lunedì 15 agosto 2011

Celebrazione Eucaristica
presieduta da
S. E. Rev. ma
Mons. Arturo Aiello

SOLENNITÀ DELL’ASSUNZIONE DI MARIA AL CIELO
Primi Vespri
Santuario dei Lattani Roccamonfina,
14 agosto 2010 ~


Saluto iniziale

Carissimi sacerdoti e diaconi, carissimi fratelli e sorelle,
dopo un breve pellegrinaggio nella notte, giungiamo a questa Eucarestia, preludio della Solennità di domani e preludio di ciò che ci attende alla fine dei tempi, oltre questa valle di lacrime, attraversando la quale invochiamo la Madonna come dolcezza, speranza nostra. Torniamo qui ancora nell’eco della Peregrinatio - tra l’altro, nell’ultimo giorno utile per ricevere il dono dell’indulgenza plenaria - e ci disponiamo a celebrare con gioia i Santi Misteri. Chiniamo il capo, confessiamo le nostre colpe, affidiamoci senza falsi pudori alla misericordia di Dio.

LETTURE
Ap 11, 19a; 12, 1-6a. 10ab
1 Cor 15, 20-27a
Lc 1, 39-56

Omelia

Carissimi fratelli e sorelle,
per chi ci avesse guardati da lontano o dall’alto, mentre venivamo in pellegrinaggio recitando il Rosario nella notte, saremmo apparsi come un gruppo di irriducibili, un piccolo stuolo di non rassegnati, di persone che ancora cercano, che ritengono la loro vita preziosa in tutti i suoi aspetti.

La Solennità dell’Assunzione di Maria al Cielo ci dà la possibilità di guardare all’uomo redento, all’uomo salvato in tutti i suoi aspetti, senza che nulla vada perduto; come per i pezzi di pani sbocconcellati, avanzati alle varie moltiplicazioni dei pani, anche della storia di ogni uomo, anche per i corpi si dice: Raccogliete i pezzi avanzati perché nulla vada perduto. Penso in questo momento ai corpi martoriati che giacciono in fondo al mare, senza sepoltura: Andiamo a raccoglierli (ci pensano gli angeli). Penso a corpi dilaniati dalle bombe e da altri esplosivi, da atti di violenza, cementati in piloni nei cantieri gestiti dalla mafia: corpi di cui sembra non esserci più traccia. Penso ai corpi di quei figli che le madri sudamericane cercavano, protestando nelle piazze fino a pochi anni fa: Dove sono? Che ne è? E se parlo di quei corpi che sembrano annientati, di cui non c’è neanche una lapide su cui piangere, tanto più valga per i corpi dei nostri defunti e per i nostri corpi, quelli con i quali siamo saliti ansimanti per il canto, la salita e la recita del Rosario.

Che ne sarà del mio corpo, del tuo corpo? Cos’è questo corpo al maschile, al femminile? Per tre quarti è costituito dall’acqua, ma quando vediamo il nostro corpo trasformato in formula chimica, non ci rassegniamo che sia per tre quarti di H2O e poi di altri elementi che possano trovarsi in questa o in quella percentuale.

Il corpo di mia madre, il corpo della persona che ami, i corpi dei tuoi figli, il corpo dei tuoi amici, i corpi dei santi valgono molto di più. Siamo nel nostro corpo, ma il corpo non è solo una base di lancio: appartiene alla nostra storia in una maniera indissolubile, in un matrimonio, in un connubio che niente e nessuno potrà mai separare. Il nostro corpo è per l’eternità come la nostra anima.

Questo annuncio ci viene dato stanotte. Ecco perché vi dicevo che potevamo essere indicati come un drappello di irriducibili che non si rassegnano alla morte, che non si rassegnano alla malattia, che non si rassegnano alla violenza, ma che non si rassegnano neanche agli estetismi che pure umiliano il corpo e che sembrano esaltarlo, che non si rassegnano a corpi macerati dal dolore negli ospedali, che non si rassegnano ai corpi che sono segnati, a volte fin dall’infanzia, dalla violenza, a corpi senza carezze e senza dolcezza. Questi corpi, i nostri corpi, sono per la gloria.

Nell’Assunzione di Maria la Chiesa ha letto da sempre la Pasqua di Maria, cioè si realizza in Lei ciò che è già accaduto in Gesù morto, risorto e asceso al cielo. Dunque, questi due corpi presenti nella gloria, uno al maschile e uno al femminile, ci assicurano come pegno, come primizia, come testa di ponte, che sarà così anche per noi. Ciascuno di noi è chiamato a guardare l’altro e ad utilizzare il corpo per la gloria.

