Sono
lefebvriani! ... (Quando si ricorre ad un termine al solo fine di squalificare e
silenziare)
S.Giovanni
Paolo II del 6 2 1981: “i cristiani d'oggi si sentono in gran parte sperduti,
confusi, perplessi e persino delusi”. Il Santo Padre ne sintetizza la cause con
queste parole: “vengono diffuse dappertutto delle idee contrarie alla verità
rivelata e da sempre insegnata. Vere e proprie eresie sono state divulgate nel
campo del dogma e della morale, suscitando dubbi, confusione, ribellione. Anche
la liturgia è stata profanata. Immersi in un relativismo intellettuale e
morale, i cristiani sono tentati da un illuminismo vagamente moralista e da un
cristianesimo sociologico, senza dogma definito e senza moralità oggettiva”.
Di questi tempi sembra di assistere, nei confronti di coloro che
difendono e promuovono la Tradizione e quindi, in particolare, la Messa in rito
antico (la Messa “di sempre”), una sorta di caccia all'untore di manzoniana
memoria. Una caccia fomentata ad arte da chi odia la Tradizione e, ancor più,
la Messa tradizionale.
Durante i periodi di pestilenza, l'untore (ne I promessi sposi Renzo viene
accusato di essere uno di loro) era un individuo sospettato di cospargere di
una sostanza giallastra ogni dove per contagiare con il morbo gli sventurati
che ne venivano a contatto. Tale convinzione si era così radicata nella
credenza popolare che veniva attribuita agli untori la causa del diffondersi
della peste, provocando nei loro riguardi una persecuzione del tutto simile ad
una vera e propria caccia alle streghe. Di untori si parla anche nella Storia della colonna infame,
sempre scritta dal Manzoni, dove viene raccontata la storia di Gian
Giacomo Mora, barbiere accusato di diffondere la peste. La caccia all' untore
culmina in un processo-farsa e in una condanna a morte. In memoria della sua
«infamia» viene eretta una colonna, che diventa però simbolo dell' ingiustizia
commessa.
Gli untori, oggi, pare siano individuati nei cosiddetti
tradizionalisti che altro non fanno che infettare cioè, parafrasando ai tempi
nostri, impedire, destabilizzare, scompaginare i piani della nuova chiesa
postconciliare tutta intenta a rinnovarsi ed aprirsi al mondo modificando
geneticamente la dottrina “di sempre”: sicché questi cattolici piantagrane
devono essere squalificati, meglio ancora, tolti di mezzo (al momento non
ancora fisicamente, un domani chissà). In che modo? Con la furbizia e la
meschinità innanzitutto, magari facendo leva anche sulla semplicità d'animo dei
fedeli: da una parte infatti, nelle omelie o nei cosiddetti incontri di
catechesi, inculcando nella loro testa il dogma del Concilio vaticano II e la
sua rottura con un chiesa del passato bigotta e retrograda; dall'altra,
identificando gli indisciplinati tradizionalisti, veri e propri “sabotatori” da
additare e colpire con tutta la potenza della attuale misericordia (quella, per
intenderci, che ha disintegrato i Francescani dell'Immacolata, un ordine trai
più fiorenti quanto a vocazioni e desiderio di vivere la regola in modo
autenticamente cattolico), coniando un termine che renda bene l'idea
nell'immaginario collettivo al solo scopo di porli in cattiva luce: lefebvriani!
Al di là della curiosa costatazione che il termine in questione
viene utilizzato spesso da chi neppure conosce le vicende che hanno interessato
mons. Lefebvre e i sacerdoti che fanno parte della Fraternità San Pio X, da lui
fondata, resta il fatto che ci sono anche coloro che invece ben rammentano la
questione lefebvriana e proprio per questo nutrono un'avversione viscerale
contro chi si è opposto con caparbio eroismo alla deriva modernista indicando
le ambiguità contenute in molti documenti conciliari e lanciando l'allarme dei
pericoli che ne sarebbero derivati per la salvezza delle anime dei fedeli: una difesa
della Verità che sa di accusa a quanti intendono edulcorare la dottrina
cattolica per piegarla alle esigenze dell'uomo, del suo io e delle sue voglie
...
