martedì 7 agosto 2012

san domenico di guzman

8 agosto
San Domenico

SECONDA LETTURA
Dagli «Scritti» del beato Giordano di Sassonia, sacerdote.
(Libellus de principiis Ordinis Praedicatorum. un. 103-109; MOPH 16, Roma 1935, p. 74).

Ovunque si manifestava come un uomo evangelico. Vi era in lui qualcosa di ben più splendente e meraviglioso degli stessi miracoli. Era tale la perfezione morale dei suoi costumi, tale lo slancio di fervore divino che lo trasportava, da non potersi minimamente dubitare ch'egli fosse un vaso di onore e di grazia, un vaso ornato d'ogni specie di pietre preziose. Aveva una volontà ferma e sempre lineare, eccetto quando si lasciava prendere dalla compassione e dalla misericordia. E poiché un cuor lieto rende ilare il viso, l'equilibrio sereno del suo interno si manifestava al di fuori nella bontà e nella gaiezza del volto. Era, però, talmente irremovibile nelle cose ch'egli aveva giudicato secondo Dio ragionevole farsi, che mai o quasi mai consentiva di mutare una decisione una volta presa dopo maturo consiglio. E poiché la testimonianza della sua buona coscienza, come s'è detto, rischiarava continuamente d'una grande gioia il suo volto, lo splendore del suo viso non veniva offuscato dalle cose terrene. Per questo egli s'attirava facilmente l'amore di tutti; senza difficoltà appena lo conoscevano, tutti cominciavano a volergli bene. Dovunque si trovasse, sia in viaggio coi compagni, sia in casa con l'ospite e la sua famiglia, oppure tra i grandi, i principi e i prelati, con tutti usava parole di edificazione, dava a tutti abbondanza di esempi capaci di piegare l ' anima degli uditori all' amore di Cristo e al disprezzo del mondo. Ovunque si manifestava come un uomo evangelico, nelle parole come nelle opere. Durante il giorno, nessuno più di lui si mostrava socievole coi frati o con i compagni di viaggio, nessuno era con loro più allegro di lui. Viceversa, di notte, nessuno era più di lui assiduo nel vegliare in preghiera. Alla sera prorompeva in pianto, ma al mattino raggiava di gioia. Il giorno lo dedicava al prossimo, la notte a Dio, ben sapendo che Dio concede la sua misericordia al giorno e il suo canto alla notte. Piangeva spesso e abbondantemente; le lacrime erano il suo pane giorno e notte: di giorno, soprattutto quando celebrava spessissimo o quotidianamente la Messa; di notte, invece, quando più di ogni altro prolungava le sue veglie estenuanti. Aveva l'abitudine di passare assai spesso la notte in chiesa, a tal punto che si pensava che mai o raramente egli usasse un letto per dormire. Di notte, dunque, pregava e prolungava le sue veglie fino a quando glielo permetteva la fragilità del suo corpo. Quando poi alfine sopravveniva la stanchezza e la mente s'intorpidiva, vinto dal bisogno del sonno appoggiava la testa all'altare o in qualunque altro luogo, ma in ogni caso su una pietra come il Patriarca Giacobbe, e riposava un momento. Poi si risvegliava e riprendeva la sua fervorosa preghiera. Accoglieva tutti gli uomini nell'ampio seno della sua carità e perché tutti amava, da tutti era amato. Faceva suo quel motto: godere con chi gode, piangere con chi piange. Traboccante com'era di pietà, si spendeva tutto per aiutare il prossimo e sollevare le miserie. Questo anche lo rendeva a tutti carissimo: la semplicità del suo agire; mai nessun segno di doppiezza o di finzione fu riscontrato nelle sue parole o nelle sue azioni. Vero amante della povertà, usava vestiti di poco valore. Nel mangiare e nel bere la sua temperanza era rigorosa: evitava cibi delicati, e s'accontentava volentieri di un semplice unico piatto. Aveva un dominio assoluto sulla sua carne. Beveva vino ma talmente annacquato che, mentre soddisfava alle necessità del corpo, non correva certo il rischio di ottenebrare la sua sveglia ed acuta intelligenza. Chi sarà mai capace d'imitare la virtù di quell’ uomo? Possiamo ammirarlo e misurare dal suo esempio la pigrizia del nostro tempo. Ma poter ciò che egli potè, supera le umane capacità, è frutto di una grazia unica, a meno che la bontà misericordiosa di Dio non si degni forse di innalzare qualcuno a un simile fastigio di santità. Ma chi è da tanto? Imitiamo perciò, o fratelli, come possiamo, le orme del padre e nello stesso tempo ringraziamo il Redentore per aver dato a noi suoi servi, sulla via che percorriamo, un tale condottiero per mezzo del quale egli ci ha rigenerati alla luce di questa nostra forma di vita religiosa. E preghiamo il Padre delle misericordie affinchè, governati da quello Spirito che fa agire i figli di Dio, percorrendo la strada che percorsero i nostri padri, senza deflettere possiamo pungere anche noi a quella stessa meta di perpetua felicità ed eterna beatitudine, nella quale felicemente e per sempre egli è entrato. Amen.

