E’ iniziata
l’omosessualizzazione omeopatica dei cattolici?
Narciso |
Tanta buona volontà, ma grosse ingenuità.
Da politici e “homovox”, messaggi ambigui.
Da politici e “homovox”, messaggi ambigui.
di Elisabetta
Frezza
L’11 gennaio scorso c’è stata a Roma la seconda uscita sulla piazza della Manif pour Tous Italia (la prima risale alla fine di luglio), l’associazione nata con l’intento di replicare nel nostro paese l’omonima realtà che in Francia è montata in un crescendo esaltante per manifestare contro le aberranti riforme del diritto di famiglia imposte oltralpe.
La
versione autoctona della Manif sconta, probabilmente, una penalità genetica: il
confronto con l’originale è proverbialmente arduo per ogni tentativo di
imitazione. E, al di là delle sacrosante intenzioni di gridare pubblicamente
l’unicità della famiglia naturale cui ogni bambino ha diritto ad ogni
latitudine, genera – per come sinora si è mossa – qualche perplessità.
La
più evidente è quella di essere stata in apparenza vittima – consenziente o no
– del cannibalismo politico. Bisogna stare molto attenti a non cadere nella
trappola della facile strumentalizzazione, a tutti gli effetti controproducente
per l’immagine e lo spirito di iniziative come questa, in sé benemerite. I
politici nostrani tra i quali, si sa, è dura trovare un cavaliere senza macchia
e senza paura, tendono a sfruttarle sfacciatamente come provvidenziale
passerella per esibirsi dinanzi al popolo cattolico (o semplicemente
raziocinante) e carpire, indossando l’abito da sfilata sopra la tenuta
consueta, qualche consenso. Nella realtà va detto che la maggior parte di essi
appartiene alla imperitura progenie italica degli ideologi del compromesso e
del male minore (notoriamente anticamera di quello maggiore, solo a
somministrazione più lenta e mascherata, tale da sopire la fisiologica capacità
di reazione della gente), e in questo senso sono agli atti dichiarazioni
incontrovertibili. Non uno, di fatto, che in questi mesi non abbia concorso a
praticare la respirazione bocca a bocca a un governo in perenne agonia ma
artefice instancabile di bassezze eclatanti: tutti impegnati, nonostante la
posta in gioco devastante – ddl omofobia in testa, ma non solo quello – a
inventare ritocchi cosmetici per provvedimenti deliranti. Far saltare il
tavolo? Per carità.
Questa disposizione al concorso
coll’avversario dichiarato (nei fatti vero e proprio alleato), eletta a sistema
e teorizzata apertis verbis dai
sempreverdi democristiani, costituisce un virus esiziale per chi ha davvero a
cuore la buona battaglia. Gli esiti catastrofici del moderatismo applicato sono
plurimi, e sono noti. Quantomeno la casistica dovrebbe far intendere una volta
per tutte che l’aprire il varco in misura “congrua”, con i soliti distinguo,
riserve, eccezioni, equivale ad accogliere a braccia aperte il nemico in casa.
Il che esclude, in chi si ostina ad applicare il metodo, l’attenuante della
buona fede.
Orbene,
tornando alla Manif, lasciare il palco a personaggi di questa sottospecie di
politica politicante pare una mossa sbagliata e pericolosa, che mina – qualora
vi fosse – la purezza e la spontaneità dell’iniziativa e ne corrompe fatalmente
il messaggio. Si tratta di aspetti per nulla collaterali, sui quali sarebbe
bene porre attenzione, per non ingannarci.
Ma
c’è un’altra questione, più recondita, che merita qualche riflessione. Riguarda
– come già è stato da qualcuno rilevato – gli “homovox”.
Anche
qui, si è importato (acriticamente?) dalla Francia questo modello, che in
apparenza “buca”, attrae, sembra tirare acqua al mulino della causa. E invece,
pensandoci bene, forse forse non è proprio così. Gli homovox, rappresentati
alla manifestazione italiana dal loro fondatore, Jean-Pier Delaume-Myard, sono
gli omosessuali non-gay, quelli che si dichiarano contro la legge sui matrimoni
tra persone dello stesso sesso e contro le adozioni da parte di queste, e che
però dichiarano al contempo la propria omosessualità come una condizione naturale
e accettata (e da accettare) al pari della eterosessualità.
“Noi cittadini italiani o francesi, uomini e
donne di ragione, che siamo omosessuali o eterosessuali, proseguiremo il nostro
cammino di uomini responsabili che vogliono lasciare dietro di sé un pianeta
dove gli uomini con la U maiuscola non sono dei beni commerciali” proclama Jean-Pier dal palco della Manif romana .
Ora,
qualche dubbio è legittimo. Si tratta di un modulo efficace, da spendere anche
in Italia, culla del cattolicesimo, sull’onda del conformismo anticonformista?
Non lo crediamo davvero.