Con ciò non si intende qui lanciare un'arringa difensiva nei
confronti della FSSPX (la cui posizione canonica presenta indubbie
problematicità) ma sottolineare che ben altra è la realtà rispetto a quella
presentata anche da tanti sacerdoti, vescovi e cardinali (alle prese
evidentemente con tanta ignoranza o altrettanta malafede?) i quali hanno sempre
puntato il dito contro chi è definito lefebvriano al solo scopo di motivare
rappresaglie di stampo staliniano, quando invece sarebbe opportuno e più logico
chiedersi come è possibile considerare sovversivi e pericolosi coloro che, in
ambito dottrinale, non intendono modificare di una virgola ciò che si è sempre
detto, fatto, insegnato.
Già scriveva mons Lefebvre: “Mi
vedo obbligato a dissipare un malinteso così da non dover più tornarci sopra:
io non sono il capo di un movimento ed ancora meno il capo di una Chiesa
particolare. Non sono, come invece non si smette di scrivere, il capo dei
tradizionalisti. Si è persino giunti a qualificare alcune persone col nome di
lefebvriani, come se si trattasse di un partito o di una scuola. È un abuso di
linguaggio. Io non ho una dottrina personale in materia di religione. Mi sono
attenuto per tutta la vita a ciò che mi è stato insegnato sui banchi del
seminario francese di Roma, cioè alla dottrina cattolica secondo la
trasmissione fattane, di secolo in secolo, dal magistero fin dalla morte
dell'ultimo apostolo, che segna la fine della Rivelazione” (“Lettera aperta ai cattolici perplessi”).
Sulla questione del termine “lefebvriano” e del trabocchetto
psicologico ad esso legato, giova, per altro, rammentare le parole del prof.
Roberto de Mattei (in occasione della presentazione del suo libro Il Concilio Vaticano II, una storia
mai scritta tenuta nel 2011 a Bologna): “Nel 1994 io scrissi un libricino dal
titolo “il Centro che ci portò a sinistra” per mostrare come la Democrazia
cristiana fosse un partito politico di centro che si muoveva verso sinistra
cioè che trasbordava verso sinistra il suo elettorato che era un elettorato
moderato conservatore. In quegli anni, anni 70 e 80, in Italia il peggior
peccato politico era l'anticomunismo; gli anticomunisti erano spregiativamente
liquidati come fascisti. Il termine fascismo, indicante non il fascismo storico
ma l'anticomunismo, era stato coniato dai comunisti; però i centristi facevano
loro questo termine perché preferivano il compromesso storico con i comunisti a
qualsiasi tipo di alleanza con i cosiddetti fascisti (cioè con gli
anticomunisti), perché erano convinti, i centristi, che il mondo andasse a
sinistra... (e qui a Bologna p. Tomas Tyn che non era un centrista ma era un
anticomunista, un anticomunista che arrivò ad offrire la sua vita per la
liberazione della propria patria dal comunismo, p. Tyn era emarginato, anche
nel suo convento, per il suo anticomunismo, per il suo tradizionalismo).
Questo clima durò almeno fino al crollo del muro di Berlino nel
1989: si trattava di un'operazione di guerra psicologica basata sulla
elevazione a mito di un fatto storico, la Resistenza, e ricordo che fin dal
1968, affrontando il problema politico dei cattolici, Augusto Del Noce
denunciava la strategia progressista, una strategia secondo cui la Resistenza
cessa di essere un elemento da situare nella storia per diventare la misura della
valutazione della storia. Ecco io ho l'impressione che ciò che ieri era in
campo politico la Resistenza, sia oggi divenuto il Concilio Vaticano II, cioè
un evento che cessa di essere un elemento da situare nella tradizione cattolica
per diventare la misura della valutazione della tradizione.
E ho l'impressione che i progressisti abbiano sostituito il
termine politico di fascismo con quello di lefebvrismo per indicare con questo
termine non gli appartenenti alla Fraternità San Pio X (io non sono uno di questi)
ma i tradizionalisti o i non progressisti in generale.