RESPONSORIO
Meravigliosa speranza che nell'ora della morte hai dato ai tuoi figli in pianto, assicurando il tuo aiuto dopo morte: * Adempi, o Padre, quanto hai promesso, soccorrendoci con la tua intercessione.
Tu che risplendesti per tanti miracoli compiuti in favore degl'infermi, rafforza la nostra debolezza offrendoci l'aiuto di Cristo.
Adempi, o Padre, quanto hai promesso, soccorrendoci con la tua intercessione.

oppure:
RESPONSORIO cfr. Ef 4.15; Pro 4,18
Vivendo secondo la verità nella carità, * cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui che è il capo, Cristo. La strada dei giusti è come luce dell'alba, che aumenta lo splendore fino al meriggio. Cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui che è il capo, Cristo.

oppure: SECONDA LETTURA
Dalle «Prediche» di fra Gerolamo Savonarola, sacerdote.
(Ed. L. Ferretti, in «Memorie Domenicane». XXVII, 1910. pp. 381-401).
Missione di San Domenico nella Chiesa «Ecco il grande Sacerdote, che mentre visse, rifondò la casa e ai suoi tempi fu restauratore del tempio». E’ questi, o fratelli, il beato Domenico, di cui celebriamo oggi la festa, che insieme col beato Francesco rinnovò la Chiesa cadente. «Ecco», dice, «il grande Sacerdote». Fratelli, notate le parole e osservate i misteri. I sacerdoti son molti e i sacerdoti son pochi. Ed anche i sacerdoti buoni non tutti sono grandi. Poiché il sacerdote deve illuminare, spettando a lui il predicare, E come è dunque sacerdote chi non sa illuminare? Come, chi non è illuminato? Come, chi è cattivo? Il beato Domenico era santo e per dottrina illuminato. Qualcuno dirà: io imparo a predicar santamente. Oggidì i nostri sacerdoti (essendo ufficio di grande onore quello della predicazione) voglion tutti predi¬care, e cercano collezioni di sermoni ed altro, dicen¬do di voler con questo edificare il popolo. Io farò qualche poco di bene nella Chiesa, dice costui. Ma ecco ciò che segue: «Nella sua vita rifondò la casa». La vita peccatrice non è vita, ma morte. Intendi dunque: nella vita sua santa, cioè colla vita e col buon esempio. Pregate, pregate il Signore che mandi buoni e santi sacerdoti, che sostengano la casa, cioè la Chiesa tutta, che minaccia una grande rovina... «E nei suoi giorni fu restauratore del tempio. Egli parimente fondò l'altezza del tempio». Questa altezza del tempio è lo stato perfetto di alcuni che sono nel clero, cioè dei religiosi. Onde il Vescovo (dev'essere perfetto, perché è in stato perfetto). I religiosi sono in stato di perfezione, perché pronunziano i voti e si obbligano a cose che conducono a perfezione di vita. E tra i religiosi, ancora noi siamo dell'Ordine de' Predicatori. Quando debbano esser perfetti i predicatori, consideratelo da quanto dice: «Alte mura attorno al tempio». Ciascuno, in ogni arte, considera il nome di essa, e si vergogna se egli non agisca in conformità di quel nome; come, ad esempio, il soldato se è timoroso, se fugge. Considerate dunque voi stessi e il nome vostro. «Si acquistò gloria vivendo in mezzo alla gente». Poiché del beato Domenico si dice che la sua conversazione fu ilare sempre e graziosa; e che perciò egli era amato con affetto mirabile da tutti. Poiché egli volle avere i conventi nelle città, e volle conversare cogli uomini per poter giovare a tutti; ed occupava la giornata a vantaggio del prossimo e dava la notte a Dio: predicava la carità che dilata il cuore e rende tutto più facile. «Molto largo è il tuo comandamento», dice il salmo, ed ancora: «Io corro la via dei tuoi comandamenti, perché hai dilatato il mio cuore» (Sal 118, 32), ond'è che interrogato da un tale ove egli trovasse tante belle esposizioni, rispose: Nel libro della carità. E voi, o fratelli, che volete apprendere le Scritture, che volete predicare: abbiate la carità ed essa vi ammaestrerà. Abbi la carità e intenderai la carità. E perché tutto egli dedito alla carità del prossimo per condurlo sulla retta strada coll'orazione, colla predicazione o coll'esempio, e a tale scopo offrì se stesso olocausto a Dio in odore di soavità, perciò segue: «Come incenso che brucia nel fuoco», cioè nel fuoco dello Spirito Santo, in quello della carità del prossimo e in quello delle tribolazioni: tutte queste cose salivano al cospetto di Dio come soavissimo odore. E finalmente egli divenne tutto carità e sapienza, tutto adorno di virtù.

