lunedì 12 settembre 2011

12 SETTEMBRE
SANTA CATERINA DA GENOVA

SANTA CATERINA DA GENOVA

SECONDA LETTURA «II Dialogo spirituale» di santa Caterina Fieschi Adorno
(Opere, Milano, 1963, pp. 104-106, 115-117)
L'anima contempla l'amore che Dio ha per essa
Vide ancora quest'anima un certo raggio di amore uscire da quel divino fonte e quel raggio era diretto all'uomo per arricchirlo tutto.
Udì ancora che quel raggio diceva: «Per mia volontà, non vorrei mai che ti dannassi, tanto è l'amore che ti porto e se mi fosse possibile patire per te, lo farei molto volentieri, ma non potendo l'amore restare in difetto, sono forzato ad abbandonarti e siccome tu saresti capace di ogni beatitudine, per mio mezzo, così ora, da me abbandonata, ti fai capace di ogni male».
Vide ancora tante operazioni e tanti effetti di amore verso quell'anima, che non si può con lingua narrare.
Questo raggio di amore fu quello che ferì quell'anima in un istante, nel quale essa vide e sentì un certo fuoco di amore uscire da quella divina fonte: questo fuoco di amore la fece restare in quel punto quasi fuori di se stessa, senza intelletto, senza lingua e senza sentimento; in quell'amore puro e semplice, come Dio le mostrò, restò in quel momento tutta presa né mai più quella visione le uscì dalla mente, ma sempre vedeva quel puro amore rivolto verso di lei.
Le fu mostrato ancora come non era stata riconoscente di tanto amore e quanti erano tutti i suoi difetti, nei quali riconobbe se stessa egoista; vide ancora quello che essa era capace di fare per quel puro amore, di guisa che sommerse se stessa in un tale disprezzo, che avrebbe detto pubblicamente i suoi peccati per tutta la città, ma altro non poteva dire che queste parole: «O Signore, mai più mondo né peccati!», e ciò con un grido interiore che passava il cuore.
Conoscendo la gravita del male che aveva fatto, era travagliata nel cuore da un gran tormento, con lacrime interiori, senza poter piangere, ma gettava occulti sospiri in modo che si consumava la vita.
Non poteva né parlare, né mangiare, né dormire, né ridere, né guardare il cielo: non aveva gusto alcuno spirituale né corporale e non sapeva dove si trovasse, se in cielo o in terra.
Essendo un giorno essa in casa, le apparve in una visione interiore il Signor nostro Gesù Cristo, tutto insanguinato, dal capo ai piedi, in modo che pareva che da quel corpo piovesse sangue per tutta la terra, dove andava, e le fu detta interiormente questa parola: «Vedi tu questo sangue? Tutto è sparso per amor tuo e per soddisfazione dei tuoi peccati!».
Con queste parole le fu data una grande ferita di amore verso il Signor nostro Gesù Cristo con una confidenza tale, che sparve quella vista tanto disperata e si rallegrò un poco nello stesso Signor suo.

Oppure: Dal «Trattato del Purgatorio» di santa Caterina Fieschi Adorno
(Cap. 11, 14; ed. Vita Francescana, Genova, 1929, pp. 23-25. 32)
Amore e pena delle anime che si purificano
Io vedo sì gran conformità di Dio con l'anima, che quando la vede in quella purità, nella quale sua Maestà la creò, le da un certo modo attrattivo di affocato amore, sufficiente per annichilarla, benché sia immortale. E la fa stare tanto trasformata in sé suo Dio, che non si vede esser altro che Dio, il quale continuamente la va tirando e affocando, né mai lasciandola, finché l'abbia condotta a quell'essere donde è uscita, cioè in quella pura nettezza in cui fu creata.
Quando l'anima, per interior vista, si vede così da Dio tirar con tanto amoroso fuoco, allora per quel calore dell'affocato amore del suo dolce Signore e Dio, che sente ridondar nella sua mente, tutta si liquefa. Vedendo poi nel divino lume, siccome Dio non cessa mai di tirarla e amorosamente condurla all'intera sua perfezione, con tanta cura e continua provvisione, e che il fa solo per puro amore, ed essa per aver l'impedimento del peccato, non poter seguire quel tirare fatto da Dio, cioè quell'unitivo sguardo, che Dio le ha dato per tirarla a sé: vedendo ancora quanto le importi l'esser ritardata di non poter vedere il divino lume, aggiuntovi l'istinto dell'anima, la quale vorrebbe esser senza impedimento, per essere tirata da esso unitivo sguardo: dico, la vista delle predette cose esser quella, che, genera alle anime la pena la quale hanno nel Purgatorio. Non che facciano stima della lor pena (benché sia grandissima), ma fanno più stima assai dell'opposizione che si trovano avere contro la volontà di Dio, il quale vedono chiaramente acceso di un estremo e auro amore verso di loro. Questo amore, con quell'unitivo sguardo, tira sì forte di continuo, come se altro che questo non avesse a fare. Perciò l'anima, questo vedendo, se trovasse un altro Purgatorio sopra quello, per potersi levar più presto tanto impedimento, presto vi si getterebbe dentro, per l'impeto di quell'amore conforme tra Dio e l'anima.
Sicché le anime in Purgatorio hanno contento grandissimo e pena grandissima, e l'una cosa non impedisce l'altra.

RESPONSORIO Ct 8, 7; 1 Gv 4, 16
Le grandi acque non possono spegnere l'amore né i fiumi travolgerlo. * Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa in cambio dell'amore, non ne avrebbe che dispregio.
Dio è amore; chi sta nell'amore dimora in Dio e Dio dimora in lui.
Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa in cambio dell'amore, non ne avrebbe che dispregio.

ORAZIONE O Dio, che hai fatto ardere di amore divino santa Caterina da Genova (Fieschi Adorno) nel contemplare le sofferenze di Cristo, per sua intercessione, accendi in noi il fuoco della tua carità e rendici partecipi della Passione del tuo Figlio. Egli è Dio,


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