QUINTA STAZIONE:
IL CIRENEO
IL CIRENEO
Non si può essere soli,
non è bene Dio disse,
non è bene Dio disse,
cercano di essere insieme
anche le stelle
Un uomo, un passante è fermato, requisito e costretto a portare per un tratto la Croce di Gesù. Gli ha camminato a fianco, affannato dopo una giornata di lavoro nei campi, con sulle spalle il peso della redenzione.
Anche tu eri un passante, uno spettatore, uno dei tanti che si assiepano al passaggio della processione del Venerdì Santo muniti di registratore o di macchina digitale per ritrarre uno scorcio, per fermare un momento. Quell'anno avevi deciso di marinare il lungo corteo degli incappucciati per goderti lo spettacolo dall'esterno, o per protesta, o semplicemente per stanchezza. "Ho lavorato tutto il giorno, quest'anno non me la sento, avrò diritto anch'io a un momento di pausa...". Cercasti di nasconderti per non essere visto dagli amici e per non distrarli in un momento così solenne. Avresti guardato tutto il corteo e poi saresti tornato a casa a riposare. Tutto scorreva lento e mesto come al solito: i bambini dell'inno, l'enorme onda lunga del coro del Miserere, poi i segni della passione, le statue, gli sguardi, i sospiri che sono preghiera. Ad un tratto chi portava una croce vacillò, ondeggiò, cadde faccia sul legno. Il cerimoniere più vicino corse a rialzarlo tra il brusio della folla. Sangue sull'asfalto e lamenti, momento di panico: scena imprevista negli annali delle confraternite. Il priore accorso si guarda attorno, mi fissa, mi sento scoperto: "Filippo, prendi il suo posto!".
Fu così che mi sentii chiamato, quasi costretto dalla grazia, da quell'incidente. Un segno. Li cerchiamo continuamente, la nostra vita ne è piena, ogni giorno ce ne sono a centinaia, ma noi non li avvertiamo, o non vogliamo vederli. Feci quell'ultimo tratto di processione con dentro il cuore un misto di rabbia e di pace. Capii di essere stato scelto come Cireneo. Avevo fatto orecchie da mercante per anni, vanificato grazie e richiami, avevo navigato e sostato nei porti come tutti i marinai e quando nessuno più guardava a me entrai in seminario. A trent'anni. "La vocazione è mattutina" mi ero ripetuto più volte per dire che per me era troppo tardi, ma ho scoperto che Gesù passa più volte e nelle ore più disparate per chiamare operai nella sua vigna. Quando il vescovo mi impose le mani avevo già qualche capello bianco e le scarpe consumate.
Quando monta la rabbia per incomprensioni e stanchezze ripenso alla mia insolita chiamata, un Venerdì Santo quando il peso della croce fece stramazzare un portante e mi dico: "Tu sei Simone di Cirene: devi solo portare la Croce per un tratto senza protestare!". È allora, Gesù, che sento la tua presenza accanto a me, la tua stanchezza cui la mia cerca di portare sollievo, la tua riconoscenza muta che mi esalta. So che non è mia la Croce ed il mio starti accanto per un tratto di strada enorme privilegio. Quando mi vedi più stanco e deluso ricordami che Dio ama farsi aiutare e poggia piano la mano sulla mia spalla piagata come si accarezza adagio un asino avanti un carro troppo pesante.
È qui, nella stazione del Cireneo che mi ricordo di tanti miei collaboratori che rendono possibile annunciare il Vangelo in un mondo che cambia. Senza il loro apporto la mia parrocchia sarebbe ferma da anni: tirano il carro con me, portano la croce per un tratto di vita, spesso di giovinezza, con la passione di Timoteo e Tito, hanno l'ardore di Prisca e Aquila, lo sguardo chiaro di Andronico e Giunia, la caparbietà di Epèneto e Ampliato, l'amore alla Chiesa di Apelle e di Aristòbulo collaboratori di Paolo. I loro nomi, come quello di Simone di Cirene, anche se non annoverati in una piega del Vangelo o in calce a una lettera dell'Apostolo, sono scritti nei cieli e la loro memoria sarà in benedizione.
+ A.A.
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