giovedì 5 dicembre 2013

il CARD. BRANDMǛLLER sul concilio di Trento

CONCILIO DI TRENTO: "ha dato frutti abbondanti"
OMELIA DEL CARD. W. BRANDMǛLLER
Cattedrale di Trento, 1 dicembre 2013, Domenica I di Avvento


Il cardinale BRANDMǛLLER
con i seminaristi di Trento


            Quando il 4 dicembre dell'anno 1563, in questa cattedrale, il cardinale Morone, presidente del Concilio, intonò il Te Deum e poi proclamò con forza a quanti si erano riuniti “Domini, ite in pace”, si era giunti al traguardo di un cammino molto lungo, caratterizzato da fatiche, pericoli e delusioni. Profondamente commossi e tra le lacrime, i Padri si abbracciarono, colmi di gioia e di gratitudine per il lavoro compiuto.

            Oggi ricordiamo quel grande momento, poiché con quel "Domini, ite in pace" ebbe inizio quello che Hubert Jedin, storico del Concilio e cittadino onorario di questa città, ha definito il "miracolo di Trento".

            Solo in retrospettiva possiamo riconoscere con quanta potenza lo Spirito di Dio, proprio per mezzo di tale Concilio, è intervenuto nel destino della Chiesa, addirittura del mondo. Lo ha fatto al punto che i secoli dopo il concilio vengono definiti “periodo post-tridentino”.
Se dunque oggi, dopo 450 anni, anche noi cristiani del terzo millennio intoniamo lo stesso Te Deum di allora, non possiamo e non dobbiamo farlo solo con sguardo nostalgico verso il passato.

            Piuttosto, celebriamo questo giubileo con lo sguardo rivolto alla Chiesa e al mondo del qui e dell'oggi. Quale messaggio - domandiamo - ci giunge attraverso i secoli? E possibile che il tesoro lasciato dal grande Concilio nasconda anche qualche risposta ai nostri interrogativi? O forse avevano ragione quanti hanno celebrato il Concilio Vaticano II come "congedo da Trento"? Tuttavia: la sola costituzione Lumen Gentium del Concilio Vaticano II, che espone l'insegnamento sulla Chiesa, in ben sedici passi fa riferimento a documenti dottrinali del Concilio di Trento. Quindi, anche dopo 450 anni, esso è ancora presente nella dottrina e nella vita della Chiesa.

            Da poco si è concluso l'Anno della Fede, indetto da Benedetto XVI, e in occasione del quale Papa Francesco ha pubblicato la Lumen Fidei, la luce della fede, quale prima enciclica del suo pontificato. Anno della Fede ed enciclica sulla fede: di fatto puntano al centro dei problemi del tempo presente, un tempo che ha largamente rinunciato a interrogarsi sulla verità della fede, sulla verità in generale. A che cosa serve? Che cosa è fattibile? Sono queste le domande che muovono la società attuale. Che cos'è la verità? Domandano in molti come Ponzio Pilato. E la verità, sempre che esista - ci può saziare? Noi, invece, domandiamo: senza verità può esistere la vita umana? E dove troviamo questa verità?

            La risposta a tale domanda, già assillante 450 anni fa, l'hanno data i Padri tridentini, anche solo per il fatto che, come primo decreto conciliare, hanno approvato quello che tratta della Sacra Scrittura e della Tradizione Apostolica. Nella Scrittura e nella Tradizione troviamo il Vangelo che, “promesso un tempo attraverso i profeti nelle scritture sante, il Signore nostro Gesù Cristo, Figlio di Dio, prima promulgò con la sua bocca, poi comandò che venisse predicato ad ogni creatura per mezzo dei suoi apostoli, quale fonte di ogni verità salvifica e della disciplina dei costumi”  si legge in questo decreto.

            Non sono quindi la speculazione filosofica e nemmeno l'autocoscienza umana o altre cose simili i luoghi in cui trovare la verità che salva l'uomo, bensì i documenti della comunicazione di Sé di Dio alla sua creatura l'uomo, avvenuta una volta per sempre nel tempo e nello spazio, vale a dire nella storia.

