Papa Benedetto, incorreggibile: ancora Latino per tutti ....
Davvero Papa Benedetto dimostra di avere una "fissazione" per la lingua dell'Urbe, e con queste abili mosse, evidentemente, cerca di dare importanti segnali "politici", per esempio ai responsabili di seminari, studentati religiosi e alle Facoltà ecclesiastiche, dove gode - ahimé - di migliore stampa l'ebraico biblico che non il latino, tanto necessario per leggere praticamente tutte le fonti della Chiesa antica (compresi gli Atti del Vaticano II), eppure così ideologicamente trascurato.
Speriamo che il Motu Proprio in pubblicazione abbia più fortuna dell'abortita Veterum Sapientia di Giovanni XXIII, di cui si è recentemente festeggiato il 50° anniversario, o della lettera strappalacrime di Paolo VI Sacrificium laudis (da rileggere e meditare).... Chi ha orecchie per intendere, metta in pratica...
Se ci pensiamo è proprio strano che possano essere ordinati preti nella CHIESA LATINA, in barba al Diritto Canonico, che stabilisce così a proposito della competenza linguistica dei ministri ordinati:
Speriamo che il Motu Proprio in pubblicazione abbia più fortuna dell'abortita Veterum Sapientia di Giovanni XXIII, di cui si è recentemente festeggiato il 50° anniversario, o della lettera strappalacrime di Paolo VI Sacrificium laudis (da rileggere e meditare).... Chi ha orecchie per intendere, metta in pratica...
Se ci pensiamo è proprio strano che possano essere ordinati preti nella CHIESA LATINA, in barba al Diritto Canonico, che stabilisce così a proposito della competenza linguistica dei ministri ordinati:
Can. 249 - Institutionis sacerdotalis Ratione provideatur ut alumni non tantum accurate linguam patriam edoceantur, sed etiam linguam latinam bene calleant necnon congruam habeant cognitionem alienarum linguarum, quarum scientia ad eorum formationem aut ad ministerium pastorale exercendum necessaria vel utilis videatur.
I candidati al sacerdozio dimostreranno il loro zelo per le anime preparandosi bene al futuro ministero. Non importa se sono bravi a giocare a curling o se suonano divinamente le maracas, è meglio che passino il tempo 1) a studiare accuratamente la lingua nazionale (nella quale si presume dovranno predicare, parlare ai singoli in confessione, scrivere....); ma (2) anche siano bene competenti nella lingua latina, (non dice 'calleant', ma rafforza 'bene calleant'), e infine (3) abbiano una sufficiente conoscenza delle lingue straniere, il cui studio per la formazione del clero o per l'esercizio del futuro ministero sia valutato come necessario o utile.
Prima dei corsi di inglese o spagnolo o perfino ebraico biblico è richiesta una buona competenza nella lingua latina. Non per colloquiare con l'accento di Cicerone, ma almeno per saper leggere e capire un messale o un breviario, non dico del 1962, ma anche ben più recenti (purtroppo vengono ancora scritti in latino).
Ricordiamo ai giovani seminaristi che, a differenza del fuoco di Pentecoste, lo Spirito Santo che ricevono nell'ordinazione sacra - solitamente - non infonde il dono delle lingue. Ci devono pensare prima i singoli (e anche dopo), con tanta fatica e applicazione. Ma la scienza acquisita col sudore e per amore delle anime non vale certo meno della scienza infusa!
E poi, non si sa mai, metti che un domani si debba concelebrare con sacerdoti cinesi, russi e norvegesi, magari si può usare la Preghiera Eucaristica in una lingua comune; perfino il latino potrebbe, a volte, rivelarsi utile.... Domani però.
Così il Papa vuole promuovere il latino
Benedetto XVI pubblicherà un motu proprio per istituire la «Pontificia Academia Latinitatis». E in Vaticano traducono «indirizzo email» con «inscriptio cursus electronici»
ANDREA TORNIELLI (per Vaticaninsider)
CITTÀ DEL VATICANO: «Foveatur lingua latina». Papa Ratzinger vuole far crescere la conoscenza della lingua di Cicerone, di Agostino e di Erasmo da Rotterdam, nell’ambito della Chiesa ma anche della società civile e della scuola e sta per pubblicare un motu proprio che istituisce la nuova «Pontificia Academia Latinitatis». Fino ad oggi Oltretevere ad occuparsi di mantenere in vita l’antico idioma era stata una fondazione, «Latinitas», rimasta sotto l’egida della Segreteria di Stato e ora destinata a scomparire: oltre a pubblicare l’omonima rivista e a organizzare il concorso internazionale «Certamen Vaticanum» di poesia e prosa latina negli anni si è occupata di tradurre in latino parole moderne.
