LETTERA APERTA A MONSIGNOR ADRIANO CAPRIOLI SUL DISASTRO DI REGGIO EMILIA
Eccellenza carissima,
sono all’incirca le due e mezza di notte e le confesso di non riuscire a prendere sonno dopo aver letto numerosi aggiornamenti sulla vicenda dell’adeguamento liturgico del duomo di Reggio Emilia. Forse è colpa di qualche mio lettore affezionato che mi ha sollecitato a occuparmi di una faccenda che avevo probabilmente sottostimato, forse è solo colpa del caldo, eppure credo che questo senso di angoscia che mi induce a scriverle scaturisca dalla natura poco cristiana della rivoluzione artistica e architettonica in atto nel duomo.
Lei, Eccellenza, ha raggiunto da qualche mese i 75 anni, età veneranda che solitamente ispira rispetto e devozione, sebbene personalmente abbia incontrato nel corso degli anni settantenni che si ostinano ad esercitare il proprio potere con spregiudicata prepotenza. Non credo, tuttavia, che questo sia il suo caso. O almeno lo spero. A 75 anni potrebbe essere nonno della mia generazione e custodire, per noi giovani, tesori di saggezza e di speranza, tramandare quanto di buono ha coltivato per questi lunghi anni e insegnarci il rispetto per le tradizioni: questo è in fondo il senso del tradere.
Supermega concelebration nel duomo adeguato...
In quanto Vescovo poi il suo tradere è ancor più antico e solenne: lei dovrebbe tramandare alle sue pecorelle d’ogni età la buona novella, una buona novella annunciata duemila anni fa con le parole, i gesti, gli avvenimenti, gli esempi della vita quotidiana della Palestina di duemila anni fa. Parole, gesti, avvenimenti, esempi che non certo a causa della loro vetustà vengono ignorati da molti contemporanei, quanto piuttosto per l’orgoglio e la tracotanza di un’umanità che crede esaurita nel presente e nel progresso la propria perfezione e vive il futuro come mera profezia di un accresciuto potere sulle cose e sulla vita, potere d’eternità mondana, potere di salute, potere di eterna giovinezza, amore del potere che è agli antipodi della salvezza ultraterrena.
Questo lei dovrebbe tramandarci e invece, abbracciando le leggi dell’umanità che si crede redenta solo dall’orgoglio e dalla tracotanza, ha deciso di trasformare la Cattedrale che una lunga sequela di Pastori della Chiesa le affidò anni fa, in una oscena galleria d’arte contemporanea, spezzando ogni continuità e sprofondando nella risibile follia che s’accompagna spesso al gusto del superfluo.
Non so se si sia chiesto insistentemente se nel manomettere una antica chiesa sia opportuno o meno farsi guidare dall'umiltà, mi auguro di sì. Personalmente credo che per un Vescovo questa umiltà dovrebbe consistere nel trattenere la mano dall’apportare insistenti modifiche alle più antiche dimore di Dio che per un breve lasso di tempo sono affidate alla sua cura. D’altronde non saprei se l’ostinata volontà di lasciare un segno evidente e permanente nell’armonia dell’architettura e dell’arte sacra costituisca un indiscutibile segno di superbia e vanagloria. Lo lascio giudicare a Dio, naturalmente. Ma almeno mi consenta di affermare che se non umiltà, dinanzi alle manomissioni architettoniche e artistiche che quotidianamente si compiono nelle nostre chiese servirebbe almeno un po’ di pudore.
Eh sì, pudore, Eccellenza, pudore! Perché suonano ad esempio spudorate alcune sue affermazioni come la seguente, tratta dal suo discorso del 15 agosto scorso: “Occorrerà accompagnare questo passaggio con strumenti formativi che introducano i fedeli alla piena comprensione dei significati liturgici e artistici delle opere stesse, e per far sì che la loro evidenza sia sempre meglio recepita e apprezzata.” Vede, Eccellenza, quando un’opera d’arte ha bisogno del libretto di istruzioni per essere “recepita e apprezzata” vuol dire che non riesce a comunicare immediatamente il suo significato, dunque è muta. E così si chiama un ventriloquo per farla parlare. Ma questo non può accadere per l’arte sacra, perché se la vostra preoccupazione di Vescovi ligi al verbo del Concilio – e mi sia perdonata la generalizzazione - vi fa riempire la bocca a ogni piè sospinto con parole quali “comunicazione” “apertura al mondo” “chiarezza” e poi fate ricorso ad opere d’arte sacra poco o punto intelligibili, allora siete incoerenti e, aggiungo, spudoratamente incoerenti.
