Prime luci di Natale
Edith Stein Il Divino Bambino porta la Pace ma anche la spada
"Quando i giorni si fanno più
corti, quando in un normale inverno incominciano a cadere i primi fiocchi di
neve, allora, timidi e lievi, fanno capolino i primi pensieri di Natale. La
sola parola sa di incanto, un incanto a cui, si può dire, nessun cuore può
sottrarsi.
Anche gli uomini di altra fede e
quelli che non ne hanno affatto, per i quali la vecchia storia del Bambino di
Betlemme non significa niente, fanno preparativi per la festa e pensano come
poter accendere qua e là un raggio di gioia. Da settimane e mesi scende su
tutta la terra come una calda corrente d'amore. Una festa di amore e di gioia:
ecco la Stella, alla quale tutti mirano nei primi mesi dell'inverno.
Ma per il cristiano, e specialmente
per il cristiano cattolico, si tratta di ben altro.
La Stella lo guida al presepe,
presso il Bambino che porta la pace sulla terra. L'arte cristiana ce lo
presenta in innumerevoli soavi immagini, e vecchie nenie, dalle quali risuona
tutto l'incanto dell'infanzia, ce lo cantano.
A chi vive con la Chiesa, le
campane del "Rorate"(1) e gli inni dell'Avvento risvegliano nel cuore
una santa nostalgia, e chi sa attingere copiosamente alla fonte inestinguibile
della santa Liturgia, sente bussare giorno per giorno il grande profeta
dell'Incarnazione con le sue potenti parole di ammonimento e promessa:
"Stillate o cieli dall'alto la
rugiada e le nubi piovano il giusto. Il Signore è già vicino.
Invochiamolo! Vieni Signore e non indugiare! Esulta o Gerusalemme con
grande gioia, che il tuo Salvatore a te viene".
Dal 17 al 24 dicembre le grandi
antifone [...] al Magnificat [O Sapienza; O Adonai, O Radice di Jesse, O Chiave
di Davide, O Aurora, O Re dei popoli ...] invocano con sempre maggior desiderio
e fervore: "Vieni a liberarci", e sempre più pieno di promessa
risuona il "Vedi, tutto è compiuto" dell'ultima domenica di Avvento;
infine: "Sappiate oggi che il Signore viene, e domani potrete vedere la
sua magnificenza".
La sera poi, quando gli alberi
pieni di luce si accendono e i doni vengono scambiati, allora il desiderio non
esaudito anela con insistenza verso un'altra luce, finché le campane della
Messa di mezzanotte non incominciano a suonare e il miracolo della Notte Santa
non si rinnova sugli Altari luminosi e infiorati: "E il Verbo si fece
carne". Ecco, adesso è giunta l'ora del beato adempimento.
Certo ognuno di noi ha già gustato
questa felicità del Natale. Ma il cielo e la terra non sono ancora divenuti una
cosa sola. La Stella di Betlemme è una stella che ancor oggi splende in una
notte oscura.
Già al secondo giorno la Chiesa mette
da parte i bianchi paramenti per vestire il colore del sangue e al quarto
giorno il viola del lutto: Stefano, protomartire, il primo a seguire Dio nella
morte, e i bambini innocenti, i piccoli lattanti di Betlemme e di Giuda,
ferocemente massacrati dalle rozze mani dei carnefici, fanno da seguito al
Bambino nel presepe.
Che vuole dire questo? Dov'è il
giubilo delle schiere celesti, dove la silente beatitudine della santa notte?
Dov'è la pace sulla terra? Pace sulla terra a coloro che sono di buona volontà:
ma non tutti sono di buona volontà.
Fu quindi necessario che il Figlio
dell'eterno Padre discendesse dalla magnificenza del cielo, poiché il mistero
del male aveva immerso la terra nell'oscurità. Le tenebre coprivano la terra,
ed egli venne come luce che brilla tra le tenebre, ma le tenebre non l'hanno
compreso.
A coloro che lo accolsero, portò
luce e pace: la pace con il Padre che sta nei cieli, la pace con tutti coloro
che sono ugualmente figli della luce e figli del Padre che è nei cieli, e
infine l'intima pace del cuore; ma non la pace con i figli delle tenebre.