L’imminente istituzione della nuova accademia pontificia che si affianca alle undici già esistenti – tra le quali ci sono le più note dedicate alle scienze e alla vita – è confermata in una lettera che il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio consiglio della Cultura, ha inviato a don Romano Nicolini, un sacerdote riminese grande propugnatore del ritorno dell’ora di latino nella scuola media inferiore. Ravasi ha ricordato che l’iniziativa dell’Accademia è «voluta dal Santo Padre» ed è promossa dal dicastero vaticano della cultura: vi faranno parte «eminenti studiosi di varie nazionalità, con finalità di promuovere l’uso e la conoscenza della lingua latina sia in ambito ecclesiale sia in ambito civile e quindi scolastico». Un modo per rispondere, conclude il cardinale nella lettera, «a numerose sollecitazioni che ci giungono da diverse parti del mondo».
Sono passati cinquant’anni da quando Giovanni XXIII, ormai alla vigilia del Concilio, promulgò la costituzione apostolica «Veterum sapientia» per definire il latino come lingua immutabile della Chiesa e ribadirne l’importanza, chiedendo alle scuole e università cattoliche di ripristinarlo nel caso fosse stato abbandonato o ridotto. Il Vaticano II stabilirà di mantenere il latino in alcune parti della messa, ma la riforma liturgica post-conciliare ne avrebbe abolito ogni traccia nell’uso comune. Così, mentre mezzo secolo fa prelati di ogni parte del mondo riuscivano a capirsi parlando l’idioma di Cesare e i fedeli mantenevano un contatto settimanale con esso, oggi nella Chiesa il latino non gode di buona salute. E sono altri ambiti, laici, interessati a promuoverla.
Oltretevere continuano comunque a lavorare studiosi che propongono neologismi per tradurre le encicliche papali e i documenti ufficiali. Un lavoro non facile è stato quello di tradurre in latino l’ultima enciclica di Benedetto XVI, «Caritas in veritate» (luglio 2009), dedicata alle emergenze sociali e alla crisi economico finanziaria. Alcune scelte dei latinisti della Santa Sede sono state criticate da «La Civiltà Cattolica», l’autorevole rivista dei gesuiti, che ha ritenuto discutibile la scelta dei termini «delocalizatio», «anticonceptio» e «sterilizatio», approvando invece le scelte di «plenior libertas» per liberalizzazione, e di «fanaticus furor» per fanatismo». Tra le curiosità, l’espressione «fontes alterius generis» per tradurre le fonti alternative e «fontes energiae qui non renovantur» per le risorse energetiche non rinnovabili.
L’iniziativa del Papa di istituire una nuova Pontificia Accademia è un segnale significativo, di rinnovata attenzione. «Il latino educa ad avere stima delle cose belle – spiega don Nicolini, che ha diffuso nelle scuole medie diecimila copie di un opuscolo gratuito introduttivo alla lingua latina e sta diffondendo l’appello per farla tornare tra le materie curricolari – e ci educa anche a dare importanza alle nostre radici».
Tra coloro che si occupano di rinnovare il lessico latino per poter comunicare ancora oggi nella lingua ciceroniana c’è don Roberto Spataro, 47 anni, è docente di Letteratura cristiana antica e segretario del Pontificium Institutum Altioris latinitatis, voluto da Paolo VI presso l’attuale Università Pontificia Salesiana di Roma. «Come tradurrei “corvo”? Mi aspettavo questa domanda… Ecco, direi: “Domesticus delator” o “Intestinus proditor”», risponde il sacerdote. E spiega come nascono i neologismi latini: «Esistono due scuole di pensiero. La prima, che potremmo definire anglosassone, ritiene che prima di creare un neologismo per tradurre parole moderne bisogna passare al setaccio tutto ciò che è stato scritto in latino lungo i secoli, non soltanto il latino classico. L’altra scuola, che per comodità definirei latina, ritiene che si possa essere più liberi nel creare una circonlocuzione che renda bene l’idea e il significato della parola moderna, mantenendo però il sapore del latino classico, ciceroniano».
