giovedì 27 marzo 2014

w la morte


NAPOLITANO VUOLE L' EUTANASIA




di Marco Gabrielli

La battaglia in favore dell'eutanasia ha un nuovo paladino: il Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano. Si è palesato inviando una lettera a Carlo Troilo, Consigliere generale dell’Associazione Luca Coscioni e al Comitato promotore del referendum per la legalizzazione dell'eutanasia. Nella lettera, il cui contenuto è stato reso pubblico durante una conferenza stampa il 18 marzo 2014, il Presidente si impegna a richiamare «l’attenzione del Parlamento sull’esigenza di non ignorare il problema delle scelte di fine vita» ed aggiungendo «Ritengo anch’io che il Parlamento non dovrebbe ignorare il problema delle scelte di fine vita e eludere “un sereno e approfondito confronto di idee” sulle condizioni estreme di migliaia di malati terminali in Italia».

Nella conferenza stampa la figura di Napolitano è stata affiancata a quella di altri “testimonial” dell'eutanasia attiva e del suicidio assistito quali i familiari di Mario Monicelli, di Carlo Lizzani, di Lucio Magri, di Piergiorgio Welby, o a personalità già schierate da tempo quali l’oncologo Umberto Veronesi. Secondo uno schema già visto sono state fornite cifre non certificateche affermano esservi circa mille suicidi all'anno ed altrettanti tentativi di suicidio da parte di persone malate. E’ stato affermato che non meglio precisate “statistiche” affermano che la stragrande maggioranza degli italiani vuole decidere quando finire i propri giorni. E' stata inoltre illustrata quella che viene definita dal dott. Riccio (noto per il caso Welby) la «morte all’italiana», un modello di eutanasia che sarebbe praticata nei reparti di rianimazione a seguito della «decisione clinica di non iniziare una terapia o interromperla, o ridurla» senza nemmeno chiedersi se queste decisioni prese dai medici non siano semplicemente una lecita, anzi, raccomandata astensione dall'accanimento terapeutico. Nella conferenza stampa non è mancata anche la strumentalizzazione di quelle “migliaia di malati terminali in Italia”, tutti fatti rientrare d’ufficio nel novero di richiedenti l'eutanasia senza porsi il dubbio che magari è altro quello di cui hanno bisogno e richiedono: assistenza e cure adeguate.

Alcune considerazioni.
Innanzitutto colpisce la discesa in campo del Presidente della Repubblica, figura istituzionale che dovrebbe essere al di sopra delle parti, che così si schiera apertamente affiancando l'associazione radicale ed invitando il parlamento a legalizzare l'eutanasia. Non dimentichiamo che Napolitano non è nuovo a questi interventi, il più eclatante dei quali è stato il suo rifiuto a firmare il decreto legge che avrebbe salvato la vita ad Eluana Englaro. Ora, scrivendo a chi propone la legalizzazione dell'eutanasia, lo fa ancora più apertamente.

Non mi sembra sia così solerte a scrivere ad associazioni di malati, come quelle che scendono in piazza per chiedere cure ed assistenza. Non lo abbiamo sentito richiamare, ad esempio, la prima parte dell'articolo 32 della Costituzione italiana, quello che afferma che La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.” Chi è più indigente di un paziente dipendente in tutto quali sono, ad esempio, gli ammalati di SLA? Siamo sicuri che a tutti vengano garantite cure gratuite sufficienti?

Viviamo un periodo di profonda crisi economica ed i tagli portati alla sanità vanno oltre le “ottimizzazioni” e il “taglio degli sprechi”, iniziando a farsi sentire anche sul piano clinico. Ai medici, sempre più spesso, verrà chiesto di scegliere chi curare perché le restrizioni stanno arrivando anche sulle risorse primarie. Nessuna denuncia su questo da parte del Presidente della Repubblica.
Relativizziamo ulteriormente il valore della vita, rendiamo possibile l’eutanasia solo in certi casi limite su richiesta dell’interessato, poi estendiamo le procedure anche a chi non la richiede, ma vive una vita giudicata “non degna di essere vissuta”; facciamo attecchire la cultura eutanasica fino al punto che il valore della vita perda completamente il suo senso: allora sarà più facile negare le cure o, perché no, rendere in qualche modo “obbligatoria” l’eutanasia per ampissime fette della popolazione. Sto esagerando? Provate a vedere quello che accade oggi in certi paesi “culturalmente avanzati” come la Svizzera, il Belgio, l’Olanda o l’Australia. Risentiamoci fra 20, 15, o forse solo 8 - 10 anni per dirci cosa accadrà anche in Italia…

Per il momento il cambiamento culturale procede per piccoli passi, ad esempio come avviene in quei comuni italiani in cui vengono aperti i registri per la raccolta delle Dichiarazioni Anticipate di Trattamento (DAT): cosa chiederanno coloro che scriveranno le proprie DAT? Chiederanno l’eutanasia, non altro… E se invece chiedessero di essere curati fino all’ultimo respiro finirebbero comunque nel computo di chi chiede di morire…

Intanto nessuno si assicura che a tutti gli ammalati venga fornita l'assistenza di cui hanno bisogno: nessuno scrive mozioni che impegnino i sindaci a verificare la necessità di aprire delle strutture, per quelle persone che richiedono un'assistenza continua quali i pazienti in stato vegetativo persistente o gli ammalati di SMA. Per queste persone malate i soldi iniziano a non esserci più: devono capirlo e devono anche capire che l’unica soluzione per loro sia “farsi da parte”. Sai che risparmio!

Da ultimo ribadisco che è inutile dire che le DAT sono una cosa diversa ed alternativa all'eutanasia: perfino il Presidente della Repubblica ora si è apertamente schierato e quando parla di “fine vita” si rivolge al Comitato “Eutanasia Legale”.

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