domenica 21 settembre 2014

Madonna Barbie

SULLE DEVOZIONI “PSEUDO MARIANE” 

E SULLE “MISERICORDIE” TROPPO FACILI




poi non so se mi colpisce di più la Madonna bionda 

o il timore che a breve arrivi l'imprimatur 

e la benedizione di qualche prete.

Magari rientra anche questa nell'operazione commercio-


pastorale di avvicinare i ggiovani alla Chiesa.

Si legge, in alcuni scritti, che certi mantra o devozioni “para e/o pseudo mariane” —a mo’ quasi di formula magica— certamente hanno il “potere” di calpestare la Giustizia di Dio e di generare una certa “misericordia ad personam”. Sinceramente io avrei timore a scrivere certe fantasie, e ne spiegherò brevemente i motivi!
Stando a quel che leggo, specialmente su Facebook ed in alcuni blog “cattolici”, molti commentatori (credo e spero in buona fede), auto-dichiaratisi guidati dallo Spirito Santo e/o da qualche “veggente” contemporaneo, divulgano uno strano culto alla Vergine Maria, quasi una “fede parallela” che evidentemente cancellerebbe, già di suo, pene e colpe.
San Luigi Maria Grignon de Montfort, alle pagine 18 e succ. del suo Trattato della vera devozione a Maria, parla di “devoti presuntuosi”, di “altri falsi devoti della Vergine Santa che sono gli ipocriti” e di “devoti interessati”.
Purtroppo se oggi lo studioso contemporaneo —che non vuol assolutamente giudicare— si permette di sfatare alcuni miti della “mariologia puerile e passionale” e di smascherare alcuni “spiritismi” [cf. Bollettino ufficiale Medjugorje, 2/208, p. 81] spacciati per “messaggi mariani”, citando Magistero, cronache dell’epoca o documenti contemporanei, questi viene sottoposto —da alcuni— ad una sorta di processo inquisitorio abusivo, privo totalmente di contenuti ed altrettanto inconcludente dal punto di vista pratico, ovvero ai fini propri dell’evangelizzazione; credo, invece, che San Luigi avesse ed abbia tutti i titoli per educare alcuni “novelli apologeti” affascinati dal giudizio temerario.

I devoti presuntuosi [Op cit. n° 97]:
I devoti presuntuosi sono dei peccatori abbandonati alle proprie passioni, o degli amanti del mondo, i quali, sotto il bel nome di cristiani e di devoti della Santa Vergine, nascondono l'orgoglio, o l'avarizia, o l'impurità, o l'ubriachezza, o la collera, o la bestemmia, o la maldicenza o l’ingiustizia, ecc. Essi dormono tranquilli nelle loro cattive abitudini, senza sforzarsi molto per correggersi, con la scusa che sono devoti della Vergine e pensano che Dio li perdonerà e che non moriranno senza essersi confessati e che non andranno dannati perché recitano il Rosario, digiunano il sabato, sono iscritti la confraternita del Santo Rosario o a quella dello Scapolare, o perché sono membri di un'associazione, o portano l'abitino o la catenella della Santa Vergine, ecc. Quando si dice loro che questa devozione non è che una illusione del demonio e una pericolosa presunzione, capace di perderli, essi non lo vogliono credere; rispondono che Dio è buono e misericordioso, che non ci ha creati per dannarci e che non c'è uomo che non pecchi; dicono che non moriranno senza confessarsi e che un buon mea culpa in punto di morte basterà; e aggiungono che in più sono devoti della Santa Vergine, portano lo scapolare e recitano in suo onore ogni giorno sette Pater e sette Ave fedelmente e senza ostentazione, e anzi ogni tanto recitano pure il Rosario e l'ufficio della Santa Vergine e che digiunano, ecc. A conferma di quanto dicono e per accecarsi ancor più, raccontano qualche episodio, sentito o letto sui libri, non importa loro se vero o falso”.

Nulla, nel Cristianesimo, è più condannabile di una simile presunzione diabolica; come si può dire infatti di amare e onorare davvero la Santa Vergine, quando a causa dei propri peccati, si continua a colpire, a trafiggere, a mettere in croce e ad offendere senza pietà Gesù Cristo suo Figlio, ricorda il Santo.Sant'Ignazio di Loyola (cit. Perinde ac cadaver) smascherava anche lo spirito immondo che anima le ostinate disobbedienze; San Tommaso: “«Resistere in faccia davanti a tutti» passa [anche] la misura della correzione fraterna” [Summa Th., IIª-IIae q. 33 a. 4 ad 2].

Poi ci sono i devoti ipocriti [Op. cit. n° 102]:
Vi sono altri falsi devoti della Vergine Santa che sono gli ipocriti. Questi coprono i loro peccati e le cattive abitudini sotto il manto di questa Vergine fedele, per apparire agli occhi degli altri diversi da quello che sono”.

