lunedì 18 aprile 2011

Non potendo sopportare un uomo giusto,
ti condannarono a morte vergognosa.




Dagli Inni di s. Simeone, nuovo teologo (SC 174, 451)


Ti rendo grazie, re giusto e compassionevole,
perché hai sofferto per noi


Ti rendo grazie, Signore,
ti rendo grazie, Unico!
Tu che scruti i cuori,
re giusto e compassionevole.

Tu che non potevi soffrire,
hai voluto soffrire a causa degli ingiusti,
per dare a me condannato l'impassibilità
nell’ imitazione delle tue sofferenze.

Giusto è il tuo giudizio,
e il comandamento che ci hai dato da osservare:
l'umiltà.

Come tu hai sofferto,
senza avere peccato,
così chiedi a noi,
autori di ogni peccato,
di sopportare prove e tribolazioni,
persecuzioni e anche la morte.

Ti hanno trattato da indemoniato,
da pazzo, nemico di Dio
e trasgressore della legge.

Sei stato arrestato come un malfattore,
incatenato, beffeggiato,
abbandonato dai discepoli e dagli amici.

Sei apparso dinanzi al giudice
come un condannato,
e hai accettato la sentenza.

Per una parola che dicesti,
ti diedero uno schiaffo,
e il tuo silenzio ti valse la condanna.
E, non potendo sopportare un uomo giusto,
ti condannarono gli uomini a morte vergognosa.

Ti colpirono il capo,
ti incoronarono di spine,
ti rivestirono di un abito scarlatto
per essere oggetto di scherno,
portasti la croce sulle spalle,
e vi fosti, innalzato.

Ti ringrazio, Signore,
di farmi soffrire ingiustamente;
e, se anche fosse per colpa mia,
accogli il mio dolore come espiazione
per i miei immensi peccati,
ma non mandarmi prove al di là delle mie forze.

Tu dispensi ogni bene a chi ricorre a te dal profondo del cuore,
e gli concedi la speranza
e i doni del tuo adorabile Spirito divino.

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