RESPONSORIO cfr. Lc 14,17
Il Padre di famiglia manda il suo servitore per invitare il mondo alle nozze dell'Agnello, all'ora del pranzo, * promettendo le inesauribili gioie della vita.
Per questo meraviglioso banchetto Egli invia come araldo san Domenico,
promettendo le inesauribili gioie della vita.

Oppure: Dalla «Storia dell'Ordine dei Predicatori»
(Libellus de Principiis O.P:; Acta canoniz. sancti Dominici; Monumenta O.P. Mist. 16, Romae 1935, pp. 30 ss., 146-147)
O parlava con Dio, o parlava di Dio Domenico era dotato di grande santità ed era sostenuto sempre da un intenso impeto di fervore divino. Bastava vederlo per rendersi conto di essere di fronte a un privilegiato della grazia. V'era in lui un'ammirabile inalterabilità di carattere, che si turbava solo per solidarietà col dolore altrui. E poiché il cuore gioioso rende sereno il volto, tradiva la placida compostezza dell'uomo interiore con la bontà esterna e la giovialità dell'aspetto. Si dimostrava dappertutto uomo secondo il Vangelo, nelle parole e nelle opere. Durante il giorno nessuno era più socievole, nessuno più affabile con i fratelli e con gli altri. Di notte nessuno era più assiduo e più impegnato nel vegliare e pregare. Era assai parco di parole e, se apriva la bocca, era o per parlare con Dio nella preghiera o per parlare di Dio. Questa era la norma che seguiva e questa pure raccomandava ai fratelli. La grazia che più insistentemente chiedeva a Dio era quella di una carità ardente, che lo spingesse a operare efficacemente alla salvezza degli uomini. Riteneva infatti di poter arrivare a essere membro perfetto del corpo di Cristo solo qualora si fosse dedicato totalmente e con tutte le forze a conquistare anime. Voleva imitare in ciò il Salvatore, offertosi tutto per la nostra salvezza. A questo fine, ispirato da Dio, fondò l'Ordine dei Frati Predicatori, attuando un progetto provvidenziale da lungo accarezzato. Esortava spesso i fratelli, a voce e per lettera, a studiare sempre l'Antico e il Nuovo Testamento. Portava continuamente con sé il vangelo di Matteo e le lettere di san Paolo, e meditava così lungamente queste ultime da arrivare a saperle quasi a memoria. Due o tre volte fu eletto vescovo; ma egli sempre rifiutò, volendo piuttosto vivere con i suoi fratelli in povertà. Conservò illibato sino alla fine lo splendore della sua verginità. Desiderava di essere flagellato, fatto a pezzi e morire per la fede di Cristo. Gregorio IX ebbe a dire di lui: «Conosco un uomo, che seguì in tutto e per tutto il modo di vivere degli apostoli; non v'è dubbio che egli in cielo sia associato alla loro gloria».

