Il mistero gaudioso del sesso.
Ecco come e perché Dio ha creato
il mondo nell’amore
tra maschio e femmina
Pubblichiamo
alcuni estratti dell’intervento del rabbino Jonathan Sacks (con Benedetto XVI è considerato la massima autorità spirituale e morale
ebraica ortodossa in Gran Bretagna) al Colloquio interreligioso internazionale “Humanum – La complementarietà fra uomo e donna”, Roma
17-19 novembre.
Stamattina voglio cominciare la
nostra conversazione raccontando la storia della più bella idea nella storia
della civiltà: l’idea dell’amore che porta nuova vita nel mondo. Ci sono molti
modi di raccontarla. Per me è una storia fatta di sette momenti chiave,
ciascuno dei quali sorprendente e inatteso.
Il primo, secondo un articolo
scientifico apparso di recente, ebbe luogo 385 milioni di anni fa in un lago
della Scozia. Fu allora, secondo la recente scoperta, che due pesci si unirono
per realizzare il primo esempio di riproduzione sessuale noto alla scienza.
Fino ad allora la vita si era propagata in modo asessuato, per divisione
cellulare, gemmazione, frammentazione o partenogenesi: tutte forme più semplici
e più economiche della divisione della vita in maschio e femmina, ciascuno dei
due con un ruolo diverso nella creazione e nel sostentamento della vita. Quando
consideriamo quanto sforzo ed energia richiede la congiunzione del maschio e
della femmina nel regno animale – in termini di esibizione, rituali di
corteggiamento, rivalità e violenze – è stupefacente che la riproduzione
sessuale abbia cominciato a esistere. I biologi non sono sicuri del perché.
Alcuni dicono che era funzionale alla protezione dai parassiti, o
all’immunizzazione da malattie. Altri dicono semplicemente che l’incontro di
opposti genera diversità. Ma in tutti i modi, quei pesci in Scozia scoprirono
qualcosa di nuovo e magnifico, che da allora è stato copiato virtualmente da tutte
le forme di vita evolute. La vita comincia quando il maschio e la femmina si
incontrano e si abbracciano.
Il secondo inatteso sviluppo fu
la sfida unica posta all’Homo sapiens da due fattori: assumemmo la posizione
eretta, che compresse il bacino della femmina, e ci trovammo con cervelli più
grandi (un aumento del 300 per cento), il che volle dire teste più grandi. Il
risultato fu che i cuccioli degli umani cominciarono a venire al mondo più
prematuramente di quelli di qualunque altra specie, e così si trovarono ad
avere bisogno della cura parentale per un tempo molto più lungo. Ciò rese
l’accudimento genitoriale più esigente fra gli umani che fra qualunque altra
specie, opera di due persone anziché di una sola. Da qui il fenomeno – molto
raro fra i mammiferi – del legame di coppia, diversamente dalle altre specie
nelle quali il contributo del maschio tende a concludersi con l’atto della
fecondazione. Fra la maggior parte dei primati, i padri nemmeno riconoscono i
loro figli, oltre a non prendersi cura di loro. Nel resto del regno animale la
maternità è quasi universale, ma la paternità è rara. Perciò quello che emerse
insieme alla persona umana fu l’unione della madre e del padre biologici per
prendersi cura del figlio. Fin qui la natura, ma poi venne la cultura, e con
lei la terza sorpresa.
Monoteismo
e monogamia
Pare che fra i cacciatori-raccoglitori il legame di coppia fosse la norma. Poi sorsero l’agricoltura e i surplus economici, le città e la civiltà, e per la prima volta stridenti ineguaglianze cominciarono a emergere fra ricchi e poveri, potenti e senza potere. I grandi ziggurat della Mesopotamia e le piramidi dell’antico Egitto con la loro base larga e la cima stretta erano affermazioni monumentali di pietra di una società gerarchica nella quale i pochi avevano potere sui molti. E la più ovvia espressione di potere fra i maschi alfa, sia umani che primati, è di dominare l’accesso alle donne fertili e così massimizzare la trasmissione dei propri genî alla generazione seguente. Da qui la poligamia, che esiste nel 95 per cento dei mammiferi e nel 75 per cento delle culture studiate. La poligamia è l’espressione ultima della diseguaglianza, perché significa che molti maschi non avranno mai la possibilità di avere una moglie e un figlio. E l’invidia sessuale è stata, per tutta la storia, fra gli animali come fra gli umani, un fattore primario di violenza. È questo che rende così rivoluzionario il primo capitolo della Genesi, nella sua affermazione che ogni essere umano, indipendentemente dalla classe, dal colore della pelle, dalla cultura o dal credo, è fatto a immagine e somiglianza di Dio stesso.