Anche p. Cavalcoli, qui presente, che certamente non è un
progressista, per timore di essere definito tradizionalista agita un po' questo
fantasma del lefebvrismo e però così facendo perde la battaglia del linguaggio,
cede al progressismo, e ci ripropone la vecchia strada del centro che ci portò
a sinistra. Però qui ciò che è in gioco sono cose più gravi perché non è in
gioco la politica ma la Fede.
Tantè che p. Cavalcoli è consapevole della drammatica crisi che
oggi attraversa la Chiesa perché in un suo recente bel libro dal titolo “La
questine dell'eresia oggi” scrive giustamente e cito – forse mai come oggi
nella storia della chiesa è esistita tanta confusione dottrinale e tanto
pullulare di eresie a tutti i livelli e a tutti gli ambienti; […] è talmente
grave la confusione odierna in fatto dottrinale che chiunque di noi, anche
teologo o vescovo, può accogliere e insegnare qualche eresia senza rendersene
conto e senza volerlo, tanta è l'astuzia e la potenza degli eretici. Essi
stessi forse a volte inconsapevolmente tali, influenti a volte anche negli
stessi vertici della chiesa cattolica e nelle sue istituzioni educative a tutti
i livelli -.
Ecco, queste parole descrivono una situazione drammatica ma se
questa è la situazione, come porre sullo stesso piano, come assumere una
posizione di equidistanza tra modernismo e lefebvrismo o tradizionalismo che
dir si voglia? (perché la Fraternità san Pio X si trova in una situazione di irregolarità canonica ma non diffonde eresie all'interno della Chiesa
mentre invece la macroscopica minaccia oggi alla Chiesa è rappresentata dal
modernismo, che come dice san Pio X è la sintesi di tutte le eresie, quel
modernismo o neomodernismo che è presente nei seminari, nelle università
pontificie, nelle librerie, nelle case editrici cattoliche, nelle cattedre
episcopali e, come dice p. Cavalcoli, negli stessi vertici della Chiesa
cattolica ...”
Risulta perciò evidente che oggi, con una crisi dottrinale e
liturgica ormai impossibile da disconoscere, è francamente privo di senso il
tentativo di affibbiare ai cosiddetti tradizionalisti l'etichetta di cattolici
estremisti poiché di questi tempi la realtà nuda e cruda si riduce alla ricerca
di chi è rimasto autenticamente cattolico, di chi insegna l'autentica dottrina
cattolica, di chi vive in maniera autenticamente cattolica.
Infatti “in
passato la via era nettamente tracciata; o la si seguiva, oppure no. C'era chi
aveva la fede, chi l'aveva perduta e chi non l'aveva mai avuta. Ma chi l'aveva
sapeva cosa doveva credere e cosa doveva fare. Oggi, molti non lo sanno più.
Nelle chiese si sentono dei discorsi che lasciano attoniti; si leggono
dichiarazioni contrarie a ciò che da sempre era stato insegnato ed il dubbio si
è insinuato nella mente dell'uomo. Il 30 giugno 1968, S.S Paolo VI chiuse
l'Anno della Fede con una professione di fede cattolica; nell'introduzione
metteva in guardia tutti contro gli attentati mossi alla dottrina, perché,
diceva, “ciò finirebbe per suscitare – come vediamo purtroppo oggi – il
turbamento e la perplessità in molte anime fedeli”.
Lo stesso concetto si ritrova in un'allocuzione di S.S. Giovanni
Paolo II del 6 febbraio 1981: “i cristiani d'oggi si sentono in gran parte
sperduti, confusi, perplessi e persino delusi”. Il Santo Padre ne sintetizza la
cause con queste parole: “vengono diffuse dappertutto delle idee contrarie alla
verità rivelata e da sempre insegnata. Vere e proprie eresie sono state
divulgate nel campo del dogma e della morale, suscitando dubbi, confusione,
ribellione. Anche la liturgia è stata profanata. Immersi in un relativismo
intellettuale e morale, i cristiani sono tentati da un illuminismo vagamente
moralista e da un cristianesimo sociologico, senza dogma definito e senza
moralità oggettiva”.