            Nella situazione culturale presente, in cui non pochi considerano le Sacre Scritture un prodotto sì venerabile, ma comunque umano della cultura del Vicino Oriente dell'antichità, la voce del Concilio di Trento ha un significato molto attuale. Essa ricorda con forza che l'autore delle Sacre Scritture dell'Antico e del Nuovo Testamento, come anche della tradizione sacra, è il Dio Uno e Trino stesso, che ci ha parlato prima per bocca dei profeti, ma poi anche per mezzo di suo Figlio, il Logos eterno fatto uomo, Il discorso salvifico di Dio all'uomo, sua creatura e immagine, che si può sentire nella parola umana della Sacra Scrittura e della Tradizione Apostolica - può, da solo, esaudire il desiderio di verità dell'uomo e offrirgli una base solida per la sua vita.

“Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo che ha costruito la sua casa sulla roccia” dice il Signore.

Ora, l'insegnamento del Concilio si rivolge proprio all'uomo, al quale è stato - ed è - rivolto il messaggio del Vangelo.

            “Che cosa è l'uomo perché te ne ricordi?” domanda  già il salmista. Di fatto, come mai prima d'ora, l'uomo del tempo moderno è diventato un interrogativo per se stesso.
            Sono le esperienze terribili e sanguinose del XX secolo appena concluso e del presente a farci percepire con angoscia la grammatica della domanda sull’uomo. Che cos' è l’uomo? E’ il superuomo, come lo vedeva Nietzsche, che fissa i propri parametri del vero e del falso, del bene e del male, o, come ha detto qualcun altro, è soltanto una scimmia nuda, alla quale manca il pelo solo per un capriccio dell’evoluzione? Questo uomo è una semplice rotellina nel processo produttivo di oggetti di massa privi di anima e di volto, o è un prometeico padrone del mondo?

            L’uomo è diventato un enigma per se stesso, trascinato qua e là tra mania di grandezza e disperazione. Come, che cosa dobbiamo pensare di noi stessi? Diversamente da oggi, la gente all'epoca del Concilio di Trento si poneva questa domanda guardando a Dio.
L’ uomo - come anche tutto il creato - è stato reso talmente corrotto e cattivo nell'intimo dal peccato di Adamo da essere colpito da tutta l'ira di Dio, che può essere placata solo dal sangue e dalla morte di Cristo? Davvero l'uomo non è capace di fare altro che peccare?

            Il buio di tutte queste domande viene trafitto dalla luce splendente della dottrina del Concilio. La risposta che essa offre è valida anche oggi e per sempre.
           
            Un'antica preghiera, che in passato veniva pronunciata durante la Messa, quando si mescolavano il vino e l'acqua, contiene, con pregnanza classica, il messaggio del Concilio: “Deus qui  humanæ substantiae dignitatem  mirabiliter et mirabilius condidisti et mirabilius reformasti” ovvero, Dio che meravigliosamente hai creato la dignità umana e mirabilmente - attraverso Cristo - l'hai redenta.
           
            Questa dottrina conciliare risponde negativamente a quell'oscuro pessimismo che vedeva la natura umana, addirittura l'intero creato, profondamente corrotti a causa del peccato dei progenitori e non voleva prendere atto del fatto che, attraverso la grazia della redenzione, l'uomo viene sanato nel profondo, che viene persino creato di nuovo e accettato come amato Figlio di Dio.

Fu questa consapevolezza di non essere stati lasciati indifesi dinanzi al male, malgrado tutte le tentazioni, bensì di essere stati redenti e chiamati alla gloria eterna, a liberare le forze migliori dello spirito e del cuore dei fedeli. Fu una nuova autoconsapevolezza dell'uomo, ispirata dalla fede nella redenzione, a produrre lo straordinario slancio religioso, l'impegno missionario in Asia e in America, la crescita delle molteplici opere di amore del prossimo, delle arti e delle scienze, che hanno caratterizzato il tempo dopo il Concilio Tridentino.
           
            Non potrebbe anche oggi una visione credente approfondita della dignità della natura umana, meravigliosamente creata e ancora più mirabilmente rinnovata dopo tanto peccato, liberare quelle forze spirituali e indicare quei cammini che conducono verso un futuro buono, che piace a Dio e per questo è favorevole all'uomo?

            La Sacra Scrittura e la Tradizione Apostolica, i fondamenti della fede, anche il rapporto tra gli uomini e Dio, determinato dal peccato originale e dalla redenzione: furono questi i grandi temi che, in virtù della loro urgenza, i Padri del concilio vollero chiarire per primi.