Oppure: J.-R. Bouchet, Sant Dominique devant sa mort, pp. 591 -592
Sotto i piedi dei miei fratelli
Domenico, «sentendosi prossimo alla morte, chiamò frate Ventura e i fratelli. Questi si recò da lui insieme con una ventina di fratelli e, quando gli furono tutti intorno, cominciò ad ammonirli». Poi Domenico si mise a pregare; parafrasando la preghiera sacerdotale di Gesù, affidò la sua comunità al Signore. Come i fratelli iniziarono a recitare la preghiera dei morenti, Domenico ordinò loro di attendere. «Allora il priore gli disse: "Padre, voi sapete in quale desolazione e in quale tristezza ci lasciate: ricordatevi di noi e pregate per noi presso il Signore". Frate Domenico levò gli occhi e le mani verso il cielo e disse: "Padre santo, tu lo sai, ho cercato con tutto il cuore di fare la tua volontà, e quelli che tu mi hai dato io li ho custoditi e conservati. Ora te li consegno a mia volta: conservali e custodiscili". Anche nell'atto della sua morte Domenico resta il fondatore, colui che si fa carico dei fratelli. (...) Nella Chiesa era apparso assai presto l'uso di farsi seppellire accanto al corpo dei martiri. Essere seppellito accanto al corpo di un santo costituisce una promessa di «buona risurrezione». Molti racconti di morte attestano questa consuetudine universale di cui possediamo tuttora evidenti testimonianze: lapidi tombali nelle cattedrali e cimiteri attorno alle chiese di campagna. Domenico muore a Bologna. Durante la malattia si trova in un monastero; temendo di esservi sepolto, chiede di essere riportato dai suoi frati a Bologna. Gli vien chiesto quale luogo abbia scelto per la propria sepoltura. Non dice, come senz'altro si attendevano alcuni: «accanto a tale o talaltro santo», oppure «presso tale altare», bensì: «sotto i piedi dei miei fratelli». Alcuni biografi di Domenico hanno visto in questa frase una dimostrazione di umiltà, ed è così che abi-tualmente si è inteso questo testo. Ma è necessario andare più lontano. Per la propria sepoltura Domenico, come i suoi predecessori o i suoi contemporanei, sceglie, sì, un luogo santo, ma per lui il luogo santo per eccellenza non sono le reliquie, bensì la comunità. Perciò è là, vicino ai suoi fratelli, sotto i loro piedi, servitore, che attenderà al sicuro la risurrezione dell'ultimo giorno. I fratelli l'hanno percepito e hanno custodito il ricordo di questa frase, così in sintonia con tutta la vita di Domenico e con il suo insegnamento: nessuno fu uomo di comunione più di lui.

