domenica 26 gennaio 2014

La Decompositione del cattolicesimo

Le “profezie” sul Concilio del canonico Roca





(Opportune Importune)  I normalisti all’interno della Chiesa cercano di convincersi, e di convincere noi, che la rivoluzione conciliare ha avuto inizio con il postconcilio, e non con il Concilio. Secondo loro – appoggiati in questo anche dalle pie speculazioni di Benedetto XVI e dalla sua ermeneutica della continuità - il Concilio sarebbe evento cattolico, il quale sarebbe stato stravolto e distorto durante il postconcilio, sino a condurre alla crisi attuale. In pratica, i normalisti negano un rapporto di causalità tra il Concilio e la sua applicazione successiva. Essi non negano la situazione disastrata in cui si trova la Chiesa, ma non ne attribuiscono le cause all’assise romana. Temono, in verità, che laddove essi dovessero riconoscere che un Concilio Ecumenico abbia insegnato errori dottrinali, si dovrebbe dedurne che i Papi che lo presiedettero non abbiano esercitato il proprio Magistero, non solo venendo meno alla propria funzione di difensori della Verità rivelata, ma anche favorendo la diffusione dell’errore tra i fedeli. Insomma, per paura delle conseguenze, negano le premesse. Essi si trovano quindi costretti ad abbracciare aprioristicamente un postulato indimostrabile. 
Sotto un profilo morale, questo comportamento è gravissimo: anzitutto perché non è possibile curare un malato basandosi semplicisticamente sugli effetti del male, e non sulle sue cause. In secondo luogo, perché la crisi attuale – che coinvolge Fede, Morale, Liturgia e disciplina della Chiesa – costituisce una causa di dannazione per moltissime anime, ad opera della stessa Chiesa che viceversa dovrebbe salvarle. In terzo luogo, perché il rendersi ciechi dinanzi all’evidenza della débâcle conciliare è gesto da irresponsabili, da pusillanimi o da complici: specialmente allorché il semplice raziocinio ci dimostra quello che, ad un’analisi storica e documentale approfondita, i fatti ci confermano. D’altronde, se esaminiamo le Sacre Scritture, troviamo anticipata la situazione presente. 
Molti eminenti studiosi hanno permesso di scoprire le manovre dei modernisti nell’imminenza del Concilio e durante il suo svolgimento, e la perfetta corrispondenza di quanto essi si prefiggevano con quanto poi effettivamente è avvenuto dal postconcilio ad oggi. Merita tuttavia una qualche riflessione anche un passo più indietro nel tempo: analizzare la corrispondenza sussistente tra i piani dei nemici della Chiesa e la loro realizzazione durante e dopo il Concilio. In sostanza, chiediamoci se vi fu qualcuno che, in epoca antecedente al Concilio stesso, programmò di servirsene per diffondere dottrine eretiche, in modo da ottenere la distruzione della Chiesa usando i suoi stessi strumenti di governo e di magistero. 
Il ragionamento, che sinora si è sviluppato risalendo dagli effetti alle cause – vista la crisi del postconcilio (effetto), si può supporre che l’origine sia il Concilio (causa) – possiamo ora procedere nell’altro senso: se il Concilio fu la causa della crisi postconciliare, possiamo supporre che vi fu chi pianificò in anticipo questo piano perverso, con una strategia ed una tattica volte ad ottenere uno specifico risultato? Vi è una mens nel succedersi degli eventi, o è tutto accaduto per caso? In questo modo, identificando la causa (una mens) di quella che noi riteniamo essere a sua volta la causa (il Concilio) della crisi (il postconcilio), saremo in grado di dimostrare questa relazione necessaria e di escludere le tesi dei normalisti
Prima di tutto chiediamoci se l’idea di convocare un Concilio Ecumenico sia stata affrontata da qualche Papa, prima del 1962. Scopriremo allora che sin dai tempi di Pio XI l’ipotesi fu scartata, perché molti Cardinali e Prelati, e lo stesso Pontefice, avevano saputo che la setta modernista avrebbe potuto utilizzare il Concilio per scavalcare le condanne papali e diffondere le proprie tesi ereticali. Il Cardinal Boggiani affermò, nel corso del Concistoro segreto del 23 Maggio 1923, che le idee moderniste erano diffuse nel clero e nell’Episcopato: “Questa mentalità può portare alcuni Padri a presentare mozioni, ad introdurre metodi incompatibili con le tradizioni cattoliche”. Il Cardinal Billot disse: “I peggiori nemici della Chiesa, i modernisti, si stanno già preparando, come tutto sembra indicare, per portare avanti la rivoluzione all’interno della Chiesa, un nuovo 1789”. La percezione del pericolo gravissimo incombente sulla Chiesa, e dell’imminente attacco del Maligno, dissuasero Pio XI e Pio XII dall’indire un Concilio, mentre si cercò di rafforzare le difese interne grazie ad un più fermo governo da parte del Papa e dei suoi più stretti collaboratori.
