18 AGOSTO
FESTA DI SANT' ELENA
A FERRANDINA
A FERRANDINA
Dómine Jesu Christe, qui locum, ubi Crux tua latébat, beátæ Hélenæ revelásti, ut, per eam, Ecclésiam tuam hoc pretióso thesáuro ditáres: ejus nobis intercessióne concéde; ut, vitális ligni prétio, ætérnæ vitæ prǽmia consequámur: Qui vivis et regnas cum Deo Patre in unitate Spiritus Sancti, Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.
SECONDA
LETTURA
Dall’”Omelia sulla Croce apportatrice di salvezza” di san
Germano, vescovo
O letto, sul quale si è addormentato il Re della gloria!
Qualsiasi morte non
causata da malattia naturale che quindi non s'impossessa dell'uomo un po' per volta,
ma interviene con violenza e prima del tempo, è cosa che tutti abborriscono e
rifuggono. Ma una morte in croce è fra tutte la più obbrobriosa e la più
ripugnante.
Eppure, quando fu
stabilito fin dall'eternità che si compisse il mistero della croce per il bene
di tutto il mondo, che nascesse il nuovo Adamo per rinnovare il vecchio, Dio
volle anche che fosse salvato per mezzo del legno colui che a causa del legno
era incorso nella pena della morte. E siccome negli uomini era radicata questa
comune persuasione riguardo agli uccisi di morte violenta, e ciò impediva di
accogliere un tale mistero (tanto più che la legge di Mosè dichiarava maledetto
chiunque fosse appeso al legno), fu necessario, per arcano disegno di Dio,
servirsi proprio di quel legno già prefigurato dal biblico serpente - figura a
tutti odiosa e abominevole - e proprio ad esso venne accordata la virtù di dare
la vita. Questa croce viene innalzata davanti ai giudei e, perché in essa
venga riposta ogni speranza di vita, per arcana disposizione è conferito il
potere di dare la vita a un oggetto inanimato e privo di vita.
“Quando avrete innalzato
il Figlio dell'uomo, allora saprete che Io Sono” (Gv
8,28). Quando infatti morì in croce, donò la vita a coloro che erano
stati feriti dal pungiglione della morte. Isaia lo previde e se ne rallegra con
l'assemblea dei fedeli; e ciò che aveva udito senza parole per il suo
ministero profetico, lo proclama ad alta voce in persona del Salvatore: «Ora mi
alzerò, ora mi innalzerò, ora mi esalterò» (Is
33,10). Queste parole profetizzano l'esaltazione sulla croce e la gloria
che l'Unigenito del Padre si acquista sulla croce. Si alza dal suo trono,
discende sulla terra: «esulta come prode che percorre la via» (Sal
18, 6). Col sangue purissimo tratto dalla Vergine, egli si ricopre delle
vesti dell'agnello, affinchè il lupo, adescato e attratto dalla sembianza,
seguendo il suo vizio lo assalga, e cosi lo scellerato si spezzi i denti
nell'azzannare colui che era esente da ogni peccato.
Cristo si sentiva spinto
alla ricerca della pecorella smarrita. Benché si fosse fatto per noi agnello,
nello stesso tempo però, in quanto Dio, era pastore e riconduceva ai pascoli
celesti la pecorella che ne era stata rapita. Egli avanza per vendicare col
legno la strage che il demonio aveva operata col legno e cavar fuori il chiodo
col chiodo, servendosi dello strumento di maledizione per distruggere la
maledizione derivata dal legno. Dunque di così grandi beni è causa la croce, ed
è scala sicura di salvezza per ritrovare la beatitudine perduta.
Quanto è amabile il tuo
altare, o Signore degli eserciti, sul quale sei stato immolato come agnello e
togli davvero il peccato del mondo! Lo togli in quanto Dio, ti immoli in quanto
uomo. Benché infatti tu sia stato crocifisso nella debolezza della carne
passibile, tuttavia fosti il Signore delle potenze che trascendono il peso del corpo
e della materia, e la tua divina potenza si è manifestata pienamente
nella debolezza umana, una volta che hai
fiaccato e prostrato il nostro comune tiranno. E così la croce è motivo di
forza e di gloria, non già di vergogna.
O letto sul quale si
addormentò il Re della gloria reclinando spontaneamente il capo, e si abbandonò
volentieri a quel sonno di vita, lui che assopito in quel sonno abbattè il
nemico sempre desto, dopo aver spogliato il regno degli inferi! In tal modo
contemplò la tua gloria il veggente di Dio, Isaia, che c'insegna anche un altro
mistero quando dice: «Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano
un carbone ardente che aveva preso con le molle dall'altare. Egli mi toccò la
bocca e mi disse: ecco, questo ha toccato le tue labbra, perciò è scomparsa la
tua iniquità e il tuo peccato è espiato» (Is 6,
6-7). Ambedue le cose ti si addicono, o croce: tu sei letto e sei altare.
Letto perché in te si è addormentato colui che è immortale; altare a causa
della vittima per noi offerta e per quel singolare sacrificio che egli ha
immolato per la salvezza del mondo: noi crediamo che tu sei l'altare dell'Agnello
divino.
