Ora il mistero è ancora più fitto. Ratzinger e La Stampa. Le mie domande senza risposta
irrisolta dicotomia di un per sempre
abbinato alla scissione del servizio attivo
da quello contemplativo
La risposta di Antonio Socci.
Confronto tra due giornalisti e le rispettive 'visuali', ma l'inedita situazione continua ad apparire anomala e gravida di tutti gli interrogativi che ci andiamo ponendo da quel fatidico 11 febbraio 2013 e eventi successivi. Al di là delle rispettive posizioni personali e di qualche dettaglio di scarsa rilevanza, non viene data risposta alle perplessità che - come sottolineato anche da noi - non riguardano la regolarità giuridica delle dimissioni e della successiva elezione del nuovo papa, ma il rischio di un possibile snaturamento del papato e dell'alta funzione del Pontefice, nella irrisolta dicotomia di un per sempre abbinato alla scissione del servizio attivo da quello contemplativo, come se un'investitura di origine divina, che riguarda la persona, possa essere considerata e vissuta alla stregua di una funzione amministrativa qualunque. È questa la vera innovazione che la storia bimillenaria della Chiesa non ci ha consegnato e che è all'origine del disagio, per non dire inquietudine, di molti credenti.
Mi sovviene l'intervista rilasciata dal papa regnante a La civiltà cattolica e la seguente dichiarazione:
Confronto tra due giornalisti e le rispettive 'visuali', ma l'inedita situazione continua ad apparire anomala e gravida di tutti gli interrogativi che ci andiamo ponendo da quel fatidico 11 febbraio 2013 e eventi successivi. Al di là delle rispettive posizioni personali e di qualche dettaglio di scarsa rilevanza, non viene data risposta alle perplessità che - come sottolineato anche da noi - non riguardano la regolarità giuridica delle dimissioni e della successiva elezione del nuovo papa, ma il rischio di un possibile snaturamento del papato e dell'alta funzione del Pontefice, nella irrisolta dicotomia di un per sempre abbinato alla scissione del servizio attivo da quello contemplativo, come se un'investitura di origine divina, che riguarda la persona, possa essere considerata e vissuta alla stregua di una funzione amministrativa qualunque. È questa la vera innovazione che la storia bimillenaria della Chiesa non ci ha consegnato e che è all'origine del disagio, per non dire inquietudine, di molti credenti.
Mi sovviene l'intervista rilasciata dal papa regnante a La civiltà cattolica e la seguente dichiarazione:
«Il Vaticano II è stato una rilettura del Vangelo alla luce della cultura contemporanea. Ha prodotto un movimento di rinnovamento che semplicemente viene dallo stesso Vangelo. I frutti sono enormi. Il Vaticano II è stato una rilettura del Vangelo alla luce della cultura contemporanea. Ha prodotto un movimento di rinnovamento che semplicemente viene dallo stesso Vangelo. I frutti sono enormi.»Premesso che è la cultura contemporanea a dover essere letta alla luce del Vangelo altrimenti, anziché essere il Vangelo a produrre la trasformazione della realtà secondo il progetto di Dio possibile attraverso il nostro conoscere e agire Cristocentrico - annunciato guidato e garantito dal munus docendi regendi e sanctificandi dei Pastori - ormai sembra accadere il contrario, di fatto e in maniera sempre più evidente secondo l'infausta spinta antropocentrica impressa dall'Assise conciliare. In fondo non è proprio questo che stanno attuando e non è in questo che, a parte la differenza di stile, consiste la continuità tra i due pontificati? Persino al di là dei pesanti motivi contingenti che possono aver indotto le dimissioni. E dove stanno portando la Chiesa e chi può porci rimedio? (Maria Guarini)
Ieri sulla “Stampa” e “Vatican Insider” (il sito del giornale dedicato al Vaticano) è apparso con gran rilievo questo titolo che riporta parole attribuite a Benedetto XVI: “La rinuncia è valida. Assurdo speculare sulla mia decisione”.
Suona come una clamorosa risposta alle domande che io avevo posto su queste colonne a un anno dalle sue storiche dimissioni.
Suona come una clamorosa risposta alle domande che io avevo posto su queste colonne a un anno dalle sue storiche dimissioni.
AUTOGOL
I colleghi di “Vatican Insider-La Stampa”, per capirci, sono gli stessi che reagirono con stizza allo scoop con cui, il 25 settembre 2011, preannunciavo le dimissioni di papa Benedetto. Ci fu chi scrisse che era “scandalizzato” dal mio articolo.
Questi colleghi corsero a fare i pompieri intervistando chi diceva che era tutto infondato e che il mio articolo era assurdo e ridicolo.
Sappiamo poi come sono andate le cose e quanto era infondato ciò che scrissi.
Gli amici della “Stampa” avrebbero potuto imparare, da quella vicenda del 2011, che non bisogna mai accontentarsi delle “verità ufficiali”, altrimenti basterebbe pubblicare i comunicati stampa dei vari palazzi.