A questi il Principe della pace non
porta la pace, ma la spada. Egli è per loro la pietra dello scandalo, contro la
quale essi vanno a infrangersi.
Questa è un'autentica severa
realtà, che non possiamo permettere venga nascosta dall'incanto poetico del
Bambino nel presepe. Il mistero dell'incarnazione e il mistero del male sono
strettamente congiunti.
Contro la luce scesa dal cielo
spicca, più sinistra e più nera, la notte del peccato.
Il Bambino nel presepe allunga le
manine e sembra già voler dirci con il suo sorriso le parole che usciranno un
giorno dalle labbra dell'uomo: "Venite a me voi tutti che siete tribolati
e oppressi".
E accolsero il suo invito i poveri
pastori: sulle piane di Betlemme la lieta novella venne data loro dalla luce
del cielo e dalle voci degli angeli e dissero candidamente: "andiamo a
Betlemme" e si misero in viaggio.
E i re che dai lontani paesi
dell'oriente con uguale semplice fede seguirono la meravigliosa Stella: dalle
mani del Bambino cadde loro copiosa la rugiada della grazia, ed
"esultarono con grande gioia".
Ecco le mani che danno e chiedono
nello stesso tempo: voi saggi, mettete da parte la vostra saggezza e fatevi
semplici come i bambini; voi, re, deponete le vostre corone e donate i vostri
tesori e inchinatevi in umiltà davanti al Re dei re, accettate senza esitare
fatiche, sofferenze, pene, come richiede il suo servizio.
A voi bambini, che non potete ancor
dar nulla spontaneamente, le mani del Bambino portan via la vostra delicata
vita prima che sia veramente incominciata, non potendo essa venir usata meglio
che in sacrificio al Signore delle lodi. "Seguimi", così
dicono le mani del Bambino, come l'avrebbero detto un giorno le labbra
dell'uomo. [...] Intorno al presepe s'inginocchiano soltanto creature di luce:
i delicati innocenti bambini, i candidi pastori, o gli umili re. [...]
Di fronte a loro sta la notte degli
induriti e degli accecati: i sapienti della Scrittura, che sanno informare sul
tempo e sul luogo della nascita del Signore nel mondo, ma non arrivano a
concludere: "Andiamo a Betlemme"; il re Erode che vuole ammazzare il
Signore della vita: Davanti al Bambino nel presepe gli animi già si
dividono.
Egli è il Re dei re, il Re della
vita e della morte: Egli pronuncia il suo "Seguimi" e chi non è per
Lui è contro di Lui.
Egli lo pronuncia anche per noi e
ci pone davanti alla scelta tra la luce e le tenebre. [...]
Il corpo mistico di Cristo
Dove il Bambino divino intenda
condurci sulla terra è cosa che non sappiamo e a proposito della quale non
dobbiamo fare domande prima del tempo. Una cosa sola sappiamo, e cioè che a
quanti amano il Signore tutte le cose ridondano in bene. E inoltre che le vie,
per le quali il Salvatore conduce, vanno al di là di questa terra.
Il Presepe aiuta a contemplare il
mistero del Figlio di Dio che si fa uomo, in un mondo anche allora pieno di
contraddizioni, tensioni sociali e politiche, lotte di potere. Solo i poveri e
gli umili di cuore lo accolgono, sono loro i testimoni dell'evento più
importante della storia.
O scambio mirabile! Dio è diventato
un figlio degli uomini, affinché gli uomini potessero diventare figli di Dio. Uno
di noi aveva lacerato il legame della figliolanza divina, uno di noi doveva di
nuovo riannodarlo e pagare per il peccato. Ma nessun discendente di questa
progenie antica, malata e imbastardita, era in grado di farlo. Su di essa
andava innestato un ramoscello nuovo, sano e nobile. Egli è divenuto uno di
noi, anzi di più ancora, una cosa sola con noi.
Questa è infatti la cosa
meravigliosa del genere umano, il fatto che siamo tutti una cosa sola. Se le
cose stessero diversamente, la caduta dell’uno non si sarebbe tirata dietro la
caduta di tutti gli altri. Egli è il nostro capo, noi le sue membra.