Ma ora, o croce, mi
rivolgo a te e di nuovo stento a staccare le mie labbra dall'amore che mi
attira a te. O croce, altare degno di ogni venerazione, accetta questo dono
delle mie lodi e benedici il mondo intero!
responsorio
Ecco la croce del
Signore: fuggano i suoi nemici! Il leone di Giuda,
* il germoglio di Davide ha
vinto! Alleluia.
O croce benedetta, sulla quale ha trionfato il Re degli angeli,
il germoglio di
Davide ha vinto! Alleluia.
Oppure: Dalle «Opere» di san
Giovanni Battista della Concezione, sacerdote
(Obras, Roma 1830; tom 3, esort. 1, pp. 4-5)
Il discepolo di Cristo,
oltre a rinnegare se stesso, deve portare la sua croce
A
chi vuole seguirlo, Cristo chiede due cose: che rinneghi se stesso e che prenda
la sua croce. Le due richieste sembrano una medesima cosa. Infatti, la croce
più grande e più pesante che un uomo porta e sperimenta sulla terra è quella
del rinnegare se stesso, non poter fare mai la propria volontà e vivere nella
lotta con se stesso, crocifiggendo sempre i propri desideri e la propria
volontà così, come sono trafitti i legni della croce.
Ora,
se il rinnegare se stesso è già una vera croce nella quale è riposta la
perfezione cristiana, perché Cristo, dopo aver chiesto l'abnegazione, aggiunge
anche che prenda la sua croce?
Rispondo,
in primo luogo, che agli uomini perfetti, dopo la piena abnegazione, Dio suole
preparare un'altra croce interiore, segreta e nascosta a tutti, e nessuno sa
come e quale sia, tranne Dio, che l'ha fatta così appropriata alla persona che
la porta, che croce e persona sembrano una sola cosa. Infatti tale croce non si
trova mai senza la persona crocifìssa, né la persona crocifìssa senza tale
croce.
In
secondo luogo, rispondo che rinnegare se stesso è una croce interiore che
l'uomo stesso si va costruendo ogni giorno della propria vita. Oltre a questa
croce, ognuno ne ha un'altra che Dio ha fatto proprio per lui; in questa croce
mai si potrà trovare bene, se prima non ha rinnegato totalmente se stesso.
Infatti, se vuole essere inchiodato mani e piedi sulla croce, il che significa
nelle opere e negli affetti, deve agire e voler patire solo per Cristo,
sopportando le sofferenze che Dio gli vuole inviare; se invece volesse agire
secondo la propria volontà e i propri desideri, senza rinnegare se stesso,
allora non potrà mai dirsi crocifisso.
In
terzo luogo, rispondo che Cristo parla di due croci, una come rinnegamento di
se stesso e l'altra con il nome proprio di croce, perché l'uomo sappia che la
sua perfezione non consiste unicamente nella croce che da se stesso prende, ma
anche in altra croce che Dio gli offre e gli uomini gli pongono sulle spalle.
In
quarto luogo, aggiungo che è una misericordia grande di Dio che l'uomo,
interiormente crocifisso con il perfetto rinnegamento di sé, abbia un'altra
croce dall'esterno che lo aiuti a portare quella interiore, come chiodo che
scaccia chiodo. E siccome ordinariamente la croce interiore è
quella che più si fa sentire e più affligge, è di particolare consolazione per
l'uomo poter trovare un'altra croce esteriore che lo distolga da quella
interiore. È vero che ambedue sono croci, ma è un sollievo cambiare cibo anche
quando l'uno è insipido come l'altro. Se un uomo alza le mani in croce non può
restare in quella posizione più di un quarto d'ora; ma se al di dietro gli
viene posta una croce che sorregga la croce delle sue braccia, potrà resistere
per molte ore. Allo stesso modo. Dio alla croce interiore dell'uomo ne avvicina
un'altra esteriore per aiutarlo a sopportare le pene che interiormente lo
affliggono. Per questo Cristo a quelli che lo vogliono seguire, non dice soltanto di rinnegare se
stessi, portando la loro croce interiore, ma di prendere anche un'altra croce esteriore che li aiuti e li
sollevi nelle pene e sofferenze interiori.
Responsorio Lc
9, 23; 14, 27
Se
qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso,
* prenda la sua
croce ogni giorno e mi segua.
Chi non porta la propria croce e non viene
dietro a me, non può essere mio discepolo.
Prenda
la sua croce ogni giorno e mi segua.
Orèmus. Preces familiae tuae, quaésumus, Dòmine, cleménter
exàudi: ut sicut de fèrvido beàtae
Hélenae stùdio ubique gaudet, quae
laeta desideràtum sanctae Crucis
lignum invénit; ita eius méritis et
précibus in caelésti glòria semper gaudére mereàtur. Per Christum Dóminum
nostrum. R. Amen.
Ad laudes
Ad Ben ant. Elena, madre di
Costantino, venne a Gerusalemme per ritrovare la Croce del Signore.
orazione Ti supplichiamo, o Signore, di esaudire, nella tua clemenza, le preghiere della tua famiglia. E
com'è motivo di gioia lo zelo di sant’ Elena, che ritrovò il desiderato legno
della santa Croce, così i suoi meriti e la sua intercessione ci ottengano di
raggiungere l'eterna gloria celeste. Per il nostro Signore …..
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