Pare che fra i cacciatori-raccoglitori il legame di coppia fosse la norma. Poi sorsero l’agricoltura e i surplus economici, le città e la civiltà, e per la prima volta stridenti ineguaglianze cominciarono a emergere fra ricchi e poveri, potenti e senza potere. I grandi ziggurat della Mesopotamia e le piramidi dell’antico Egitto con la loro base larga e la cima stretta erano affermazioni monumentali di pietra di una società gerarchica nella quale i pochi avevano potere sui molti. E la più ovvia espressione di potere fra i maschi alfa, sia umani che primati, è di dominare l’accesso alle donne fertili e così massimizzare la trasmissione dei propri genî alla generazione seguente. Da qui la poligamia, che esiste nel 95 per cento dei mammiferi e nel 75 per cento delle culture studiate. La poligamia è l’espressione ultima della diseguaglianza, perché significa che molti maschi non avranno mai la possibilità di avere una moglie e un figlio. E l’invidia sessuale è stata, per tutta la storia, fra gli animali come fra gli umani, un fattore primario di violenza. È questo che rende così rivoluzionario il primo capitolo della Genesi, nella sua affermazione che ogni essere umano, indipendentemente dalla classe, dal colore della pelle, dalla cultura o dal credo, è fatto a immagine e somiglianza di Dio stesso.
Sappiamo che nel mondo antico a
essere considerati a immagine di Dio erano i governanti, i re, gli imperatori e
i faraoni. Quello che la Genesi dice è che siamo tutti di stirpe reale. Abbiamo
tutti la stessa dignità nel regno della fede sotto la sovranità di Dio. Da ciò
consegue che ciascuno di noi ha un uguale diritto a sposarsi e ad avere figli,
ed è per questo che, a prescindere dall’interpretazione che diamo della storia
di Adamo ed Eva, la norma presupposta da quella storia è: una donna, un uomo.
O, come la Bibbia dice, «per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si
unirà a sua moglie, e saranno una carne sola». La monogamia non divenne
immediatamente la norma, nemmeno in ambito biblico. Ma molte delle sue storie
più famose, come quella della tensione fra Sara e Agar, o di Lea e Rachele e i
loro figli, o di Davide e Betsabea, o delle molte mogli di Salomone, sono tutte
critiche che puntano in direzione della monogamia.
E c’è una profonda connessione
fra il monoteismo e la monogamia, come ce n’è una, nella direzione opposta, fra
idolatria e adulterio. Il monoteismo e la monogamia riguardano la relazione
totale fra un io e un Tu, fra me stesso e un altro, sia esso umano o divino.
Ciò che rende insolito l’apparire della monogamia è il fatto che normalmente i
valori di una società sono imposti dalla classe dominante. E la classe
dominante in ogni società gerarchica ha da guadagnarci dalla promiscuità e
dalla poligamia, entrambe le quali moltiplicano le possibilità dei miei genî di
essere trasmessi alla generazione successiva. Con la monogamia i ricchi e
potenti ci perdono, mentre i poveri e i senza potere ci guadagnano. Il ritorno
della monogamia andava contro la normale direzione del cambiamento sociale e
rappresentò un vero trionfo per l’uguale dignità di tutti. Ogni sposo e ogni
sposa sono di stirpe reale; ogni casa è una reggia quando vi abita l’amore.
Un patto
è come il matrimonio
Il quarto importante sviluppo fu il modo in cui questo trasformò la vita morale. Il lavoro dei biologi con le loro simulazioni al computer e il loro ricorso al “dilemma dei prigionieri” per spiegare perché fra tutti gli animali sociali esista il comportamento altruistico reciproco, ci sono diventati familiari. Noi ci comportiamo con gli altri come vorremmo che gli altri si comportassero con noi, e rispondiamo loro come vorremmo che loro rispondessero a noi. Come ha sottolineato C. S. Lewis nel suo libro L’abolizione dell’uomo, la reciprocità è la regola d’oro comune a tutte le grandi civiltà. Ciò che di nuovo e notevole presentava la Bibbia ebraica, era l’idea che l’amore, e non semplicemente la giustizia, è il principio guida della vita morale. I tre amori: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente»; «Ama il prossimo tuo come te stesso»; «Ama lo straniero perché sai come ci si sente a essere uno straniero». O, detto in un altro modo, come Dio ha creato il mondo naturale nell’amore e nel perdono, così noi siamo incaricati di creare il mondo sociale nell’amore e nel perdono. E quell’amore è una fiamma che viene accesa nel matrimonio e nella famiglia. La moralità è l’amore fra il marito e la moglie e fra il genitore e il figlio, estesi verso l’esterno a tutto il mondo.