Se mettiamo le nostre mani nelle
mani del Bambino divino e rispondiamo con un "sì" al suo
"Seguimi", allora siamo suoi, è libera la via perché la sua vita
divina possa riversarsi in noi.
Non è ancora la contemplazione
beata di Dio nella luce della gloria; è ancora l’oscurità della fede, però la
nostra vita non è più di questo mondo ed è già un’esistenza nel regno di Dio.
Tale regno sopravvenne in maniera
diversa da come ce lo si era immaginato in base ai Salmi e ai profeti.
I romani rimasero i padroni del
paese, e i sommi sacerdoti e gli scribi continuarono a tenere il popolo povero
sotto il loro giogo. Chiunque apparteneva al Signore portava invisibilmente il
regno di Dio in sé. Egli non si vide alleggerito dei pesi dell’esistenza
terrena, anzi ne vide aggiungere degli altri; ma dentro era sorretto da una
forza alata, che rendeva dolce il giogo e leggero il peso. La vita divina, che
viene accesa nell’anima, è la Luce che è venuta nelle tenebre, il miracolo
della Notte Santa..."
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A queste parole d'incanto e di una
Donna Santa e Compatrona d'Europa, vogliamo associare in una sola meditazione
anche le parole di Tertulliano prima e di San Leone Magno per degna
conclusione:
«Verbum caro factum est» il
Verbo si fece carne, scrive l’evangelista Giovanni e un autore cristiano de III
secolo, Tertulliano, afferma: «Caro salutis est cardo», la carne è il
cardine della salvezza.
«Infatti se l’anima diventa tutta
di Dio è la carne che glielo rende possibile! La carne vien battezzata, perché
l’anima venga mondata; la carne viene unta, perché l’anima sia consacrata; la
carne viene segnata della croce, perché l’anima ne sia difesa; la carne viene
coperta dall’imposizione delle mani, perché l’anima sia illuminata dallo
Spirito; la carne si nutre del corpo e del sangue di Cristo, perché l’anima si
sazi di Dio. Non saranno separate perciò nella ricompensa, dato che son
state unite nelle opere». (De carnis resurrectione, 8, 3: PL 2, 806) (2)
«Carissimi, l’intera disciplina
della sapienza cristiana, non consiste nell’abbondanza di parole, né
nell’astuzia dell’arte della disputa, e neppure nella brama di lode e di
gloria, ma nell’umiltà vera e libera, la stessa che il Signore Gesù Cristo
scelse e insegnò dall’utero della madre al supplizio della croce, in alternativa
ad ogni atto di forza.
Infatti, mentre i suoi discepoli
stavano discutendo tra loro su chi di loro – come dice l’evangelista – fosse il
più grande nel regno dei cieli, Egli chiamò un fanciullo, lo pose in mezzo a
loro e disse: "In verità vi dico, se non vi convertirete e vi farete come
fanciulli, non entrerete nel regno dei cieli. Chi dunque si farà piccolo come
questo fanciullo, costui sarà più grande nel regno dei cieli". […]
Non è dunque che si debba ritornare
ai giochi d’infanzia o alle nostre immaturità degli anni leggeri, ma da quelli
trarre qualcosa che si addice anche agli anni più gravi: l’oltrepassare con
velocità i sentimenti impetuosi, il ritornare rapidamente alla pace, la scarsa
memoria delle offese, un’inesistente brama di riconoscimenti, l’amare una
comunione socievole e un’uguaglianza naturale. È certo un gran bene non
saper nuocere agli altri e non avere il gusto del male, perché fare e
restituire l’ingiuria fa parte della furbizia di questo mondo, mentre non
rendere a nessuno male per male costituisce l’infanzia di una giustizia
cristiana». (Papa Leone I Magno, Settima omelia sull’Epifania)
Note
1) Inizio dell'inno latino
"Rorate, cæli, desuper": "Piovete, cieli, dall'alto". Inno
ispirato al profeta Isaia (41, 13-20). Edith Stein (santa Teresa Benedetta
della Croce, Compatrona d'Europa)
2) vedi
qui una bella presentazione del testo di Santa Edith Stein
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