Questa perplessità si manifesta ad ogni istante nelle
conversazioni, negli scritti, nei giornali e nei programmi radiofonici o
televisivi, nel comportamento dei cattolici che si traduce, come appare dalle
statistiche, in una considerevole diminuzione della pratica cristiana, in una
sorta di insensibilità nei riguardi della Messa e dei sacramenti, in una
rilassatezza generale dei costumi. Di conseguenza, si è portati a chiedersi
cosa abbia provocato una tale situazione. Ad ogni effetto corrisponde una
causa. Si è forse affievolita la fede degli uomini per una diminuzione della
generosità dell'anima, per un vivo desiderio di godimento, per un'attrazione
dei piaceri della vita e delle molteplici distrazioni che offre il mondo
moderno? Queste non sono le vere ragioni, in quanto sono motivi che in un modo
o nell'altro sono sempre esistiti. Ciò che ha provocato la rapida caduta della
pratica religiosa è piuttosto il nuovo spirito che si è introdotto nella Chiesa
ed ha gettato il dubbio su tutto un passato di vita ecclesiastica,
d'insegnamento e di principi di vita. Tutto reggeva perché fondato sulla fede
immutabile della Chiesa; la fede si fondava su delle certezze: scardinandole si
è seminata la perplessità”.
Sono, queste ultime, parole condivisibili? Rispecchiano la realtà
che è presente dinanzi ai nostri occhi? Ebbene, a chi è ancora alla ricerca di
un briciolo di cattolicità che affiori da qualche parte, sarà forse motivo di
sorpresa il fatto che tali parole sono state pronunciate da mons. Lefebvre, proprio
quel mons. Lefebvre che viene additato come il vero male per eccellenza da
combattere e silenziare nella nuova chiesa progressista e modernista. Eppure,
limitandoci al contenuto del suo discorso, entrando nel merito della questione
sollevata dal fondatore della FSSX, mettendo da parte simpatie o meno per la
sua persona, tralasciando la questione canonica legata alla Fraternità, come è
possibile non riconoscere in quelle parole una vera esortazione d'amore e di
difesa per la Chiesa autentica e per Cristo stesso che così l'ha voluta?
Oggi, invece, vogliono darci da intendere che per 2000 anni la
Chiesa ha sbagliato tutto o quasi tutto. Pare essere ritornati alla tentazione
originaria di Adamo ed Eva: mangiate i frutti di questo albero e sarete come
Dio. La stessa cosa. Una chiesa che dice all'uomo: fai come ti pare, basta
seguire il concetto di bene che c'è in te, basta seguire la tua coscienza, e ti
salverai comunque, e sarai felice. Tutto viene così ridotto ad un soggettivismo
sfrenato che, impaziente, diventa persino violento pur di realizzare i propri
progetti.
Al tempo stesso il significato delle parole è venuto stravolto: ci
si è appropriati abusivamente del termine “cattolico” indipendentemente se ciò
che si pensa è conforme o meno all'insegnamento di Cristo. Tutto è divenuto
maschera, menzogna, avidità, ambiguità, malvagità. Il sovvertimento della
realtà è palese: ciò che era bene è divenuto male, ciò che è sempre stato male
è sdoganato come bene. E in tutto questo ribaltamento non poteva che essere
coinvolta anche la Messa “di sempre”, il vero obiettivo di quanto sta
accadendo: essendo Sommo bene, si è riusciti a dipingerla come sommo male.
Logico, è lo scontro drammatico che si ripete in ogni istante della storia tra
Cristo e satana, è la scelta ineludibile che impegna l'uomo, ciascun uomo:
essere di Cristo o non essere di Cristo ("Chi non è con me, è contro di me; e chi non raccoglie con
me, disperde". Mt 12, 30)
Perciò vediamo di essere non equivoci: oggi, in questo momento
storico, se essere fedeli alla dottrina cattolica che la Chiesa ha sempre
insegnato, se essere fedeli alla Tradizione conservandone l'incomparabile
preziosità, se essere fedeli alla Messa di sempre che ci riempie di Grazie, se
essere tutto questo significa venire bollati come fanatici, integralisti o
lefebvriani, ebbene siamo ben felici di essere considerati come coloro che non
si rendono partecipi del disfacimento in atto della vera Chiesa cattolica ad
opera dei suoi nemici interni che pare abbiano preso il sopravvento...
Ci toccherà ricostruire dove continuamente si distrugge: ne siamo
ormai abituati.
Stefano Arnoldi
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