Il quarto importante sviluppo fu il modo in cui questo trasformò la vita morale. Il lavoro dei biologi con le loro simulazioni al computer e il loro ricorso al “dilemma dei prigionieri” per spiegare perché fra tutti gli animali sociali esista il comportamento altruistico reciproco, ci sono diventati familiari. Noi ci comportiamo con gli altri come vorremmo che gli altri si comportassero con noi, e rispondiamo loro come vorremmo che loro rispondessero a noi. Come ha sottolineato C. S. Lewis nel suo libro L’abolizione dell’uomo, la reciprocità è la regola d’oro comune a tutte le grandi civiltà. Ciò che di nuovo e notevole presentava la Bibbia ebraica, era l’idea che l’amore, e non semplicemente la giustizia, è il principio guida della vita morale. I tre amori: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente»; «Ama il prossimo tuo come te stesso»; «Ama lo straniero perché sai come ci si sente a essere uno straniero». O, detto in un altro modo, come Dio ha creato il mondo naturale nell’amore e nel perdono, così noi siamo incaricati di creare il mondo sociale nell’amore e nel perdono. E quell’amore è una fiamma che viene accesa nel matrimonio e nella famiglia. La moralità è l’amore fra il marito e la moglie e fra il genitore e il figlio, estesi verso l’esterno a tutto il mondo.
Il quinto sviluppo ha
caratterizzato l’intera struttura dell’esperienza ebraica. Nell’antico Israele
una forma di accordo originariamente secolare, chiamata patto, fu presa e
trasformata in un nuovo modo di pensare la relazione fra Dio e l’umanità, nel
caso di Noè, fra Dio e un popolo nel caso di Abramo e più tardi degli israeliti
al Monte Sinai. Un patto è come un matrimonio. È un impegno di lealtà reciproca
e di fiducia fra due o più persone a lavorare insieme per ottenere insieme ciò
che da solo nessuno dei due potrebbe ottenere. E c’è una cosa che nemmeno Dio
può ottenere da solo: vivere nel cuore umano. Per questo ha bisogno di noi.
Perciò la parola ebraica “emunah”, erroneamente tradotta come fede, in realtà significa
fedeltà, lealtà, costanza, non abbandonare quando si fa dura, avere fiducia
nell’altro e onorare la fiducia dell’altro verso di noi. Ciò che il patto
operò, come vediamo in molti profeti, fu di far comprendere la relazione fra
noi e Dio nei termini del rapporto fra sposo e sposa, fra moglie e marito.
L’amore divenne non solo la base della moralità, ma anche della teologia.
Nell’ebraismo la fede è un matrimonio. (…)
Questo ci conduce a una sesta
idea: che la verità, la bellezza, la bontà e la vita non esistono in nessuna
persona o entità a sé stante, ma nel “fra”, ciò che Martin Buber ha chiamato
l’interpersonale, il contrappunto del parlare e ascoltare, del dare e ricevere.
Attraverso tutta la Bibbia e la letteratura rabbinica, il veicolo della verità
è la conversazione. Nella rivelazione Dio parla e ci chiede di ascoltare. Nella
preghiera noi parliamo e Dio ascolta. Non c’è mai una voce sola. Nella Bibbia i
profeti discutono con Dio. Nel Talmud i rabbini discutono fra di loro. In
effetti a volte io penso che Dio abbia scelto il popolo ebraico perché Gli
piace discutere. (…) Il profeta Malachia dice che «le labbra del sacerdote
dovrebbero custodire la conoscenza e dalla sua bocca uno dovrebbe cercare la
legge». Il libro dei Proverbi della donna di valore dice che «apre la sua bocca
con sapienza, e sulla sua lingua c’è la legge della bontà». È questa
conversazione fra voci maschili e femminili, fra verità e amore, fra giustizia
e misericordia, legge e perdono, che caratterizza la vita spirituale. Nei tempi
biblici ogni ebreo doveva dare un mezzo siclo al Tempio per ricordarci che
siamo solo una metà. Ci sono culture che insegnano che non siamo nulla. Altre
che insegnano che siamo tutto. Il punto di vista ebraico è che siamo una metà e
che dobbiamo aprirci a un altro se vogliamo diventare un intero.
