venerdì 21 febbraio 2014

sì sì e no no

Il doppio gioco del diavolo

e papa Francesco


Un rapporto dell'ONU umilia la Chiesa esaltando l'attuale pontefice. Che non reagisce e tace anche dopo che il Belgio ha legalizzato l'eutanasia dei bambini. I rischi della strategia del silenzio adottata da Bergoglio 

di Sandro Magister


ROMA, 21 febbraio 2014 – A quasi un anno dall'elezione a papa, la popolarità di Francesco continua la sua marcia trionfale. Ma lui stesso è il primo a non volersi fidare degli applausi che gli arrivano dalle tribune anche più inaspettate e lontane. 

Ad esempio la copertina che gli ha dedicato la rivista "Rolling Stone", un'incoronazione in piena regola dal tempio della cultura pop.

Oppure l'encomio che il rapporto del comitato dell'ONU per i diritti dei fanciulli ha tributato al famoso "Chi sono io per giudicare?" detto da papa Francesco, unico risparmiato in una Chiesa cattolica contro cui nello stesso rapporto si dice il peggio del peggio.

Nelle sue prime omelie mattutine da papa, Jorge Mario Bergoglio nominava spesso il diavolo. E anche questo suo dire piaceva, faceva tenerezza.

Ma una mattina, era il 19 novembre, invece che col diavolo egli se la prese col "pensiero unico frutto della mondanità", che tutto vuole sottomettere a "uniformità egemonica". Un pensiero unico, proseguì, che già domina il mondo e legalizza anche "le condanne a morte", anche "i sacrifici umani" con tanto di "leggi che li proteggono". E citò uno dei suoi romanzi preferiti, l'apocalittico "Il padrone del mondo" di Robert H. Benson.

Quando ai primi di questo mese di febbraio ha sfogliato le sedici pagine del rapporto dell'ONU, che perentoriamente ingiungono alla Chiesa cattolica di "correggere" la sua dottrina sull'aborto, sulla famiglia, sul sesso, Francesco dev'essersi ancor più convinto che i fatti gli stavano dando ragione, che il principe di questo mondo era davvero all'opera e voleva associare persino lui, il papa, adulando le sue decantate "aperture", all'impresa di uniformare la Chiesa al pensiero egemone, per annientarla.

Non è facile entrare nella mente di papa Bergoglio. Le sue parole sono come tessere di un mosaico di cui però non appare immediatamente il disegno. Dice cose anche forti, anche aspre, ma mai nel momento in cui potrebbero generare conflitto.

Avesse pronunciato quella sua tremenda omelia contro il pensiero unico che vuole egemonizzare il mondo il giorno dopo la pubblicazione del rapporto dell'ONU e in esplicita risposta ad esso, l'evento sarebbe entrato tra le "breaking news" dell'informazione mondiale. Ma così non è stato. Detta in una data qualunque, quella stessa omelia non provocò il minimo sconquasso. Fu ignorata.

Eppure è proprio lì che va letto il pensiero recondito del papa gesuita, il suo giudizio sull'epoca presente del mondo.

"Il parere della Chiesa lo si conosce, e io sono figlio della Chiesa", dice e ridice Francesco. Il suo pensiero è lo stesso che è scritto nel catechismo. E qualche volta lo ricorda polemicamente a chi si aspetta da lui un cambio di dottrina, come nel passaggio meno citato della sua "Evangelii gaudium", dove ha parole durissime contro il "diritto" d'aborto.

Ma mai che proclami a voce alta la dottrina della Chiesa sui punti e nei momenti in cui lo scontro si fa incandescente.

Ha taciuto ora che in Belgio è stata consentita per legge l'eutanasia dei bambini. Si tiene appartato dai milioni di cittadini di ogni fede che in Francia e in altri paesi si oppongono alla dissoluzione dell'idea di famiglia fatta di padre, madre e figli. È restato in silenzio dopo l'inaudito affronto del rapporto dell'ONU.