            Il terzo tema da loro affrontato fu quello  della “Chiesa”.  Anch'esso occupa i fedeli di oggi non meno di quanto impegnò quelli del XVI secolo. All'epoca, i suoi oppositori avevano frainteso la Chiesa ravvisandola come un'entità invisibile, puramente spirituale. Oggi, al contrario, non pochi rischiano - come ha più volte sottolineato Papa Francesco - di vedere la Chiesa come un'istituzione puramente umana, temporale, una sorta di organizzazione non governativa per migliorare il mondo. La sua vera natura allora - come spesso accade anche oggi – rimase nascosta.

            Per rispondere a questi fraintendimenti, già all'epoca i Padri tridentini fecero dei sette santi sacramenti l'oggetto delle loro proclamazioni dottrinali, ponendo così la vera natura della Chiesa al centro dell'attenzione.

            Nei sacramenti è il segno esteriore percepibile con i sensi - ad esempio, per l'Eucaristia, la consacrazione del pane e del vino - a definire e a produrre misteriosamente la grazia divina. In modo analogo, anche la figura umano-storica della Chiesa è un segno visibile della sua natura invisibile quale Corpo misterioso di Cristo Risorto, quale strumento di Cristo per la redenzione del mondo.

            Comprendere in modo nuovo e più profondo questa realtà divina della Chiesa, presente anche nel mondo del terzo millennio, vale a dire riscoprire nella sua figura terreno-umana la presenza del divino, potrebbe produrre la fine della mondanizzazione della Chiesa, che è un presupposto perché possa svolgere con efficacia la sua missione a favore della salvezza eterna degli uomini. Per concludere guardiamo ancora una volta al passato.

            Quando il Concilium Tridentinum fu inaugurato il 13 dicembre 1545, erano solo poche decine i vescovi che entrarono in processione in questo Duomo. Tra loro nessuno veniva dalla Germania, patria dello scisma. Quei vescovi provenivano da un'Europa in cui la Chiesa sanguinava dalle ferite inferte dall'allontanamento di massa in molti paesi. Scoramento e confusione paralizzavano molti di coloro che erano rimasti fedeli, lasciandoli a guardare, privi di speranza, verso un futuro oscuro. Poi raggiunsero la cifra di 225 Presuli.

            "Non temere, piccolo gregge''  aveva detto il Signore ai suoi apostoli, e quindi anche ai loro successori che si erano riuniti a Trento. Così si dedicarono subito al lavoro di chiarire e di scindere la verità di fede dall'errore e a quello della riforma.

            Dalla semina, che - come dice il salmista - fecero nelle lacrime, è cresciuto un raccolto abbondante che ha raggiunto anche i nuovi continenti dell'Asia e dell'America: un periodo della storia della Chiesa e della cultura alla quale il Concilio di Trento ha dato il proprio nome.

            Di fatto, lo Spirito di Dio anima e guida la sua Chiesa nei secoli, fino a quando ritornerà il Signore.

            Perciò oggi non dobbiamo essere colmi solo di gratitudine per questo, ma anche di speranza che il Concilio Vaticano II, che i più anziani tra noi hanno vissuto di persona, a suo tempo possa dare gli stessi frutti di quello che ricordiamo oggi.

Card. Walter Brandmueller

Cattedrale di Trento, 1 dicembre 2013, Domenica I di Avvento



Concilio_Trento

Qualche giorno fa abbiamo dato notizia degli apprezzamenti – per alcuni inaspettati – rivolti da papa Francesco al Concilio di Trento, che – volente o nolente – è diventato simbolo di arretratezza, oscurità, eccessiva dogmaticità. Tutte queste accuse sono assurde e provengono da una lettura distorta di quel grande evento. Ma non pretendiamo che i lettori ci credano sulla parola. Per questo proponiamo, oltre alle parole del regnante Sommo Pontefice, quelle di tanti suoi predecessori, che a una voce sola lodano il Tridentino.
“Fate del seminario la delizia del vostro cuore, e per il suo giovamento non omettete nulla di ciò che è stato provvidenzialmente stabilito dal Concilio Tridentino.” (san Pio X, enc. E supremi, 1903)