Anche qui troviamo una conferma al nostro assunto: siccome la Chiesa aveva ben chiari i piani del nemico e i mezzi che esso si prefiggeva di utilizzare per giungere al proprio scopo, l’unica risposta ragionevole era impedire la celebrazione di un Concilio Ecumenico, al di là delle pie intenzioni che avrebbero potuto teoricamente ispirarlo. Un’azione di prudente realismo, in modo da combattere il nemico in campo aperto, senza lasciarlo infiltrare nella cittadella, dove avrebbe potuto causare un danno incalcolabile.
Non dimentichiamo che la promessa del Salvatore – Portae inferi non praevalebunt - non significa che la Chiesa non si debba confrontare con lotte terribili contro il nemico, al contrario: proprio in ragione di questa eterna guerra senza quartiere tra Cristo e Satana sappiamo che la vittoria finale è certa, ma sappiamo anche che dobbiamo combattere tutte le battaglie, vincendone alcune e perdendone altre. E teniamo ben presenti gli ammonimenti di Nostro Signore circa gli ultimi tempi, l’avvento dell’Anticristo e dei suoi precursori, i falsi profeti, oltre agli ammonimenti che la Vergine Ss.ma si è degnata di darci a Fatima e a La Salette.
«Hostis noster, cui mille nocendi artes, tam variis expugnandus est telis, quam oppugnat insidiis» (Detto da San Paolino da Nola a Sant’Agostino, in S. Aug., Ep. XXV, 2). 
Abbandonarsi con fatalismo fideista al corso degli eventi non è atteggiamento cristiano. Né può considerarsi cristiano l’atteggiamento di chi, aderendo ad un irenismo ispirato guarda caso proprio dall’avversario, presume che egli deponga a sua volta le armi per il semplice fatto di aver dinanzi a sé un nemico disarmato. Ben al contrario, egli approfitterà della sua debolezza per colpirlo con maggior efficacia. Dice infatti la Scrittura: Induite vos armaturam Dei, e poco oltre: in omnibus sumentes scutum fidei (Eph., VI, 11 et 16). Una battaglia, la nostra, che non è contro la carne e il sangue, ma adversus principes, et potestates, adversus mundi rectores tenebrarum harum, contra spiritualia nequitiae, in caelestibus (ibid. 12). 
A dimostrare che il nemico non è comparso da un giorno all’altro, a Concilio concluso, per irretire le anime dei cattolici, ma che agisce con largo anticipo, parleremo di un personaggio che nei suoi scritti ha dimostrato che sin dall’Ottocento era in atto un piano di infiltrazione nella Chiesa, da realizzarsi per il tramite di un Concilio Ecumenico, finalizzato al raggiungimento di una serie di risultati che hanno poi trovato puntuale realizzazione negli ultimi cinquant’anni
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Alcuni dei lettori avranno forse sentito parlare del canonico Paul Roca (1830-1893): fu antesignano del modernismo e nei suoi scritti eretici anticipò non poche istanze del Concilio Vaticano II. Studiò a Parigi presso l’Ecole des Hautes Etudes Ecclésiastiques dei Carmelitani e venne ordinato nel 1858. Insegnò al Seminario minore di Prades fino al 1865. Amico di Mons. Ramadié – suo Vescovo e notorio anti-infallibilista, amico e discepolo di Mons. Dupanloup - fu primo direttore del Gran Collegio Cattolico di San Luigi Gonzaga a Perpignan, quindi venne nominato canonico onorario nel 1869. Con l’avvento del governo anticlericale e la soppressione del Collegio San Luigi, lasciò l’insegnamento e poco dopo abbandonò il ministero sacerdotale, venendo cancellato dall’Annuario Diocesano. 