I giornalisti esistono per porre domande, mostrare le cose che non quadrano, indagare e chiedere spiegazioni sulle cose oscure o non chiarite.
Invece anche ieri gli amici di “Vatican insider” sono corsi a fare i pompieri, chiedendo a Benedetto di smentirci. Ma il risultato rischia di essere opposto a quello voluto.
Da ieri infatti i dubbi sulle sue dimissioni si sono ingigantiti. Perché – come tutti sanno – il Vaticano non smentisce mai le tante illazioni o le congetture infondate che appaiono sui media.
Se in questo caso ha accettato di intervenire addirittura il papa emerito (troppo onore) è segno che il problema c’è. Ed è enorme. Non si scomoda un papa, infatti, per una baggianata.
DUBBI
Del resto ciò che pubblica “La Stampa” non è affatto chiaro. Anzitutto quando si dispone di un documento come quello – la risposta di un Papa – è buona regola pubblicarlo integralmente tale e quale e con riproduzione fotografica.
Invece il suddetto articolo di Andrea Tornielli riporta solo qualche frase estrapolata e la fotografia della firma e della carta intestata. Senza dirci quali sono state le domande complete e le risposte complete, con annessi e connessi.
In secondo luogo i brevi virgolettati attribuiti al papa emerito smentiscono qualcosa che io non avevo mai messo in discussione. Infatti egli afferma che la sua decisione è stata davvero libera.
Ma questo lo aveva già dichiarato solennemente nell’annuncio dell’11 febbraio 2013. Cosa credevano, alla “Stampa”, che oggi Benedetto dicesse di aver mentito?
Io ho sempre creduto alla sua dichiarazione di allora. Infatti nell’articolo del 12 febbraio scorso scrivevo: “Non è ammissibile dubitare delle sue parole, quindi il suo fu un gesto libero”.
Ma ciò non spiega nulla. Questo grande uomo di Dio aveva detto di aver preso tale decisione “non per il mio bene, ma per il bene della Chiesa”, perché bisogna avere “sempre davanti il bene della Chiesa e non se stessi”.
Considerata la guerra che gli era stata scatenata contro (si vedano i miei articoli precedenti), si può ipotizzare che egli – vedendo addensarsi sulla Chiesa certe minacce (sulla Chiesa, non su se stesso) – abbia liberamente deciso di fare un passo indietro per evitare tempeste alla barca di Pietro.
In questo caso la scelta sarebbe stata libera, tuttavia determinata da circostanze esterne tutte da svelare. D’altra parte era stato lo stesso papa Benedetto – nella sua messa d’insediamento – a chiedere: “pregate per me perché io non fugga per paura davanti ai lupi”.
La rinuncia non è una fuga davanti ai lupi, perché – anzi – da papa emerito sostiene con la preghiera il papa regnante, Francesco, nella lotta. Tuttavia quella frase clamorosa rivelava ufficialmente che il Vicario di Cristo aveva a che fare con branchi di lupi.
Chi fossero non è mai stato chiarito. Si riferiva anche al mondo. Tuttavia questo “attacco concentrico” aveva “origine fuori, ma spesso anche dentro la Chiesa”.
Lo scriveva lo stesso Tornielli (con Paolo Rodari) nel 2010 nel libro intitolato “Attacco a Ratzinger”, dove si mostravano l’isolamento di Benedetto e i suoi molti nemici.
Lì si svelava che subito dopo il Conclave potenti cardinali di Curia decretavano già che quel pontificato sarebbe durato poco (“solo due o tre anni”) e che “l’unica cosa che non si perdona a Ratzinger è quella di essere stato eletto Papa”.
D’altronde sabato scorso, in San Pietro, si è potuto vedere che Benedetto è tuttora in ottima forma fisica, così come è intellettualmente lucidissimo.
Dunque le domande sulle vere ragioni della rinuncia si ripropongono (del resto, in duemila anni di storia della Chiesa, mai un papa si era ritirato per l’anzianità).
GUARDAROBA
L’altra risposta virgolettata, riportata da Tornielli, fa trasecolare. Alla domanda sul perché ha deciso di rimanere papa emerito (e non vescovo emerito o cardinale), col vestito da papa, Benedetto avrebbe testualmente risposto così: “Il mantenimento dell’abito bianco e del nome Benedetto è una cosa semplicemente pratica. Nel momento della rinuncia non c’erano a disposizione altri vestiti”.
Ora, che l’intelligenza sopraffina di Ratzinger abbia voluto liquidare con una battuta surreale una questione delicatissima, che in questo momento non può e non vuole spiegare, a me pare evidente.
Padroni invece quelli della “Stampa” di considerarla una risposta esauriente. Evidentemente credono che, fra l’11 febbraio (data dell’annuncio) e il 28 febbraio (fine del pontificato), in tutto il Vaticano e nei negozi e fra i sarti di Borgo Pio, non si poteva trovare nemmeno una tonaca scura.