Nel proclamarsi con fierezza “omosessuale a
favore della legge naturale” c’è qualcosa che non torna, c’è un ossimoro
piuttosto bizzarro: come dire tifare per la naturalità del consorzio umano da
una sbandierata condizione contronatura. Epperò, al di là del profilo anche un
po’ paradossale, si tratta di un affaire insidioso
per la manovra che plausibilmente sottende. Presentare infatti costoro quali
paladini della causa significa riconoscere loro la patente della normalità,
accettare pubblicamente l’omosessualità come stato naturale, far passare sotto
sotto il messaggio che la sodomia di per sé è cosa buona e giusta, se praticata
senza pretese esorbitanti. Si supera così, anche per i cattolici o sedicenti
tali, la barriera del suono. Il catechismo e San Paolo in primis.
Nessuno
che dica che questi omosessuali per bene, per così dire “addomesticati”,
rimangono nella devianza e nel peccato, per loro stessa ammissione? Nessuno che
si renda conto che – religione a parte – farli pontificare così costituisce un
subdolo sistema per omosessualizzare omeopaticamente la nostra società, già
martellata per ogni via, mediatica e istituzionale, dal pensiero unico
gay-friendly?
Pare di no, se è vero che la Manif plaude
agli homovox, note testate in quota cattolica concedono ampio spazio a queste
figure di gay presentabili, finto-ragionevoli, urbani, civili, bravi e buoni.
Si veda, per fare un esempio, la passione di Tempi per Dolce&Gabbana (il
quale Tempi, peraltro, si astiene dal considerare le confuse affermazioni sul desiderio di avere un figlio,
nonché altre esternazioni sconcertanti), chiamati addirittura
a cantare il Te Deum a
fine anno dalle pagine della rivista.
Il
che potrebbe indurre a formulare un’ipotesi inquietante: che questo tentativo
di normalizzare gli omosessuali per bene sia una dinamica già avviata anche in
certa parte della Chiesa, forse in qualche modo già soppesata e approvata, in
linea con le esternazioni ad alta quota?
E
infatti Delaume-Myard, tra le altre cose, alla Manif dice anche: “Vorrei
rivolgere un pensiero al mio amico Bobby che lotta come noi negli Stati Uniti
contro le lobby gay perché non vogliamo che la donna sia considerata una merce,
non vogliamo che i bambini siano volontariamente privati di un padre o di una
madre, oppure di entrambi”. Se la piglia con le lobby gay, sospendendo ogni
giudizio sul singolo omosessuale. Lezione imparata.
Alla
luce di tutto ciò, ci si chiede se non si tradisca la propria fede avallando questa
pubblica impenitente professione di devianza, senza indicare a chi la pratica
la via della salvezza. Chiaro che ciò vale innanzitutto per i pastori, che ci
si augura non abbiano già sdoganato l’omosessualità e ora accettino di vederla
venduta in comode, impercettibili rate, a una società straniata e già deprivata
dei propri anticorpi.
Al
2357 Il CCC recita: “… Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le
relazioni omosessuali come gravi depravazioni, la Tradizione ha sempre
dichiarato che « gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati ».
Sono contrari alla legge naturale. Precludono all’atto sessuale il dono della
vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In
nessun caso possono essere approvati.
E continua
al 2358, riferendosi agli uomini e alle donne che presentano tendenze
omosessuali: “… Questa inclinazione, oggettivamente disordinata, costituisce
per la maggior parte di loro una prova. Perciò devono essere accolti con
rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di
ingiusta discriminazione. Tali persone sono chiamate a realizzare la volontà di
Dio nella loro vita, e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce
del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro
condizione”.
Pare
che ultimamente venga tenuta presente soltanto la prima parte del 2358,
colpevolmente dimentichi che essa va letta in combinato disposto con ciò che
precede e ciò che segue. E che è nel complesso di queste disposizioni che si
deve individuare la retta via indicata da Dio per guadagnarsi la salvezza.
Nella
dimensione collettiva, poi, andrebbe ricordato che l’omosessualismo è di fatto
una malattia infettiva: la cultura gay, se lasciata libera nel dominio
pubblico, produce gay; è un veleno che perverte e depopola.
Fa
pensare, allora, un altro dato oggettivo. Perché alla Manif, e ovunque altrove,
non si dà voce a un omosessuale guarito, e redento? Una tipologia che esiste,
non un’ipotesi di scuola; ci sono anche loro e, loro sì, rendono testimonianze
luminose.
Il grande Luca Di Tolve, fondatore dell’Associazione
Gruppo Lot, sa raccontare con gli occhi e con la voce la storia di
metà della sua vita, sa descrivere l’abisso e la risalita, la faticosa
riconquista dell’armonia tra la sua natura e la sua identità sessuale: una
risalita che è in ogni senso una guarigione e che gli regala oggi, insieme alla
virilità prima soffocata, una moglie e un figlio in arrivo.
Questo
è l’esempio virtuoso da additare, da far conoscere ai giovani che annaspano nel
marasma relativista della libertà senza limiti, ma che conservano sempre
un’insaziabile sete di verità.
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