“Ma Iddio, sollecito anzitutto dell’onore della sua Sposa, la Chiesa, volendo mostrare che non era abbreviata la sua mano salvifica, che non erano esauriti nella sua Chiesa i tesori della verità e della santità, del secolo della riforma fa il secolo del Concilio di Trento” (Pio XI, omelia, 4 giugno 1922)
“Ed effettivamente, quando giudicò che i tempi fossero maturi, [Dio] venne in suo aiuto in modo meraviglioso con la celebrazione del Concilio di Trento.” (Pio XI, lettera Meditantibus nobis, 1922)
“Chi ha fatto un così mirabile cambiamento? La storia lo attribuisce al lavoro potente di riforma ecclesiastica, in modo particolare ai decreti del Concilio di Trento.” (Pio XII, discorso, 17 gennaio 1943)
“Il Concilio di Trento, nelle cui sessioni passò sensibilissima la esigenza di un perfetto adeguamento del sacerdote ai suoi altissimi doveri” (beato Giovanni XXIII, esortazione apostolica A quarantacinque anni, 21 aprile 1959)
“il più copioso e ricco di benefici perduranti sino a noi, il Tridentino” (beato Giovanni XXIII, discorso, 24 gennaio 1960)
“benefico irradiamento del Concilio di Trento” (beato Giovanni XXIII, discorso, 28 febbraio 1960)
“leggi sapientissime del Concilio Tridentino” (beato Giovanni XXIII, discorso, 26 maggio 1960)
“scia di intenso rinnovamento spirituale, apertasi dal Concilio di Trento” (beato Giovanni XXIII, discorso, 16 giugno 1960)
“Il Tridentino segnò la ripresa del fervore apostolico e della ricostruzione coraggiosa e imponente là dove era passato l’uragano. I Padri avevano studiato, discusso, elaborato le costituzioni con infinita pazienza e costanza. Ostacoli d’ogni genere, inframmettenze laicali, ritardi talora inesplicabili: tutto fu superato dalla sicurezza che infiammò la Chiesa di Cristo di non doversi arrendere a patto alcuno con chi voleva menomare il sacro patrimonio della Rivelazione.” (beato Giovanni XXIII, discorso, 30 aprile 1961)
“lungimirante sapienza dei Padri del Concilio Tridentino” (beato Giovanni XXIII, discorso, 29 luglio 1961)
“il Concilio Tridentino — senza dubbio tra i più importanti celebrati sin qui” (beato Giovanni XXIII, discorso, 4 novembre 1962)
“conclusione del Concilio Tridentino, da cui venne alla Santa Chiesa tanto beneficio, anche per le età successive.” (beato Giovanni XXIII, discorso, 23 dicembre 1962)
“il Concilio di Trento ha superato i precedenti Concili nell’arricchire splendidamente gli annali della Chiesa, della civiltà, degli studi, dell’autentico benessere nel mondo intero.” (Paolo VI, udienza generale, 4 dicembre 1963)
Paolo VI ha dedicato al Concilio di Trento un’intera omelia (8 marzo 1964)
“un gran Concilio, quello di Trento, dottrinale e riformatore” (beato Giovanni Paolo, lettera apostolica Maestro della Fede, 14 dicembre 1990)
“Il Concilio di Trento, interprete della tradizione cristiana” (beato Giovanni Paolo, udienza generale, 25 marzo 1992)
Il beato Giovanni Paolo II ha dedicato al Concilio di Trento un’intero discorso (30 aprile 1995)
“Come forti sono queste montagne così forte è la fede che ci ha lasciato il Concilio di Trento nel suo Magistero. E noi tutti siamo debitori verso questo evento storico. La nostra fede è costruita su questo Magistero indimenticabile del Concilio di Trento.” (beato Giovanni Paolo II, Regina Coeli, 30 aprile 1995)
“Basti pensare, ad esempio, al Concilio di Trento, dal quale ci separano circa quattro secoli e mezzo. Tra le ragioni per cui quel Concilio ha avuto un enorme influsso innovatore nel cammino del Popolo di Dio” (beato Giovanni Paolo II, omelia, 27 ottobre 2001)
“[Trento fu] nuova attualizzazione e una rivitalizzazione della […] dottrina” (Benedetto XVI, discorso, 31 agosto 2006)
“la grande riforma spirituale promossa dal Concilio di Trento.” (Benedetto XVI, udienza generale, 23 marzo 2011)
“dobbiamo nominare il Concilio di Trento, nel XVI secolo, che ha chiarito punti essenziali della dottrina cattolica di fronte alla Riforma protestante” (Benedetto XVI, udienza generale, 10 ottobre 2012)

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