Con ciò egli si prefigge di spuntare le armi al nemico. Di sconfiggerlo con la popolarità immensa della sua figura di pastore della misericordia di Dio.

C'è un attacco alla Chiesa di tipo giacobino, in Francia e altrove, che semplicemente la vuole estromettere dal consorzio civile.

Ma c'è anche un attacco più sottile, che si ammanta di consenso a una Chiesa rifatta nuova, aggiornata, al passo con i tempi. C'è anche questo nella popolarità di Francesco, un papa "come mai prima ce n'erano stati", finalmente "uno di noi", modellato col copia e incolla di sue frasi aperte, polivalenti.

Contro il suo predecessore Benedetto XVI questa astuzia mondana non poteva essere esercitata. Lui, il mite, preferiva il conflitto in campo aperto, col coraggio del sì sì no no, "opportune et importune", come a Ratisbona, quando tolse il velo alle radici teologiche del legame tra fede e violenza nell'islam, e poi ancora sulle questioni "non negoziabili". Per questo il mondo fu così feroce con lui.

Con Francesco è diverso. Altra partita. Ma nemmeno lui sa come il gioco proseguirà, ora che si fa più duro.

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Giovedì 20 febbraio, papa Francesco ha aperto il concistoro rivolgendo ai cardinali brevi parole definite da padre Federico Lombardi "lungamente pensate", sul tema della famiglia. Dicendo:

"In questi giorni rifletteremo in particolare sulla famiglia, che è la cellula fondamentale della società umana. Fin dal principio il Creatore ha posto la sua benedizione sull’uomo e sulla donna affinché fossero fecondi e si moltiplicassero sulla terra; e così la famiglia rappresenta nel mondo come il riflesso di Dio, uno e trino.

"La nostra riflessione avrà sempre presente la bellezza della famiglia e del matrimonio, la grandezza di questa realtà umana così semplice e insieme così ricca, fatta di gioie e speranze, di fatiche e sofferenze, come tutta la vita. Cercheremo di approfondire la teologia della famiglia e la pastorale che dobbiamo attuare nelle condizioni attuali. Facciamolo con profondità e senza cadere nella ‘casistica’, perché farebbe inevitabilmente abbassare il livello del nostro lavoro. La famiglia oggi è disprezzata, maltrattata, e quello che ci è chiesto è di riconoscere quanto è bello, vero e buono formare una famiglia, essere famiglia oggi; quanto è indispensabile questo per la vita del mondo, per il futuro dell’umanità. Ci viene chiesto di mettere in evidenza il luminoso piano di Dio sulla famiglia e aiutare i coniugi a viverlo con gioia nella loro esistenza, accompagnandoli in tante difficoltà".




"C'è un grande turbamento in questo momento nel mondo della Chiesa, e ciò che è in questione è la fede. Capita ora che mi ripeta la frase oscura di Gesù nel Vangelo di san Luca: "Quando il Figlio dell'Uomo ritornerà, troverà ancora la fede sulla Terra?". Capita che escano dei libri in cui la fede è in ritirata su punti importanti, che gli episcopati tacciano, che non si trovino strani questi libri. Questo, secondo me, è strano. Rileggo talvolta il Vangelo della fine dei tempi e constato che in questo momento emergono alcuni segni di questa fine. Siamo prossimi alla fine? Questo non lo sapremo mai. Occorre tenersi sempre pronti, ma tutto può durare ancora molto a lungo. Ciò che mi colpisce, quando considero il mondo cattolico, è che all'interno del cattolicesimo sembra talvolta predominare un pensiero di tipo non cattolico, e può avvenire che questo pensiero non cattolico all'interno del cattolicesimo diventi domani il più forte. Ma esso non rappresenterà mai il pensiero della Chiesa. Bisogna che sussista un piccolo gregge, per quanto piccolo esso sia".

Paolo VI

(in Jean Guitton, Paolo VI segreto, pp. 152-153)

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