Anzi, è stato confermato dal cardinal Bertone che la rinuncia era già stata decisa da mesi (come su questo giornale si è sempre scritto), quindi si dovrebbe credere che in un intero anno non sia stato possibile, in Vaticano e dintorni, trovare una tonaca scura.
Per questo Ratzinger avrebbe deciso – contro il parere di tutti i canonisti (compresa Civiltà cattolica) – di restare Sua Santità Benedetto XVI e di vestire di bianco.
Creando una situazione unica nella storia della Chiesa, per la coesistenza di due papi e perché non è stato definito, né a livello canonico né a livello teologico, lo status di papa emerito (nei secoli scorsi tutti i pontefici che si sono ritirati sono tornati alla loro condizione precedente l’elezione).
Mi pare che non ci sia bisogno di commenti. Del resto l’aver deciso, nelle scorse settimane, di tenere lo stemma da papa, rifiutando quello da papa emerito e quello da cardinale, come c’entra con l’abito nell’armadio?
RISPOSTE MANCANTI
Non ho trovato, nella pagina della “Stampa”, la risposta alla mia domanda sulla frase che Benedetto pronunciò, il 27 febbraio 2013, per definire la sua scelta. Parlando del suo ministero petrino disse: “Il ‘sempre’ è anche un ‘per sempre’ - non c’è più un ritornare nel privato. La mia decisione di rinunciare all’esercizio attivo del ministero, non revoca questo”.
Cosa significa quella rinuncia all’”esercizio attivo”, quel “per sempre” e quel ministero petrino “non revocato”? Sarebbe stato interessante che un grande teologo come Benedetto illuminasse tutta questa situazione.
Così come sarebbe stato interessante chiedergli cosa mai era accaduto di così urgente venerdì sera perché Francesco telefonasse direttamente a Benedetto chiedendogli di andare, l’indomani mattina, al Concistoro pubblico in San Pietro.
Si è trattato oltretutto di un fatto che ha contraddetto ciò che Benedetto aveva annunciato (“sarò nascosto al mondo”). Perché questa emergenza?
GIORNALISTI
A questo proposito devo precisare che – contrariamente ad altri, a cui forse allude Tornielli – personalmente non ho mai contrapposto i due papi, rilevando che appaiono davvero come Mosè che prega sul monte e Giosuè che combatte nella valle. Insieme per salvare la Chiesa in un momento così drammatico come forse in duemila anni mai ha vissuto.
Con Tornielli, che conosco da 30 anni e di cui mi reputo amico, ho avuto anche di recente un piccolo bisticcio.
Mi aveva colpito il fatto che in due pezzi consecutivi, sabato e domenica, avesse usato, per Benedetto, le espressioni “primo fra i cardinali” e poi “vescovo emerito di Roma”, pur sapendo bene che Benedetto aveva rifiutato di assumere proprio quelle qualifiche e aveva optato invece per “Papa emerito”.
Avevo chiesto, scherzosamente, a Tornielli perché riteneva di degradare Benedetto, ma mi ha risposto con stizza e allora ho abbozzato.
Personalmente credo che il compito di noi giornalisti non sia quello di “normalizzare” una situazione obiettivamente unica, magari improvvisandoci tifosi di un papa o di un altro (che certo non hanno bisogno di tifosi).
Il nostro compito è quello di cercar di capire, di porre domande, di far emergere la complessità di una situazione. Può darsi che le nostre domande e il nostro indagare possano disturbare, ma il nostro dovere è cercare la verità sempre (anche il nostro dovere di cristiani del resto è questo).
ZUCCHETTO
Ho motivo di ritenere, ad esempio, che sia stato fatto notare a papa Benedetto che, fra le domande da me poste, c’era la constatazione del mancato bacio dell’anello, nei due incontri pubblici fra i due papi.
Pare che per questo Benedetto, al Concistoro di sabato, abbia fatto il gesto di togliersi la berretta davanti a Francesco (mai fatto in precedenza), gesto che è stato enormemente amplificato dai vaticanisti.
Tutta quell’enfasi però mi pare fuori luogo perché è ovvio che Francesco è il papa regnante: Benedetto fin da prima del Conclave gli ha assicurato reverenza e obbedienza. Come tutti noi cattolici dobbiamo fare (personalmente su queste colonne ho sempre sostenuto e difeso papa Francesco).
Ma i fatti sono testardi, esistono e interrogano: proprio l’enfasi sulla berretta mi pare metta in rilievo ancora una volta che pure sabato scorso non c’è stato il bacio dell’anello (un aspetto che resta misterioso e fa riflettere).
Se per la prima volta Benedetto dovesse fare il gesto del bacio dell’anello dovremmo pensare che ci sono state su di lui pressioni molto forti (e che anche nel passato ce ne siano state).
In ogni caso il mistero s’infittisce.
Antonio Socci
Da Libero, 27 febbraio 2014
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