Visse per dieci anni a Barcellona come precettore presso una famiglia francese, ma per le sue idee liberali, socialiste e antiromane fu sospeso dal Vescovo di Perpignan e da quello di Barcellona. Nel 1882 chiese ed ottenne di essere riaccolto in Diocesi, e venne inviato a Roma per un periodo di ritiro. Quivi conobbe il gesuita padre Carlo Maria Curci, fondatore de La Civiltà Cattolica e noto progressista con idee socialiste e antipapali, le cui opere Il Vaticano Regio, tarlo roditore della Chiesa cattolica  e Il Socialismo Cristiano furono messe all’Indice da Leone XIII (Padre Curci venne espulso dall’Ordine ignaziano nel 1877). Nel 1883 l’abate Roca terminò la prima edizione del suo libro Le Christ, le Pape et la Démocratie, e provò a farsi ricevere in udienza da Leone XIII, senza esito. Chiese quindi di incontrare il Card. Ludovico Jacobini, Segretario di Stato, e il segretario personale del Papa, mons. Gabriele Boccali, ai quale espose le sue teorie antipapiste e antimonarchiche. Il manoscritto, visionato anche da papa Pecci, gli fu restituito senza commenti. Ci si potrebbe chiedere per qual ragione la Gerarchia non lo condannò immediatamente…
In viaggio a Ginevra, incontrò dei teologi protestanti e dei filosofi illuministi, e partecipò a cerimonie esoteriche. Entrò in contatto e frequentò anche la setta dell’abate Joseph-Antoine Boullan, un ex prete satanista francese, amico di  Joris Karl Huysmans. Il canonico Roca viaggiò in Spagna, Portogallo, Italia e Svizzera, per poi partire alla volta dell’America nel 1883, dove intrattenne rapporti con gli esponenti di varie denominazioni protestanti, sette massoniche, gruppi iniziatici. A Nuova Orléans conobbe anche padre Hyacinthe Loyson, famoso predicatore, poi spretatosi, sposatosi e dichiarato eretico dopo la proclamazione dell’Infallibilità pontificia; la frequentazione di padre Hyacinthe e un articolo che egli scrisse in sua difesa sul giornale diocesanoL’Abeille - nel quale tra l’altro anticipava le tesi dell’ecumenismo che si sarebbero diffuse qualche decennio più tardi – gli meritò l’interdizione di celebrare, decretata da Mons. Leray. 
Dopo il viaggio americano, Roca tornò a Parigi, e prese casa a Neuilly. Qui diede alle stampe le sue opere: la seconda edizione di Le Christ, le Pape et la Démocratie, nel quale accusa la Chiesa e il Papato di ostacolare la libertà, la scienza, la democrazia, i sacri principii del 1789 e i Diritti dell’Uomo (tutti principj accolti oggi dalla chiesa conciliare). Per salvare il mondo, dice il canonico, sarebbe necessario tornare al Vangelo dei tempi primitivi (tesi che ritroveremo tra le istanze dei conciliaristi). Il 6 Giugno 1884 il Vescovo di Perpignan, mons. Caraquel, lo sospese nuovamente a divinis
Nel 1884 pubblicò anche L’abbé Gabriel et Henriette sa fiancée, un feuilleton nel quale si scagliò contro il Sacro Celibato ecclesiastico. L’anno successivo, diede alle stampe La crise fatale et le salut de l’Europe, nel quale auspicò la creazione di un governo mondiale, la sinarchia, che consideri tutte le religioni uguali e dia al Papa una semplice funzione di presidenza morale (sul modello di Assisi). Nel 1886 uscì La fin de l’Ancien Monde, in cui preconizzò la fine della società cristiana e della vecchia religione.
A questo punto fu convocato alla Nunziatura di Parigi per un ammonimento formale, senza alcun esito. Nel 1888 le sue opere sino ad allora pubblicate furono messe all’Indice.
La messa all’Indice delle opere del canonico Roca, 17 Dicembre 1888
Nel 1889, ribelle agli ordini di Roma, pubblicò Monde Nouveau. Glorieux Centenaire 1889, nel quale sintetizzò quanto recepito dalle sue frequentazioni in ambienti esoterici, massonici, eretici e legati al satanismo: il Cristianesimo profetizzato dal canonico Roca avrebbe avuto una nuova esegesi, nuovi dogmi (in particolare quelli del peccato originale e della Redenzione), un nuovo assetto sociale che avrebbe influito su un nuovo ordine politico, sindacale, federativo e associativo; un nuovo sacerdozio (egli chiamò i nuovi preti progressisti) e un nuovo papato. 