Sarei tanto curioso, Eccellenza, di capire cosa o chi vi ha indotto a commissionare opere a Jannis Kounellis, a Hidetoshi Nagasawa, a Ettore Spalletti o a Claudio Parmiggiani. Sarei curioso di capire perché l’inqualificabile croce di Nagasawa non preveda la figura del Cristo con i segni della passione come previsto dall’IGMR al n.308.
Croce (?) di Nagasawa
O perché non sia stata rispettata la norma suggerita da Papa Benedetto XVI nella Sacramentum Caritatis al n.69 che prevedeva il mantenimento dell’antico altare con tanto di tabernacolo, evitando accuratamente di porvi dinanzi le sedi dei celebranti. O ancora perché si sia deciso di sostituire i banchi di legno con le sedioline di plastica che fanno tanto Cammino Neocatecumenale.
Bozzetti di sede e altare...
Vorrei capire tante cose ma è già passata mezz’ora e mi rendo conto di non essere arrivato al punto. Così glielo chiedo direttamente: Eccellenza, perché a pochi mesi dalla pensione ha deciso di lasciare questo brutto segno del suo passaggio a Reggio Emilia? Perché non ha usato un po’ di buon senso quando Monsignor Santi o chi per lui le ha proposto tutte queste innovazioni e sperimentazioni e non ha preferito soprassedere? Perché non ha seguito, in ultima analisi, l’esempio di Benedetto XVI che è il suo diretto superiore nonché il Vicario di Nostro Signore Gesù Cristo, e che non "adegua" il Vaticano riempiendo San Pietro di squallidi esemplari d’arte povera o concettuale, ma ripristina la bellezza originaria nella Cappella Paolina e nella Sistina, per quanto riguarda il Palazzo Apostolico o all’altare della Cattedra in Basilica? Il Papa, Eccellenza, non lo si può citare solo quando fa comodo, non si può fare uso del suo volume sulla liturgia per giustificare le proprie tesi sulla carta, mentre invece sono i fatti a dimostrare una totale distanza dalle sue posizioni. Il Papa conserva, lei distrugge. Perché vi è questo contrasto fra l’azione di Sua Santità e la sua, simile peraltro a quella di tanti Vescovi italiani? Ecco, l’ho detto. E giacché ci sono mi lasci aggiungere qualche altra riflessione…
A Reggio Emilia, leggevo, il dibattito non è stato contenuto, non si è limitato a una petizione, a proteste di quattro reazionari. Esponenti della cultura cittadina ed esperti si sono messi in azione e hanno espresso con competenza e fierezza il proprio no a questo scempio - perché di scempio si tratta. Penso al comitato che ha dato vita al sito soscattedrale.re.it creato da Stefano Bellentani, dall'Architetto Maccarini, dal critico d'arte Filippo Silvestro e dall'ex presidente di Italia Nostra, Renzo Campanini. Voci che, a quanto pare, restano inascoltate da parte di Sua Eccellenza.
E, come spesso capita a voi Vescovi più fedeli alle CEI (e ai suoi soldi) che al Papa, lei non si è limitato a proporre delle ardite innovazioni, non si è accontentato di aver suscitato preoccupate polemiche, non le è bastato assicurare il dialogo - parola per lo più vuota e vagamente retorica - ma si è impegnato a far sì che tutto venisse realizzato e portato a termine come prestabilito. E sebbene questo scempio di Reggio abbia molteplici autori che hanno agito dietro le quinte è inevitabile che il peso della responsabilità ricada tutto su di lei. Solo su di lei. Dunque, la prego, Eccellenza, non tratti chi dissente dalle sue opinioni come uno sciocco o un insipiente, giocando abilmente con l'arte retorica! Questo infatti ha fatto il 15 agosto, quando ha avuto l'ardito coraggio di raccomandare pacifici dialoghi e inviti alla comprensione, in una chiesa che già ospita, debitamente imballate in casse di legno, alcune fra le opere d'arte contemporanea di cui si dovrebbe discutere l'opportunità o meno: "Guai, però, se i vari punti di vista diventassero terreno di scontro. Per questo il confronto e il chiarimento sulle ragioni dell’adeguamento liturgico possono diventare momenti di crescita nella comunione. Del resto cambiamenti che toccano abitudini ereditate nel tempo, al di là delle pur necessarie sperimentazioni, chiedono buone abitudini analogamente prolungate nel tempo. Chiedo perciò a tutti — presbiterio diocesano e comunità parrocchiali — quell’anticipo di simpatia e di fiducia, senza le quali non c’è alcuna comprensione; e, prima ancora, chiedo una volontà di comunione attorno al Vescovo, altrimenti viene meno il significato della sua presenza nella Chiesa, in questa Chiesa a me molto cara."