Ciò che era unito ora è separato
Tutto questo ha portato al settimo risultato, e cioè che nell’ebraismo la casa e la famiglia divennero la scena centrale della vita di fede. Nell’unico verso della Bibbia nel quale si spiega perché Dio scelse Abramo, il Signore dice: «Io l’ho prescelto perché ordini ai suoi figli, e alla sua casa dopo di lui, che seguano la via del Signore per praticare la giustizia e il diritto». Abramo non fu scelto per governare un impero, comandare un esercito, compiere miracoli o pronunciare profezie, ma semplicemente perché fosse un genitore. In uno dei più famosi passaggi dei testi ebraici, Mosè ordina: «Insegnerai queste cose ripetutamente ai tuoi figli, parlandone quando siedi a casa o procedi per la strada, quando ti corichi e quando ti alzi». I genitori devono essere educatori, l’educazione è la conversazione fra le generazioni, e la prima scuola è la casa. Perciò noi ebrei siamo un popolo intensamente orientato alla famiglia, ed è questo che ci ha salvato dalla tragedia. Dopo la distruzione del Secondo Tempio nell’anno 70, gli ebrei si dispersero in tutto il mondo, ovunque una minoranza, ovunque privi di diritti, e soffrirono alcune delle peggiori persecuzioni mai conosciute da un popolo. E tuttavia gli ebrei sopravvissero come popolo perché non persero mai tre cose: il loro senso della famiglia, il loro senso della comunità e la loro fede. (…)
Tutto questo ha portato al settimo risultato, e cioè che nell’ebraismo la casa e la famiglia divennero la scena centrale della vita di fede. Nell’unico verso della Bibbia nel quale si spiega perché Dio scelse Abramo, il Signore dice: «Io l’ho prescelto perché ordini ai suoi figli, e alla sua casa dopo di lui, che seguano la via del Signore per praticare la giustizia e il diritto». Abramo non fu scelto per governare un impero, comandare un esercito, compiere miracoli o pronunciare profezie, ma semplicemente perché fosse un genitore. In uno dei più famosi passaggi dei testi ebraici, Mosè ordina: «Insegnerai queste cose ripetutamente ai tuoi figli, parlandone quando siedi a casa o procedi per la strada, quando ti corichi e quando ti alzi». I genitori devono essere educatori, l’educazione è la conversazione fra le generazioni, e la prima scuola è la casa. Perciò noi ebrei siamo un popolo intensamente orientato alla famiglia, ed è questo che ci ha salvato dalla tragedia. Dopo la distruzione del Secondo Tempio nell’anno 70, gli ebrei si dispersero in tutto il mondo, ovunque una minoranza, ovunque privi di diritti, e soffrirono alcune delle peggiori persecuzioni mai conosciute da un popolo. E tuttavia gli ebrei sopravvissero come popolo perché non persero mai tre cose: il loro senso della famiglia, il loro senso della comunità e la loro fede. (…)
Il matrimonio e la famiglia
sono il luogo dove la fede trova la sua casa e dove la Divina presenza vive
nell’amore fra marito e moglie, genitore e figlio. Cos’è cambiato, allora? (…)
Ciò che ha reso la famiglia tradizionale un’opera d’arte religiosa, è ciò che
essa ha unito insieme: attrazione sessuale, desiderio fisico, amicizia,
compagnia, affinità emotiva e amore, generazione dei figli e loro protezione e
cura, loro prima educazione e immissione in un’identità e in una storia.
Raramente un’istituzione ha riunito insieme così tante pulsioni e desideri
diversi, ruoli e responsabilità. Ha dato senso al mondo e gli ha dato un volto
umano, il volto dell’amore. Per una grande varietà di ragioni, alcune delle
quali hanno a che fare con sviluppi medici come il controllo delle nascite, la
fecondazione assistita e altri interventi genetici, altre con cambiamenti
morali come l’idea che siamo liberi di fare tutto quello che vogliamo se non
danneggia altri, alcune con il trasferimento di responsabilità dall’individuo allo
Stato, e altri più profondi cambiamenti nella cultura dell’Occidente, quasi
tutto ciò che il matrimonio una volta aveva riunito insieme, ora è stato
separato.
http://www.tempi.it/il-mistero-gaudioso-del-sesso-ecco-come-e-perche-dio-ha-creato-il-mondo-nellamore-tra-maschio-e-femmina#.VHuUp9KG_hk
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