Dialogo tra l’anima e Gesù
A. – Dove, Gesù, ten vai?
G. – Vado per te a morir.
A. – Dunque per me a morire
ten vai, mio caro Dio!
Voglio venire anch’io,
voglio morir con te.
G. – Tu resta. in pace, e intendi
l’amore che ti porto;
e quando sarò morto,
ricordati di me.
Restane dunque, o cara,
e in segno del tuo amore;
donami tutto il core,
e serbami la fe’.
A. -Si, mio Tesor, mio Bene,
tutto il mio cor ti dono;
e tutta quanta io sono,
tutta son tua, mio Re.
Apostrofe a Pilato
Giudice ingiusto e iniquo,
dopo che tu più volte
dichiarasti innocente il mio Signore,
or così lo condanni
a morir da ribaldo in una croce!
Barbaro! a che serviva
condannarlo a’ flagelli,
se condannarlo a morte poi volevi?
Meglio, alle prime voci
de’ suoi nemici,
condannato l’avessi a questa morte,
a cui, malvagio, lo destini e mandi.
dopo che tu più volte
dichiarasti innocente il mio Signore,
or così lo condanni
a morir da ribaldo in una croce!
Barbaro! a che serviva
condannarlo a’ flagelli,
se condannarlo a morte poi volevi?
Meglio, alle prime voci
de’ suoi nemici,
condannato l’avessi a questa morte,
a cui, malvagio, lo destini e mandi.
Ma ohimè! qual misto
d’armi, di grida e pianti
rumor confuso io sento!
E quale mai è questo
suono ferale e mesto?
Ahimè! questa è la tromba
che forse pubblicando
va la condanna
del mio Signore a morte?
d’armi, di grida e pianti
rumor confuso io sento!
E quale mai è questo
suono ferale e mesto?
Ahimè! questa è la tromba
che forse pubblicando
va la condanna
del mio Signore a morte?
Ma, oh Dio, ecco (ahi dolore!)
Il mio Signor che, afflitto,
scorrendo sangue e con tremante passo
appena ohimè! può camminare, e intanto
del suo divin sangue
segna la terra, dove posa il piede.
Una pesante croce
preme le sue piagate
e tormentate spalle,
e barbara corona
d’acute spine in testa
il venerando suo capo circonda.
Ah! mio Signor, l’amore,
Re ti fece di scherno e di dolore.
Il mio Signor che, afflitto,
scorrendo sangue e con tremante passo
appena ohimè! può camminare, e intanto
del suo divin sangue
segna la terra, dove posa il piede.
Una pesante croce
preme le sue piagate
e tormentate spalle,
e barbara corona
d’acute spine in testa
il venerando suo capo circonda.
Ah! mio Signor, l’amore,
Re ti fece di scherno e di dolore.
Dialogo tra l’anima e Gesù
A. – Dove, Gesù, ten vai?
G. – Vado per te a morir.
A. – Dunque per me a morire
ten vai, mio caro Dio!
Voglio venire anch’io,
voglio morir con te.
G. – Tu resta. in pace, e intendi
l’amore che ti porto;
e quando sarò morto,
ricordati di me.
Restane dunque, o cara,
e in segno del tuo amore;
donami tutto il core,
e serbami la fe’.
A. -Si, mio Tesor, mio Bene,
tutto il mio cor ti dono;
e tutta quanta io sono,
tutta son tua, mio Re.
G. – Vado per te a morir.
A. – Dunque per me a morire
ten vai, mio caro Dio!
Voglio venire anch’io,
voglio morir con te.
G. – Tu resta. in pace, e intendi
l’amore che ti porto;
e quando sarò morto,
ricordati di me.
Restane dunque, o cara,
e in segno del tuo amore;
donami tutto il core,
e serbami la fe’.
A. -Si, mio Tesor, mio Bene,
tutto il mio cor ti dono;
e tutta quanta io sono,
tutta son tua, mio Re.
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