Il Papa: chiedere la grazia di morire nella Chiesa, nella speranza e lasciando l'eredità di una vita cristiana
Nella Messa presieduta questa mattina a Santa Marta, il Papa ha riflettuto sul mistero della morte, invitando a chiedere a Dio tre grazie: morire nella Chiesa, morire nella speranza e morire lasciando l’eredità di una testimonianza cristiana. Il servizio di Sergio Centofanti:
Nella sua omelia, il Papa commenta la prima Lettura del giorno che racconta la morte di Davide, dopo una vita spesa al servizio del suo popolo. Sottolinea tre cose: la prima è che Davide muore “in seno al suo popolo”. Vive fino alla fine “la sua appartenenza al Popolo di Dio. Aveva peccato: lui stesso si chiama ‘peccatore’, ma mai se ne è andato fuori dal Popolo di Dio!”:
“Peccatore sì, traditore no! E questa è una grazia: rimanere sino alla fine nel Popolo di Dio. Avere la grazia di morire in seno alla Chiesa, proprio in seno al Popolo di Dio. E questo è il primo punto che io vorrei sottolineare. Anche per noi chiedere la grazia di morire a casa. Morire a casa, nella Chiesa. E questa è una grazia! Questo non si compra! E’ un regalo di Dio e dobbiamo chiederlo: ‘Signore, fammi il regalo di morire a casa, nella Chiesa!’. Peccatori sì, tutti, tutti lo siamo! Ma traditori no! Corrotti no! Sempre dentro! E la Chiesa è tanto madre che ci vuole anche così, tante volte sporchi, ma la Chiesa ci pulisce: è madre!”.
Seconda riflessione: Davide muore “tranquillo, in pace, sereno” nella certezza di andare “dall’altra parte con i suoi” padri. “Questa – afferma Papa Francesco - è un’altra grazia: la grazia di morire nella speranza, nella consapevolezza” che “dall’altra parte ci attendono; dall’altra parte anche continua la casa, continua la famiglia”, non saremo soli. “E questa è una grazia che dobbiamo chiedere – osserva - perché negli ultimi momenti della vita noi sappiamo che la vita è una lotta e lo spirito del male vuole il bottino”:
“Santa Teresina di Gesù Bambino diceva che, nei suoi ultimi tempi, nella sua anima c’era una lotta e quando lei pensava al futuro, a quello che l’aspettava dopo la morte, in cielo, sentiva come una voce che diceva: ‘Ma no, non essere sciocca ti aspetta il buio. Ti aspetta soltanto il buio del niente!’. Così dice. E’ la voce del diavolo, del demonio, che non voleva che lei si affidasse a Dio. Morire in speranza e morire affidandosi a Dio! E chiedere questa grazia. Ma affidarsi a Dio incomincia adesso, nelle piccole cose della vita, anche nei grandi problemi: affidarsi sempre al Signore! E così uno prende questa abitudine di affidarsi al Signore e cresce la speranza. Morire a casa, morire in speranza”.
La terza riflessione è sull’eredità che lascia Davide. Ci sono “tanti scandali sull’eredità” – ha ricordato il Papa – “scandali nelle famiglie, che dividono”. Davide, invece, “lascia l’eredità di 40 anni di governo” e “il popolo consolidato, forte”. “Un detto popolare - ha proseguito - dice che ogni uomo deve lasciare nella vita un figlio, deve piantare un albero e deve scrivere un libro: questa è l’eredità migliore!”. Quindi ha invitato a chiedersi: “Che eredità lasciò io a quelli che vengono dietro di me? Un’eredità di vita? Ho fatto tanto il bene che la gente mi vuole come padre o come madre? Ho piantato un albero? Ho dato la vita, saggezza? Ho scritto un libro?”. Davide lascia questa eredità a suo figlio, dicendogli: “Tu sii forte e mostrati uomo. Osserva la legge del Signore, tuo Dio, procedendo nelle sue vie e seguendo le sue leggi!”:
“Questa è l’eredità: è la nostra testimonianza da cristiani lasciata agli altri. E alcuni di noi lasciano una grande eredità: pensiamo ai Santi che hanno vissuto il Vangelo con tanta forza, che ci lasciano una strada di vita e un modo di vivere come eredità. Ecco le tre cose che mi vengono al cuore nella lettura di questo brano sulla morte di Davide: chiedere la grazia di morire a casa, morire nella Chiesa; chiedere la grazia di morire in speranza, con speranza; e chiedere la grazia di lasciare una bella eredità, un’eredità umana, un’eredità fatta con la testimonianza della nostra vita cristiana. Che San Davide ci conceda a tutti noi queste tre grazie!”.