Abbiamo ascoltato, nel brano della Visitazione, la fisicità di Maria, di Elisabetta: il suono della voce, gli occhi, lo sguardo, il canto, l’abbraccio, il Magnificat… Tutto questo sarebbe stato impossibile senza la mediazione – essenziale per noi – che è il nostro corpo e che da mediazione – permettetemi questo assurdo – da mezzo di santificazione diventa anche fine di santificazione. Allora mi va di ripetervi che non è vero che la Chiesa – e la nostra fede – umilia i corpi. La Chiesa, prima di ogni altro, ha venerato i corpi dei santi: le reliquie non sono che l’espressione di questa devozione per ciò che rimane di un corpo e che sembra del tutto insignificante. Eppure si fanno pellegrinaggi di chilometri e chilometri, di giorni e giorni, per venerare i resti del corpo di un apostolo vissuto duemila anni fa: segno di un rispetto, segno di una venerazione, segno di una visione alta, grande, luminosa della fisicità. Ed è solo a partire da questa visione, cioè di corpi lanciati verso le stelle, che nasce un’esigenza etica. Non sono gli imperativi morali di per sé a dire della grandezza del corpo, ma è la grandezza del corpo, dell’uomo in tutti i suoi aspetti, che chiede che questo lenzuolo di carne sia venerato, baciato, rispettato, incensato (come avviene nella Liturgia), profumato e guardato con venerazione; come veneriamo le piaghe del Redentore, così veneriamo le piaghe nel corpo della Chiesa, le piaghe nel corpo dei cristiani, siano esse piaghe fisiche ma anche piaghe più nascoste e che pur fanno sorgere il grido del dolore, il grido del “perché”. Un giorno, tutti i “perché” che ci siamo posti, guardando le nostre sofferenze e quelle dei nostri cari, si scioglieranno in un canto, in un alleluia, perché capiremo che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi – e sempre stando con San Paolo – perché mentre l’uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore cresce di giorno in giorno, e non per dire che si sfalda l’aspetto epidermico, esterno, fisico, perché l’anima possa progredire, ma perché lo sfaldamento e la glorificazione sono intimamente collegati. Dobbiamo uscire dalla Solennità dell’Assunzione di Maria con un sogno grande su di noi, sulle persone che amiamo, sui nostri corpi, sui nostri volti, sui nostri occhi, su quelle infinite possibilità che abbiamo di comunicare; cerchiamo di comunicare sempre meglio, in una maniera sempre più alta. Usciamo dalla celebrazione della Solennità di Maria assunta in cielo, sapendo che i nostri defunti vivranno con noi questa gloria: saremo vestiti a festa, saremo anche noi bellissimi come non lo siamo mai stati, neanche da giovani, neanche nel momento più luminoso della nostra adolescenza o della nostra giovinezza. E se facciamo esperienza - come ne facciamo e come ne faremo - di un corpo che va disfacendosi, è solo per puntare in alto e per credere che ciò che ci sembra sfaldarsi, va ricostruendosi altrove in una maniera più artistica, più bella, più grande. Auguri dunque.

Ci siamo incontrati nella notte perché questo drappello di irriducibili crede ancora, sogna ancora sulla materia, sogna ancora sulla carne, sogna ancora su un profilo, sogna ancora su un colore degli occhi, sogna ancora sul timbro di una voce, sogna ancora nella possibilità che il corpo possa liberarsi pienamente nella danza: dal bambino all’anziano, fino alla tomba, la nostra è una grande scuola di danza. Ovviamente i primi passi sono sempre imperfetti, pedanti e non armoniosi, ma man mano che andiamo avanti, guardiamo il nostro corpo con gli occhi del cuore per scorgere che questa danza sempre più si immedesima con la musica e la musica è la storia di Gesù, Figlio di Dio incarnato, che è venuto a salvarci nella carne, che ha sofferto nella nostra carne, è stato crocifisso e sepolto, ed è risorto il terzo giorno. Questa è la musica - non altra! - la grande sinfonia della fede. E su questa musica, con gesti sempre più perfetti e sempre più in sintonia, si muove e si muoverà la nostra danza. Quindi auguri anche per voi che avete il corpo ferito, acciaccato, limitato, con le cicatrici degli interventi chirurgici, anche per voi che siete anziani e fate fatica a respirare e avete l’asma. Auguri: i nostri corpi sono per la gloria, conserviamoli e veneriamoli, e facciamo in modo che non siano avviliti dalle nostre passioni.

Il testo, tratto direttamente dalla registrazione, non è stato rivisto dall’autore.

Nessun commento:

Posta un commento