

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