Spataro appartiene alla seconda scuola e invita «a sfogliare l’ultima edizione del “Lexicon recentis latinitatis”, curato da don Cleto Pavanetto, eccellente latinista salesiano, e pubblicato nel 2003, con ben 15.000 vocaboli moderni resi in lingua latina». Ad esempio, fotocopia si traduce “exemplar luce expressum”, banconota diventa “charta nummária”, basket-ball “follis canistrīque ludus”, best seller è “liber máxime divénditus”, i blue-jeans sono “bracae línteae caerúleae”, mentre goal è “retis violátio”. Gli hot pants diventano “brevíssimae bracae femíneae”, l’IVA si traduce “fiscāle prétii additamentum”, mountain bike è “bírota montāna”, paracadute diventa “umbrella descensória”. Nel Lexicon mancano però i riferimenti al web. «In effetti non ci sono – spiega don Spataro – ma negli ultimi nove anni tra chi scrive e parla in latino si sono coniate nuove espressioni. Così internet è “inter rete”, e l’indirizzo email “inscriptio cursus electronici”».
Prima dei corsi di inglese o spagnolo o perfino ebraico biblico è richiesta una buona competenza nella lingua latina. Non per colloquiare con l'accento di Cicerone, ma almeno per saper leggere e capire un messale o un breviario, non dico del 1962, ma anche ben più recenti (purtroppo vengono ancora scritti in latino).
Ricordiamo ai giovani seminaristi che, a differenza del fuoco di Pentecoste, lo Spirito Santo che ricevono nell'ordinazione sacra - solitamente - non infonde il dono delle lingue. Ci devono pensare prima i singoli (e anche dopo), con tanta fatica e applicazione. Ma la scienza acquisita col sudore e per amore delle anime non vale certo meno della scienza infusa!
E poi, non si sa mai, metti che un domani si debba concelebrare con sacerdoti cinesi, russi e norvegesi, magari si può usare la Preghiera Eucaristica in una lingua comune; perfino il latino potrebbe, a volte, rivelarsi utile.... Domani però.
Così il Papa vuole promuovere il latino
Benedetto XVI pubblicherà un motu proprio per istituire la «Pontificia Academia Latinitatis». E in Vaticano traducono «indirizzo email» con «inscriptio cursus electronici»
ANDREA TORNIELLI (per Vaticaninsider)
CITTÀ DEL VATICANO: «Foveatur lingua latina». Papa Ratzinger vuole far crescere la conoscenza della lingua di Cicerone, di Agostino e di Erasmo da Rotterdam, nell’ambito della Chiesa ma anche della società civile e della scuola e sta per pubblicare un motu proprio che istituisce la nuova «Pontificia Academia Latinitatis». Fino ad oggi Oltretevere ad occuparsi di mantenere in vita l’antico idioma era stata una fondazione, «Latinitas», rimasta sotto l’egida della Segreteria di Stato e ora destinata a scomparire: oltre a pubblicare l’omonima rivista e a organizzare il concorso internazionale «Certamen Vaticanum» di poesia e prosa latina negli anni si è occupata di tradurre in latino parole moderne.
L’imminente istituzione della nuova accademia pontificia che si affianca alle undici già esistenti – tra le quali ci sono le più note dedicate alle scienze e alla vita – è confermata in una lettera che il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio consiglio della Cultura, ha inviato a don Romano Nicolini, un sacerdote riminese grande propugnatore del ritorno dell’ora di latino nella scuola media inferiore. Ravasi ha ricordato che l’iniziativa dell’Accademia è «voluta dal Santo Padre» ed è promossa dal dicastero vaticano della cultura: vi faranno parte «eminenti studiosi di varie nazionalità, con finalità di promuovere l’uso e la conoscenza della lingua latina sia in ambito ecclesiale sia in ambito civile e quindi scolastico». Un modo per rispondere, conclude il cardinale nella lettera, «a numerose sollecitazioni che ci giungono da diverse parti del mondo».