Dal 1890 al 1891 pubblicò il settimanale L’Anticlérical roussillonnais, poi divenuto Le Socialiste chrétien. Fu anche redattore capo e articolista di L’Etoile, un mensile fondato nel 1889, che aveva come sottotitolo: Kabbale messianique, Socialisme chrétien, Spiritualisme expérimental, Littérature et Art.
Le liaisons dangereuses dell’abate Roca lasciano capire in quali conventicole egli abbia potuto contaminarsi di errori, eresie, culti pagani e luciferini, idee massoniche e rivoluzionarie: Chamuel, il suo editore, che praticava riti gnostici valentiniani; François Charles Barlet, cabalista e rosacroce;Papus (Gérard Encausse), cabalista massone e fondatore dell’Ordine Martinista; Oswald Wirth, esoterista, massone e discepolo del satanista Eliphas Levi; l’occultista rosicruciano e satanista francese Stanislas de Guaita, per il quale Erik Satie compose nel 1890 la Sonneries de la Rose+CroixSaint-Yves d’Alveydre, esoterista amico di Papus e teorizzatore dellasinarchia ecumenista; il cabalista rosacroce Joseph Péladan; l’esoterista Alber Jhouney; la fondatrice della Società teosofica d’Oriente ed OccidenteLady Caithness, che fu anche sua benefattrice; Pierre-Michel Vintras, eretico condannato da Papa Gregorio XVI, fondatore della Chiesa del Carmelo, cui succedette il prete apostata e satanista Joseph-Antoine Boullan, che fu amante di una suora sedicente mistica e da cui ebbe un figlio che immolò a Lucifero. Roca prese parte ai riti della setta deiNuovi Magi, un gruppo iniziatico di laici che si credeva investito dell’ordine sacerdotale in virtù del Battesimo (il famoso sacerdozio comune dei fedeli che ritroveremo al Concilio).
Le idee del canonico Roca.
Il canonico Roca fu strenuo sostenitore della setta infame, a cui riconobbe un ruolo quasi missionario: «Il Vangelo è il rituale massonico delle idee razionali, i cui germi crescono nella nostra comprensione. La massoneria è dunque chiamata a realizzare sulla terra delle idee evangeliche».
dogmi vengono da lui interpretati non nel senso ortodosso, ma in chiave iniziatica e misterica. I miracoli sono invece rifiutati senza appello, in nome del razionalismo naturalista: «Non vi è mistero che debba sempre rimaner tale! Non vi è miracolo di cui non si giunga prima o poi a scoprire la legge e a riprodurre gli effetti con un metodo sicuro. Ne consegue che non vi è tradizione sacra che non si possa riuscire a dimostrare razionalmente al momento opportuno».
Il Papa, in quanto Sovrano temporale, viene indicato come causa della decadenza della Chiesa e ne auspica un ridimensionamento in chiave meramente spirituale e morale. «C’è un sacrificio da compiere, che rappresenta un solenne atto di espiazione… il Papato cadrà; morirà per mano del coltello consacrato che gli stessi Padri dell’ultimo concilio avranno forgiato. Il Papa-Cesare è la vittima coronata per il sacrificio». Pare che questo sciagurato auspicio stia trovando compimento proprio in questi ultimi mesi.
L’abate scomunicato Calixte Melinge (1842-1933), noto anche con lo pseudonimo di Alta, discepolo di Péladan (e che a questi succedette al Supremo Consiglio dell’Ordine Kabalistico della Rosa+Croce quando Péladan lo abbandonò per fondare l’Ordine cattolico della Rosa+Croce e del Graal), teorizzava di sostituire il governo della Chiesa con un Pontificato pluriconfessionale, capace di adattarsi ad un ecumenismo polivalente. Riteniamo molto probabile che queste idee, peraltro formulate nello stesso periodo e sempre in Francia, fossero ben note anche al nostro canonico.