Oppure:
Da «I nove modi di pregare di san Domenico», (Ed. I. Taurisano, ASOP. XV. 1922. pp. 96-97, 99-100)
L'orazione del santo Padre Domenico. Il primo modo consisteva nell' umiliarsi dinanzi all'altare, come se Cristo, che nell'altare è signifcato, fosse li presente realmente e personalmente, non soltanto in simbolo. E ciò egli faceva, secondo quel detto di Giuditta: «Degli umili e dei mansueti Ti fu sempre gradita la supplica» (Gdt 9,16); o anche secondo quest'altre parole: «lo non sono degno che Tu entri sotto il mio tetto» (Mt 8, 8), «fino ad ora, o Signore, mi sono prostrato dinnanzi a Te» (Sal 146,6). Fu del resto per l'umiltà che la cananea ed il figliulo prodigo ottennero ciò che domandavano. Dopo aver pregato in tal modo, il santo Padre riassumeva la posizione eretta, poi inclinava il capo e fissando con umiltà il Cristo, suo vero capo, confrontava la di Lui eccellenza con la propria bassezza e tutto si scioglieva nell'ossequio a Lui. Egli insegnava ai frati a fare altrettanto quando passavano davanti al Crocefisso, affinchè Cristo che tanto si è umiliato per noi, li vedesse umiliati davanti alla sua Maestà. Analogo segno di umiltà egli lo esigeva dai frati in onore di tutta la Trinità, quando recitavano solennemente il versetto: «Gloria al Padre, e al Figlio, e allo Spirito Santo». In seguito san Domenico, davanti all'altare e nel Capitolo, fissava lo sguardo sul Crocefisso, contemplandolo con una incomparabile penetrazione, e davanti a Lui si genufletteva più volte. Succedeva così, che qualche volta, da dopo Compieta fino a mezzanotte, ora si alzava, ora si metteva in ginocchio, a imitazione dell'apostolo Giacomo e di quel lebbroso del Vangelo, che genuflesso diceva: «Signore, se vuoi, puoi mondarmi» (Lc 5,12; Mt 8,2). E in ginocchio come Stefano, gridava a gran voce: «Non imputar loro questo peccato» (At 7,59). Sorgeva allora nel santo Padre Domenico un sentimento di grande fiducia nella misericordia di Dio nei suoi riguardi, in quelli di tutti i peccatori e per la perseveranza dei frati più giovani ch'egli inviava a predicare. Alle volte non riusciva a trattenere la voce, sicché i frati lo sentivano dire: «E’ verso di Te che io grido, o Signore; non restar sordo alla mia voce, non essere silenzioso con me,...» (Sal 27,1), e altre simili parole della Sacra Scrittura. Altre volte, invece, parlava in cuor suo e la sua voce non si udiva affatto: allora restava in ginocchio, qualche volta anche per molto tempo, come in uno stato di stupore. Qualche altra volta, in tale atteggiamento sembrava che il suo intelletto penetrasse il cielo e, sommerso da una gioia celestiale, asciugava le lacrime che gli scorrevano sul volto. Si accendeva allora tutto di gran desiderio, come un assetato che giunge a una fonte, come un pellegrino quando ormai è vicino alla patria. E la sua animazione e il suo ardore crescevano, come lo si poteva arguire dall'agilità dei suoi movimenti che conservavano, però, tutta la loro compostezza, sia quando si inginocchiava, che quando si rialzava. Era talmente abituato a genuflettersi che anche in viaggio e negli ospizi, e perfino lungo la strada, nonostante la fatica del cammino, mentre gli altri dormivano o si riposavano, lui tornava alle sue genuflessioni, come se si trattasse di una sua arte o mestiere speciale. E con questo suo esempio, più col fare che col dire, insegnava ai frati questa maniera di pregare.

Responsorio Cfr. Sir 48, 1; Ml 2, 6
Simile al fuoco, sorse un nuovo araldo della salvezza. * La sua parola bruciava come fiaccola.
Un insegnamento fedele era sulla sua bocca, né c'era falsità sulle sue labbra.
La sua parola bruciava come fiaccola.

Orazione
Guida e proteggi, Signore, la tua Chiesa per i meriti e gli insegnamenti del Padre san Domenico: egli, che fu insigne predicatore della tua verità, interceda come nostro patrono davanti a te. Per il nostro Signore.

Oppure: O Dio di tenerezza e di bontà, sii benedetto per Domenico, predicatore povero del tuo Vangelo tra gli uomini e contemplativo ardente al cuore della tua chiesa: concedici di mettere in pratica la tua parola e saremo fedeli testimoni di Gesù Cristo nostro unico Signore.

Adiuvet Ecclésiam tuam, Dómine, beátus Domínicus méritis et doctrínis, atque pro nobis efficiátur piíssimus intervéntor, qui tuae veritátis éxstitit praedicátor exímius. Per Dóminum.

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