Nella sua omelia, il Papa commenta la prima Lettura del giorno che racconta la morte di Davide, dopo una vita spesa al servizio del suo popolo. Sottolinea tre cose: la prima è che Davide muore “in seno al suo popolo”. Vive fino alla fine “la sua appartenenza al Popolo di Dio. Aveva peccato: lui stesso si chiama ‘peccatore’, ma mai se ne è andato fuori dal Popolo di Dio!”:
“Peccatore sì, traditore no! E questa è una grazia: rimanere sino alla fine nel Popolo di Dio. Avere la grazia di morire in seno alla Chiesa, proprio in seno al Popolo di Dio. E questo è il primo punto che io vorrei sottolineare. Anche per noi chiedere la grazia di morire a casa. Morire a casa, nella Chiesa. E questa è una grazia! Questo non si compra! E’ un regalo di Dio e dobbiamo chiederlo: ‘Signore, fammi il regalo di morire a casa, nella Chiesa!’. Peccatori sì, tutti, tutti lo siamo! Ma traditori no! Corrotti no! Sempre dentro! E la Chiesa è tanto madre che ci vuole anche così, tante volte sporchi, ma la Chiesa ci pulisce: è madre!”.
Seconda riflessione: Davide muore “tranquillo, in pace, sereno” nella certezza di andare “dall’altra parte con i suoi” padri. “Questa – afferma Papa Francesco - è un’altra grazia: la grazia di morire nella speranza, nella consapevolezza” che “dall’altra parte ci attendono; dall’altra parte anche continua la casa, continua la famiglia”, non saremo soli. “E questa è una grazia che dobbiamo chiedere – osserva - perché negli ultimi momenti della vita noi sappiamo che la vita è una lotta e lo spirito del male vuole il bottino”:
“Santa Teresina di Gesù Bambino diceva che, nei suoi ultimi tempi, nella sua anima c’era una lotta e quando lei pensava al futuro, a quello che l’aspettava dopo la morte, in cielo, sentiva come una voce che diceva: ‘Ma no, non essere sciocca ti aspetta il buio. Ti aspetta soltanto il buio del niente!’. Così dice. E’ la voce del diavolo, del demonio, che non voleva che lei si affidasse a Dio. Morire in speranza e morire affidandosi a Dio! E chiedere questa grazia. Ma affidarsi a Dio incomincia adesso, nelle piccole cose della vita, anche nei grandi problemi: affidarsi sempre al Signore! E così uno prende questa abitudine di affidarsi al Signore e cresce la speranza. Morire a casa, morire in speranza”.
La terza riflessione è sull’eredità che lascia Davide. Ci sono “tanti scandali sull’eredità” – ha ricordato il Papa – “scandali nelle famiglie, che dividono”. Davide, invece, “lascia l’eredità di 40 anni di governo” e “il popolo consolidato, forte”. “Un detto popolare - ha proseguito - dice che ogni uomo deve lasciare nella vita un figlio, deve piantare un albero e deve scrivere un libro: questa è l’eredità migliore!”. Quindi ha invitato a chiedersi: “Che eredità lasciò io a quelli che vengono dietro di me? Un’eredità di vita? Ho fatto tanto il bene che la gente mi vuole come padre o come madre? Ho piantato un albero? Ho dato la vita, saggezza? Ho scritto un libro?”. Davide lascia questa eredità a suo figlio, dicendogli: “Tu sii forte e mostrati uomo. Osserva la legge del Signore, tuo Dio, procedendo nelle sue vie e seguendo le sue leggi!”:
“Questa è l’eredità: è la nostra testimonianza da cristiani lasciata agli altri. E alcuni di noi lasciano una grande eredità: pensiamo ai Santi che hanno vissuto il Vangelo con tanta forza, che ci lasciano una strada di vita e un modo di vivere come eredità. Ecco le tre cose che mi vengono al cuore nella lettura di questo brano sulla morte di Davide: chiedere la grazia di morire a casa, morire nella Chiesa; chiedere la grazia di morire in speranza, con speranza; e chiedere la grazia di lasciare una bella eredità, un’eredità umana, un’eredità fatta con la testimonianza della nostra vita cristiana. Che San Davide ci conceda a tutti noi queste tre grazie!”.
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2014/02/06/il_papa:_chiedere_la_grazia_di_morire_nella_chiesa,_nella_speranza_e/it1-770729
del sito Radio Vaticana
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