Roca considera il Papato come un’istituzione destinata ad evolversi in qualcos’altro. «Il papato romano è una maceria di quel che fu, e un abbozzo di ciò che sarà, un ricordo e una speranza». Poiché secondo lui la Redenzione consiste nella salvezza del cosmo, essa verrà compiuta dal Cristo sociale o  dal cristianesimo sociale, per mezzo della democrazia e con il coinvolgimento del proletariato. Prevede a tale scopo l’istituzione dei sindacati e – cosa curiosa – degli Stati Uniti d’Europa. Roca auspica l’avvento di una divina sinarchia, con una costituzione che dovrà raccogliere tutti i popoli sotto un grande parlamento, al cui interno tutte le religioni saranno rappresentate. In questo conglomerato, il Papa non avrà più che un primato spirituale e la identità cattolica sarà praticamente irrilevante. Un altro punto interessante è l’avvento del femminismo: «Annuncio il prossimo avvento della donna, e del suo ministero religioso e sociale» e del sacerdozio femminile: «L’ammissione della donna all’altare, la sua ordinazione, la sua consacrazione per l’offerta pubblica del sacrificio, tutto questo proviene dalla gnosi sacra e fa parte essenziale del grande deposito della tradizione».
In ambito ecclesiastico, Roca prevede un cambiamento totale del Papato, dei Sacramenti, della Liturgia; l’abbandono della veste talare, il matrimonio dei sacerdoti, la secolarizzazione. Come? Attraverso un Concilio: «Solo un concilio può risolvere questi problemi, e le domande ad essi relative, riproducendo nell’ordine ecclesiastico lo spettacolo che diedero, nell’ordine politico, gli Stati Generali di Francia nel 1789». 
A tal proposito aggiunge: «Credo che il culto divino, così come è regolato dalla liturgia, dal cerimoniale, dal rituale e dai precetti della Chiesa romana, subirà prossimamente, nel corso di un concilio ecumenico, una trasformazione che, pur restituendogli la venerabile semplicità dell’età dell’oro apostolica, lo metterà in armonia con il nuovo stato della coscienza e della civiltà moderna». 
E continua: «Ne uscirà una cosa che provocherà lo stupore del mondo e che lo getterà in ginocchio davanti al suo Redentore. Questa cosa sarà la dimostrazione del perfetto accordo tra gli ideali della civiltà moderna e quelli di Cristo e del suo Vangelo. Sarà la consacrazione del Nuovo Ordine Sociale e il solenne battesimo della civiltà moderna». Ecco preconizzati l’apertura e il dialogo con il mondo, inaugurati da Giovanni XXIII al Concilio. 
Circa i sacerdoti afferma: «Essi ricopriranno incarichi civili, nazionali, comunali, famigliari, al municipio come al focolare domestico. La piaga purulenta del celibato, fonte di corruzione e sterilità presso tutti i popoli che hanno subito questo flagello, scomparirà anche dalle caserme, il giorno in cui sarà scomparsa nei presbiterj». Ecco come Roca prevede il suo nuovo mondo
Ovviamente Roca detesta i Gesuiti, l’Inquisizione, tutti i Monarchi, Mons. Gerbet, che fu tra gli ispiratori del Syllabus, e in particolare odia Ildebrando, ossia San Gregorio Magno, che accusa di essere all’origine di tutti mali della società e della Chiesa.
Estremamente presuntuoso e pieno di sé, giunge a confidare di aver ricevuto l’incoraggiamento a scrivere da eminenti Prelati di Curia e dall’Arcivescovo di Parigi: «Il Segretario di Stato di Sua Santità Leone XIII, mons. Jacobini, al quale offrivo un giorno la possibilità di spezzare la mia penna a patto che accettasse di assumersene la responsabilità dinanzi a Dio, mi rispose: “Me ne guarderei bene!” E il Cardinal Guibert, arcivescovo di Parici, mi disse benedicendomi: “Potreste aver ragione; l’avvenire ce lo dirà”. Citerei anche altre testimonianze, se non temessi di essere indiscreto. Davanti a questo atteggiamento attendista della Chiesa romana, inizio a sperare circa la sua fedeltà al Santo Vangelo di Gesù Cristo. Non sono stato né condannato, né censurato: è tutto dire». Non sappiamo se questa arroganza avesse un fondo di verità, se cioè Roca potesse confidare nella protezione di qualche personaggio di spicco nella Gerarchia, anche se pare poco verosimile. 
La condanna e la censura canonica arrivarono prima nel 1888 dalla Santa Sede e poi nel 1890 dal Vescovo di Perpignan, con la sospensione a divinis, l’interdizione di usare il titolo monsignorile, la riduzione allo stato laicale e il divieto l’abito ecclesiastico. 