Sede Episcopale di Kounellis o porta cero pasquale di Spalletti imballato?
Troppo comodo mettere i dissenzienti di fronte al fatto compiuto e poi invitarli ad essere comprensivi o minacciarli implicitamente di non essere dei veri cristiani perché non si uniscono al loro Vescovo. Troppo comodo invocare "volontà di comunione attorno al Vescovo" proprio quando il Vescovo la distrugge con le sue ardite e inaccettabili decisioni in materia artistica e architettonica. Questo atteggiamento manca, infatti, di carità. E sebbene glielo debba rammentare un giovane peccatore dalla lingua probabilmente troppo sciolta, credo che la cosa sia evidentissima.
Nuovo altare imballato!
A questo punto, prendendo atto dello scempio che inevitabilmente verrà compiuto per sua espressa volontà nella cattedrale di Reggio Emilia mi preme rivolgerle un invito dal più profondo del cuore. Vede, Eccellenza, la sua obbedienza non va ad una ideologica interpretazione della liturgia e dei suoi spazi, la sua obbedienza va al Papa e a Cristo. Lei non può confondere il Vangelo e l'esempio materiale del Papa con delle speculazioni umane e conseguentemente non può considerare le sue scelte in materia artistico-architettonica efficaci in nome della sua stessa autorità. Ciò sarebbe autoreferenziale. Al contrario, lei è venuto a Reggio non per cambiare o cancellare, ma per tramandare.
Lei Eccellenza possiede l'autorità del pastore ma nel contempo è anche ministro dei fedeli e credo sia suo dovere rispettare quel tesoro di bellezza e devozione che per i fedeli reggiani è la cattedrale. In un periodo critico per il mondo, nel quale il denaro scarseggia e le chiacchiere soccombono dinanzi alla realtà, lei ha messo in moto un processo di taglio col passato, di cesura netta, ingiustificato e ridondante, superfluo e costoso. Ci ripensi, Eccellenza, ci ripensi! Non è mai troppo tardi! Le opere commissionate le metta all'asta, tanto un Ravasi che le acquista lo troverà di certo... e con i soldi realizzati faccia opere di bene per i cittadini reggiani bisognosi. Riporti la cattedrale al suo originario splendore, abbia l'umiltà di riconoscere i suoi errori! Oggi la Chiesa è in crisi proprio perché i pastori sembrano occuparsi del superfluo, di impensabili rimaneggiamenti di una cattedrale vecchia di secoli, invece di preoccuparsi della salvezza delle anime! Eccellenza, mentre lei si trastulla con questo adeguamento liturgico e con artisti atei e iconoclasti, Satana se la ride e tanti fedeli si domandano: "ma questi preti non hanno proprio niente da fare che buttare soldi per demolire antichi altari, mandare al macero le panche della cattedrale e scombussolarne l'armonia architettonica?"
Perciò Eccellenza, lei che ha 75 anni e sta per andare in pensione, ci ripensi. Cancelli il progetto e venda le opere, vedrà che in molti gliene saranno grati e l'ameranno di più quando si farà piccolo di quando si è fatto grande indossando le vesti del mecenate cinquecentesco.
Eccellenza, noi siamo solo polvere e il nostro passaggio su questa terra non deve portare scompiglio o turbamento, distruzione e cambiamento, ma congiungere una catena d'amore e preghiera che dal passato tramandiamo al futuro. Capisco che lei sia stato ordinato sacerdote dal Cardinal Montini e vescovo dal Cardinal Martini, ma se invece di tramandare pretendiamo di cambiare le forme della preghiera e degli spazi edificati per adorare il Signore, per capriccio o ideologica mania, alla presunzione di far meglio dei nostri predecessori sommeremo la cattiveria di aver privato i nostri figli dell'integrità e dell'armonia che avremmo dovuto trasmettere.
E così il nostro nome sarà non solo segno di divisione nel presente, ma tragica memoria nel futuro.
Saluti, in Cristo Re,
Francesco Colafemmina
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