Dalla Libia si prepara un altro 11 settembre
Il rischio di un altro 11 settembre, con aerei di linea utilizzati per azioni suicide questa volta contro obiettivi nel Mediterraneo, rappresenta l’ennesima minaccia proveniente dal tracollo della Libia dove territori sempre più ampi sono sotto il controllo dei gruppi estremisti islamici. L’allarme lo hanno lanciato i servizi segreti algerini ed è stato preso molto sul serio in Egitto e Tunisia, un po’ meno forse in Europa. Secondo quanto riferito dal quotidiano algerino Al Khabhar gli estremisti islamici libici che combattono da settimane contro le milizie di Zintan per il controllo dell’aeroporto di Tripoli avrebbero messo le mani su una decina di aerei civili, che potrebbero venire utilizzati per azioni in stile 11 settembre 2001.
La notizia non ha avuto molta visibilità in Italia e in generale in Europa (dove alcuni Paesi avrebbero però innalzato a titolo precauzionale il livello di allarme della difesa aerea) forse perché molti report hanno riferito che tutti i circa 20 velivoli civili e militari presenti all’aeroporto della capitale libica sono stati distrutti dai bombardamenti tra milizie rivali (con danni valutati oltre 2 miliardi di dollari) inclusi diversi Airbus A-300 e A-320 delle compagnie Afriqiyah Airways e Libyan Airlines.
Altre fonti sostengono invece che i velivoli presenti sullo scalo fossero una trentina circa, un terzo dei quali finiti intatti nelle mani delle milizie islamiste che vedono alleate le formazioni di Misurata, gruppi salafiti e forze legate ai Fratelli Musulmani. Gruppi che del resto controllano già diversi aeroporti incluso quello di Misurata e Sirte più volte segnalati per traffici di armi e miliziani provenienti dall’estero.
Una fonte militare algerina ripresa dal quotidiano al-Wasat ha confermato la notizia «di possibili attacchi terroristici non solo in Algeria ma anche in Tunisia e Marocco». Algeri ha rafforzato la sicurezza ai confini con Libia e Tunisia e incrementato la difesa aerea con voli dei caccia e il posizionamento lungo la frontiera di batterie di missili terra-aria SA-3 di origine russa. Non proprio l’ultimo grido in fatto di difesa antiaerea ma più che sufficienti ad abbattere un pesante e lento velivolo commerciale.
Un allarme ancor più grave si registra a Bengasi, la capitale della Cirenaica finita da oltre due settimane nelle mani dei qaedisti di Ansar al-Sharia che l’hanno strappata ai militari fedeli al generale Khalif Haftar forse fuggito in Egitto dopo la disfatta militare dei suoi uomini. I miliziani di Ansar al-Sharia hanno occupato l’aeroporto, un paio di ampie caserme dove hanno messo le mani su alcuni aerei, veicoli e armi pesanti e hanno assunto il controllo del porto.
Difficile prevedere le mosse dei qaedisti che utilizzano porto e aeroporto per far affluire armi e volontari dall’estero approfittando anche del fatto che nessuno esercita un reale controllo sugli spazi marittimi e aerei della Cirenaica. Le forze aeree di Haftar hanno colpito la scorsa settimana una nave carica di armi provenienti dalle milizie dello Stato Islamico in Siria e Iraq (forse parte del bottino catturato all’esercito iracheno a Mosul) dirette ad Ansar al-Sharia ma ora che gli uomini del generale sono stati sconfitti, la via per rifornire i qaedisti è aperta considerato che nessuno controlla gli spazi marittimi libici.
Alcune voci riferiscono anche di un’anomala concentrazione di barche nel porto di Bengasi: notizia che, se confermata, potrebbe indicare che anche in Cirenaica le milizie puntano a incassare denaro facile gestendo i traffici di immigrati clandestini verso l’Europa e soprattutto l’Italia. Traffici finora gestiti soprattutto dalle organizzazioni criminali della Tripolitania ma che potrebbero costituire anche un ottimo veicolo per infiltrare sul territorio europeo cellule terroristiche.
A preoccuparsi dell’espansione dei qaedisti in Cirenaica è soprattutto l’Egitto che ha già registrato molti scontri a fuoco con qaedisti e trafficanti di armi ai suoi confini occidentali dove sono stati uccisi nelle ultime settimane almeno una ventina di guardie di frontiera. Il rischio di attentati suicidi effettuati con aerei civili è percepito come tangibile dalle autorità egiziane e fonti aeroportuali del Cairo riferiscono che è stato impartito l’ordine alla difesa aerea di abbattere velivoli con comportamenti sospetti o entrati senza autorizzazione nello spazio aereo nazionale.
Secondo rapporti dell’intelligence algerino e tunisino il successo degli islamisti in Libia è dovuto all’arrivo di circa 5 mila miliziani di diverse nazionalità (tunisini, libici, algerini, egiziani e persino francesi), tutti reduci della guerra in Siria, fatti affluire insieme a ingenti quantitativi di armi con un ponte aereo dal Qatar utilizzando soprattutto gli aeroporti di Sirte e Misurata. Grazie a queste unità composte da combattenti esperti, Ansar al-Sharia ha potuto prendere Bengasi e viene alimentata l’offensiva su Tripoli, tappa intermedia per l’attacco a Zintan, roccaforte dell’unica grande milizia anti-islamista della Tripolitania.
Queste notizie sono state rese note il 4 agosto dall’intervista pubblicata dal giornale tunisino al-Tunisya a Rafiq Shely, che fu direttore della sicurezza presidenziale ai tempi di Ben Alì e alto ufficiale dei servizi segreti attualmente Segretario generale del “Centro Studi sulla Sicurezza Globale” di Tunisi. Nell’intervista Shely sottolinea gli stretti rapporti tra i miliziani islamisti in Libia, quelli dello Stato Islamico che controllano parte dei territori siriani e iracheni e il Qatar. Molti volontari nordafricani che hanno combattuto sotto le bandiere dell’ISIS (oggi IS) sarebbero rientrati in Libia per assumere il controllo del Paese e da lì estendere gli attacchi alla Tunisia e a tutta la regione unendosi ai movimenti jihadisti già attivi nel sud dell’Algeria e in Malì, che godono anch’essi dell’appoggio del Qatar e di finanziatori presenti in altri emirati del Golfo Persico.
Notizie difficili da verificare ma certo tutti gli elementi sembrano confermare quanto riportato dalle fonti citate, incluso il misterioso ponte aereo, segnalato negli ultimi mesi anche dalla pubblicazione specializzata britannica Jane’s Defence Weekly, che riferì di aerei cargo privi di insegne che sbarcavano armi e personale in alcuni scali libici controllati dalle milizie islamiste.
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