Quasi cieco, si ritirò in miseria presso dei parenti a Néfiach, dove morì di un colpo apoplettico la notte del 10 Settembre 1893. Poco prima di lasciare questo mondo, Roca chiese di ricevere i Sacramenti e di poter essere riconciliato con la Chiesa, in modo da avere esequie ecclesiastiche. Ma quando, col permesso del Vescovo, il suo parroco gli portò il Viatico, egli si rifiutò di ritrattare i propri errori e ribadì di voler morire nella fede esoterica. Fu sepolto con esequie civili in terra non consacrata. La croce che i suoi amici eretici gli fecero porre sulla tomba venne divelta poco dopo, cosicché oggi non si sa dove sia il luogo della sua sepoltura. 
Conclusione
Abbiamo documentato – dagli scritti di un personaggio che ebbe assidui contatti con la Massoneria, il satanismo, l’occultismo e l’eresia – che sin dalla fine dell’Ottocento si teorizzava di utilizzare un concilio ecumenico come strumento di diffusione delle idee rivoluzionarie nella Chiesa, in modo da trasformarla in un’istituzione complice del progetto sinarchico ed ecumenico. Abbiamo evidenziato che questo stravolgimento della Chiesa intendeva colpire il Papato, i dogmi, la liturgia, il celibato sacerdotale, il sacerdozio, il ruolo dei laici e delle donne. 
Non crediamo che queste idee siano state partorite dal canonico Roca: pensiamo invece che egli se ne sia fatto portavoce, dopo averle apprese dalle sette che frequentava. 
Ma il punto importante di questa nostra analisi dimostra, senza alcuna possibilità di smentita, che quanto i nemici della Chiesa si prefiggevano ottant’anni prima del Concilio Vaticano II ha trovato quasi completa attuazione a partire da quell’assise che Pio XI e Pio XII ritenevano foriera di gravissimi pericoli per la Cristianità. E in quell’assise preso parte come periti e consultori quanti sino a Pio XII erano stati colpiti dalle censure ecclesiastiche proprio per le loro posizioni eterodosse. Molti teologi eretici diventarono, per ordine di Roncalli e Montini, i veri manovratori del Concilio, mentre gli ortodossi furono messi a tacere o estromessi, e con loro gli schemi preparatori.
Giovanni XXIII era informato delle riserve dei suoi predecessori ad indire un Concilio, e nondimeno lo convocò: «Noi abbiamo giudicato il momento opportuno per offrire alla Chiesa cattolica e a tutta la famiglia umana un nuovo concilio ecumenico». 
Veniamo ad un ultimo fatto, che vede protagonisti due personaggi: il primo è il monaco benedettino belga dom Lambert Beauduin (1873-1960), il quale fu iniziatore, nel 1909, del movimento liturgico che portò alla riforma liturgica del Vaticano II e che fu pioniere dell’ecumenismo con la fondazione del Monastero dell’Unione a Chevetogne, la cui finalità era (ed è tuttora, ovviamente) la ricerca dell’unità tra le chiese attraverso un dialogo alla pari. Oggi il Monastero si vanta di aver anticipato i tempi in un impegno che diverrà dottrina officiale al Concilio Vaticano II. Tanto per dare un’idea del personaggio, si sappia che per le sue idee eterodosse egli fu allontanato dal Monastero dalla Segreteria di Stato e confinato presso l’Abbazia di En-Calcat

Il secondo personaggio à padre Louis Bouyer (1913-2004), un protestante, ordinato nel 1936 pastore luterano e poi convertito al cattolicesimo nel 1939. Nel 1969 scrisse La Décomposition du catholicisme, ne quale mise in rilievo le difficoltà liturgiche e dogmatiche con cui la Chiesa conciliare avrebbe dovuto confrontarsi. Fu nominato due volte da Paolo VI alla Commissione teologica internazionale, prima nel 1969 e poi nel 1974; fu consultore al Concilio per la liturgia, la Congregazione del Culto divino e il Segretariato per l’unità dei Cristiani. 
Ebbene, all’annuncio della morte di Pio XII, l’anziano dom Lambert Beauduin, amico di Roncalli, confidava con entusiasmo a padre Bouyer: «Se leggono Roncalli, tutto sarà salvo: sarebbe capace di convocare il concilio e di consacrare l’ecumenismo».

Quel che è avvenuto è sotto gli occhi di tutti…
(fonte: Opportune Importune)

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