domenica 16 marzo 2014

bambini, oggi voglio insegnarvi un bel gioco

Il gioco del relativismo


di Pierfrancesco Palmisano



Cari bambini, 

oggi voglio insegnarvi un bel gioco, 

il gioco del relativismo.


Funziona così: i giocatori “attivi” si dividono in due squadre, la squadra A e la squadra Z, mentre i giocatori “passivi” costituiscono quello che gli esperti chiamano “test panel”, ma noi possiamo semplicemente chiamare “popolo bue” o “plebaglia”. I giocatori della squadra A devono convincere la plebaglia (o “test panel”) che le idee portate avanti dalla squadra Z sono “relative”, che valgono solo per chi le accetta e non possono assolutamente essere considerate “verità assolute” e pertanto devono essere “professate in privato” e mai e poi mai imposte a chi non le condivide; allo stesso tempo devono convincere il popolo bue (o “test panel”) che le idee della propria squadra sono “valori di civiltà”, “basi della convivenza civile”, “sinonimo di progresso”, “verità scientifiche” e che pertanto è assolutamente necessario da parte di tutti propagandarle, difenderle e, se necessario, imporle, perché chi non le dovesse accettare sarebbe solamente un “pazzo”, uno “squilibrato” un “estremista” o un “talebano”.

Ovviamente la squadra Z deve cercare di fare il viceversa.

Vince il gioco “ai punti” chi riesce a convincere almeno il 51% del test panel.

Vince il gioco “per KO” chi, dopo aver convinto il 100% del test panel (in tedesco “Gesindel”) riesce a convincere anche i giocatori della squadra avversaria della “relatività” dei propri valori.

Ecco perché, quando sento qualche prete dire che “Cristo, per chi ci crede, ha salvato il mondo” o che “l’adulterio, per noi cristiani, è un peccato”, o che “il papa, per noi cattolici, è il Vicario di Cristo” (quest’ultima in realtà non la sento mai) e quando invece NON sento mai qualche politico dire che “la democrazia, per chi ci crede, va difesa”, o che “la libertà, per noi massoni, è un valore importante”, o che “la laicità dello stato, per noi atei, è fondamentale”, capisco che abbiamo già perso …

Forse però – mi dico – non avevamo capito bene le regole!



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