Sono passati cinquant’anni da quando Giovanni XXIII, ormai alla vigilia del Concilio, promulgò la costituzione apostolica «Veterum sapientia» per definire il latino come lingua immutabile della Chiesa e ribadirne l’importanza, chiedendo alle scuole e università cattoliche di ripristinarlo nel caso fosse stato abbandonato o ridotto. Il Vaticano II stabilirà di mantenere il latino in alcune parti della messa, ma la riforma liturgica post-conciliare ne avrebbe abolito ogni traccia nell’uso comune. Così, mentre mezzo secolo fa prelati di ogni parte del mondo riuscivano a capirsi parlando l’idioma di Cesare e i fedeli mantenevano un contatto settimanale con esso, oggi nella Chiesa il latino non gode di buona salute. E sono altri ambiti, laici, interessati a promuoverla.
Oltretevere continuano comunque a lavorare studiosi che propongono neologismi per tradurre le encicliche papali e i documenti ufficiali. Un lavoro non facile è stato quello di tradurre in latino l’ultima enciclica di Benedetto XVI, «Caritas in veritate» (luglio 2009), dedicata alle emergenze sociali e alla crisi economico finanziaria. Alcune scelte dei latinisti della Santa Sede sono state criticate da «La Civiltà Cattolica», l’autorevole rivista dei gesuiti, che ha ritenuto discutibile la scelta dei termini «delocalizatio», «anticonceptio» e «sterilizatio», approvando invece le scelte di «plenior libertas» per liberalizzazione, e di «fanaticus furor» per fanatismo». Tra le curiosità, l’espressione «fontes alterius generis» per tradurre le fonti alternative e «fontes energiae qui non renovantur» per le risorse energetiche non rinnovabili.
L’iniziativa del Papa di istituire una nuova Pontificia Accademia è un segnale significativo, di rinnovata attenzione. «Il latino educa ad avere stima delle cose belle – spiega don Nicolini, che ha diffuso nelle scuole medie diecimila copie di un opuscolo gratuito introduttivo alla lingua latina e sta diffondendo l’appello per farla tornare tra le materie curricolari – e ci educa anche a dare importanza alle nostre radici».
Tra coloro che si occupano di rinnovare il lessico latino per poter comunicare ancora oggi nella lingua ciceroniana c’è don Roberto Spataro, 47 anni, è docente di Letteratura cristiana antica e segretario del Pontificium Institutum Altioris latinitatis, voluto da Paolo VI presso l’attuale Università Pontificia Salesiana di Roma. «Come tradurrei “corvo”? Mi aspettavo questa domanda… Ecco, direi: “Domesticus delator” o “Intestinus proditor”», risponde il sacerdote. E spiega come nascono i neologismi latini: «Esistono due scuole di pensiero. La prima, che potremmo definire anglosassone, ritiene che prima di creare un neologismo per tradurre parole moderne bisogna passare al setaccio tutto ciò che è stato scritto in latino lungo i secoli, non soltanto il latino classico. L’altra scuola, che per comodità definirei latina, ritiene che si possa essere più liberi nel creare una circonlocuzione che renda bene l’idea e il significato della parola moderna, mantenendo però il sapore del latino classico, ciceroniano».
Spataro appartiene alla seconda scuola e invita «a sfogliare l’ultima edizione del “Lexicon recentis latinitatis”, curato da don Cleto Pavanetto, eccellente latinista salesiano, e pubblicato nel 2003, con ben 15.000 vocaboli moderni resi in lingua latina». Ad esempio, fotocopia si traduce “exemplar luce expressum”, banconota diventa “charta nummária”, basket-ball “follis canistrīque ludus”, best seller è “liber máxime divénditus”, i blue-jeans sono “bracae línteae caerúleae”, mentre goal è “retis violátio”. Gli hot pants diventano “brevíssimae bracae femíneae”, l’IVA si traduce “fiscāle prétii additamentum”, mountain bike è “bírota montāna”, paracadute diventa “umbrella descensória”. Nel Lexicon mancano però i riferimenti al web. «In effetti non ci sono – spiega don Spataro – ma negli ultimi nove anni tra chi scrive e parla in latino si sono coniate nuove espressioni. Così internet è “inter rete”, e l’indirizzo email “inscriptio cursus electronici”».
Testo preso da: Cantuale Antonianum http://www.cantualeantonianum.com/#ixzz259ANC3My
http://www.cantualeantonianum.com