lunedì 5 settembre 2011

Il problema della incenerizzazione

di Mons. Felice di Molfetta



[…] Alla luce di questa rivoluzione di costume sociale nei riguardi della pietas verso i defunti, ciò che ora desta preoccupazione è la conservazione delle ceneri a domicilio o la loro dispersione in natura, per la qual cosa i vescovi hanno espresso motivate perplessità (CEI, Commissione episcopale per la liturgia, Proclamiamo la tua risurrezione 2007, p. 114). Perché il punto dottrinale – essendo quanto mai arduo determinare la volontà antireligiosa nel puro atto dell’incinerazione – si sposta sulla considerazione del poi. Quando lo spargimento in mare o lungo una campagna dei resti ridotti a polvere potrebbe indicare nei fatti una scelta nichilistica, ovvero un rigurgito di panteismo pagano o di animismo naturalista, o ancora una decisione che contrasta con l’onore dovuto al corpo e la memoria dei defunti?

La soluzione di affidare a ciascuno le ceneri del proprio estinto, conservandole dove si vuole, è povera e vuota di ogni simbolicità. Essa si inserisce nella concezione di una religione fai da te, che purtroppo sta prendendo piede. Perciò, il motivo grave per sconsigliare la conservazione privata delle ceneri è legato al valore simbolico dell’inumazione o della tumulazione in rapporto alla fede nella risurrezione finale.

A questo si potrebbe aggiungere i rischi di un’elaborazione del lutto poco sana, per non dire feticistica: il tenere i resti del defunto in casa rischia di non facilitare il processo di distacco. Il lutto ha sempre comportato segni e precise forme espressive. Infatti, i riti funebri, mentre esprimono il congedo rituale della persona amata, aiutano parenti e conoscenti ad affrontare e ad elaborare i loro sentimenti e indicano sempre il finire della vita al quale la persona defunta si è avvicinata.

Non è neppure da sottovalutare il rischio della mancanza di rispetto per il defunto, le cui spoglie finiscono, con l’affidamento a una persona privata, per risultare oggetto di proprietà di qualcuno che potrebbe disporne in maniera impropria. Per queste ragioni – affermano i vescovi – “avvalersi della facoltà di spargere le ceneri, di conservare l’urna cineraria in un luogo diverso del cimitero o prassi simili, è comunemente considerato segno di una scelta compiuta per ragioni contrarie alla fede cristiana e pertanto comporta la privazione delle esequie ecclesiastiche (can. 1184, § 1,2)” (CEI, Commissione episcopale per la liturgia, Proclamiamo la tua risurrezione 2007, p. 11).

(Fonte: Notiziario dell’Associazione Professori e Cultori di Liturgia, Anno XL – Marzo 2011 – N. 96)

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