LA COMUNIONE SULLA
MANO PARLA DELLA CRISI DELLA LITURGIA E DELLA CHIESA
La santa
Eucaristia è il mistero per eccellenza della fede. Mediante l'azione della
Santa Messa, Cristo, assiso in gloria alla destra del Padre, discende sugli
altari delle chiese e delle cappelle di tutto il mondo per rendere nuovamente
presente il suo sacrificio sul Calvario, sacrifico unico con il quale l'uomo è
salvato dal peccato e perviene alla vita in Cristo grazie all'effusione dello
Spirito Santo. È mediante la santa Eucaristia che la vita quotidiana di un
cattolico riceve simultaneamente ispirazione e forza.
Mi ricordo
bene, nella mia infanzia, la diligenza di cui davano prova i miei genitori,
così come i sacerdoti e le suore della scuola cattolica, per preparare i
bambini a ricevere per la prima volta la santa Comunione. Mi sovvengono anche i
frequenti richiami alla riverenza e all'amore che dovevamo dimostrare ricevendo
la santa Comunione e facendo il ringraziamento subito dopo la ricezione del
sacramento.
All'epoca
della mia prima comunione, il 13 maggio 1956, la santa Ostia si riceveva alla balaustra,
sulla lingua e in ginocchio, con le mani ricoperte da una tovaglia. Questo modo
di ricevere la santa Comunione mi ha sempre colpito come la più alta
espressione dell'infanzia spirituale insegnata da Nostro Signore (Mt 18,1-4), e
di cui santa Teresa di Lisieux è una delle figure più notevoli. Proprio in quel
periodo della mia vita, mio padre era gravemente malato ed era costretto a
letto in casa. Morì nel mese di luglio 1956. Ricordo la grande preparazione e
l'attenzione che egli manifestava ogni volta che il sacerdote veniva a
portargli la santa Comunione. Si preparava una piccola tavola di fianco al suo
letto, con un crocifisso, dei ceri e una tovaglia speciale. Si accoglieva il
sacerdote in silenzio alla porta con un cero acceso e, anche se mio padre non
poteva alzarsi, tutti restavano in ginocchio durante la cerimonia.
Anni più
tardi, nel maggio 1969, è stata autorizzata la pratica di ricevere la Comunione
in mano, a discrezione delle Conferenze episcopali, in parallelo con la pratica
plurisecolare di ricevere la Comunione direttamente sulla lingua. Uno degli
argomenti avanzati per introdurre la seconda opzione era l'esistenza di un uso
antico di ricevere la santa Comunione in mano. Nello stesso tempo, l'istruzione
della Congregazione per il Culto Divino, che permetteva la pratica della
ricezione della santa Comunione in mano, sottolineava il fatto che la
tradizione plurisecolare di ricevere la Comunione sulla lingua doveva essere
preservata a motivo del rispetto dei fedeli verso la santa Eucaristia che
questa pratica esprime. In questo senso, è interessante notare che il Papa
Paolo VI (durante il cui pontificato è stato dato il permesso di ricevere la
santa Comunione in mano), nella sua lettera enciclica Mysterium Fidei sulla
dottrina e il culto del Santissimo Sacramento, promulgata quattro anni prima
della concessione del permesso, si riferisce a un costume antico dei monaci che
vivevano in solitudine, nonché dei cristiani perseguitati, secondo il quale
essi prendevano la santa Comunione con le loro proprie mani. Tuttavia, il Papa
aggiunge subito che questo riferimento ad un uso di altri tempi non rimette in
questione la disciplina che si è diffusa in seguito circa il modo di ricevere
la santa Comunione.
La pratica
tradizionale si comprende meglio alla luce dell'ermeneutica della riforma nella
continuità, contrapposta all'ermeneutica della discontinuità e della rottura,
di cui ha parlato il Papa Benedetto XVI nel suo discorso di Natale 2005 alla
Curia romana. Nell'ermeneutica della continuità, l'unica Chiesa «cresce nel
tempo e […] si sviluppa, rimanendo però sempre la stessa». Così, la pratica
tradizionale di ricevere la santa Comunione manifesta una crescita ed uno
sviluppo tanto della Fede eucaristica, quanto delle espressioni di riverenza verso
il Santissimo Sacramento. Si potrebbe dire a proposito del modo tradizionale di
comunicarsi ciò che il Papa Benedetto XVI diceva a proposito dell'Adorazione
eucaristica nell'Esortazione Apostolica postsinodale Sacramentum Caritatis:
«l'Adorazione eucaristica non è che l'ovvio sviluppo della Celebrazione
eucaristica, la quale è in se stessa il più grande atto d'adorazione della
Chiesa».
Dalla prefazione a Corpus Christi, la communion dans la main au cœur de la crise de l’Église (Contretemps 2014) di mons. Athanasius Schneider, recente edizione francese di Corpus Christi. La santa comunione e il rinnovamento della Chiesa,
http://www.iltimone.org/32779,News.html
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