Infine San Luigi parla dei devoti interessati [Op. cit. n° 102]:
Un'altra categoria sono i devoti interessati, i quali ricorrono alla Vergine Santa solo per vincere qualche processo, o per evitare un pericolo, guarire da una malattia, o per qualche altro bisogno di questo genere; senza queste circostanze la dimenticherebbero. Gli uni e gli altri sono falsi devoti, senza valore davanti a Dio e alla sua santa Madre”.

San Luigi —che di certo non era “ignorante”, non era “nemico della Vergine Maria”, non aveva il “cuore indurito” e non era “cieco allo Spirito Santo”— motivava accuratamente queste sue deduzioni; aggiungeva inoltre [Op. cit. n° 90]:
Il demonio, come un falsario e ingannatore sperimentato, ha già raggirato e fatto perdere tante anime con una falsa devozione alla Santa Vergine; e ogni giorno, nella sua diabolica esperienza, si dà da fare per perderne molte altre, illudendole e facendole addormentare nel peccato, con il pretesto di qualche preghiera, recitata male, e di qualche pratica esteriore da lui suggerita. Come un falsario non contraffa di solito che l'oro e l'argento e solo raramente gli altri metalli, perché non ne vale la pena, così lo spirito maligno non falsifica tante altre devozioni, ma quelle di Gesù e di Maria, cioè la devozione all'Eucaristia e quella mariana, perché queste rappresentano ciò che l'oro e l'argento sono in confronto agli altri metalli”. [cf. Casini — Di Pietro, La vera devozione alla Vergine Maria, Segno, 2012].

Credo che anche il Concilio di Trento, che di certo non fu “anti mariano” e non fu “poco docile allo Spirito Santo”, possa venirci incontro.

Dio aveva promesso “un maestro di giustizia per illuminare le genti” (Gl. 2,23) che avrebbe portato la sua salvezza “fino agli estremi confini della terra” (Is. 49,6); Gesù, manifestatosi per Ciò che Egli era ed è, sin dal principio ed in eterno, “destinò alcuni a essere Apostoli, altri costituì pastori e dottori” (Ef. 4,14), perché annunciassero la parola di vita, per evitare che noi “fossimo sballottati da ogni vento di dottrina”; ben fermi invece sul fondamento della Fede, “fossimo compaginati nell'edificio di Dio per opera dello Spirito Santo” (Ef. 2,22).

Gesù, per evitare fraintendimenti, ovvero che qualcuno —ingannato dal maligno— potesse credere o dire che i successori degli Apostoli parlavano “come parola umana” e non “come parola di Cristo”,  stabilì di conferire al loro Magistero tanta autorità da affermare: “Chi ascolta voi ascolta me; e chi disprezza voi disprezza me” (Le. 10,16). E questo non intese riferirlo solo ai presenti cui si rivolgeva, ma a tutti quelli che per legittima successione avrebbero ricevuto l'ufficio d'insegnare, perché promise di assisterli sino alla fine del mondo (cf. Mt.  28,20). [cf. Catechismo Tridentino, pubblicato dal Papa San Pio V, p.1]

Ogni sorta di dottrina che deve essere insegnata ai fedeli è contenuta nella parola di Dio, distribuita nella Sacra Scrittura e nella Tradizione; ”Tutta la Scrittura, infatti, ispirata da Dio, è utile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e preparato per ogni opera buona” (2Tm. 3,16s).

La Genesi, come la Chiesa insegna, ci presenta la creazione dell’uomo a cui Dio volle fare dono anche della giustizia originale, e volle che l’uomo comandasse a tutti gli animali, tuttavia Adamo mancò all'obbedienza verso Dio con il trasgredirne il comando: “Mangerai i frutti di qualsiasi albero del paradiso, ma non toccherai quelli dell'albero della scienza del bene e del male, poiché il giorno in cui li toccherai ne morrai” (Gn 2,16.17). Cadde perciò in tanta disgrazia da perdere senz'altro la santità e la giustizia in cui era stato posto e da subire tutti quegli altri malanni che il Concilio Tridentino spiegò ampiamente (Sess. 5, can. 1, 2; sess. 6, can. 1). [Op. cit. p. 12].

Dio è sì misericordioso, ma la Sua misericordia non prevarica e non annulla la Sua stessa giustizia, difatti giustizia e misericordia sono due degli attributi [*] principali del vero Dio, Uno e Trino, che con assoluta veracità ci ha fatto conoscere tutto ciò che è necessario fare e sapere per salvarci. Ecco perché l’Apostolo in Atti 20:
26 Per questo dichiaro solennemente oggi davanti a voi che io sono senza colpa riguardo a coloro che si perdessero, 27 perché non mi sono sottratto al compito di annunziarvi tutta la volontà di Dio”.

Ne abbiamo già discusso abbondantemente negli studi che rilancio nelle note 1 e 2, quindi credo che sia inutile ripetersi, solamente domando con cortesia agli interessati di documentarsi per evitare appunto quei “venti di dottrina” fai da te che sono molto pericolosi, specie se poi gli stessi adorano il giudizio temerario; va detto, inoltre, che la Rivelazione termina con la morte dell’ultimo Apostolo, e questo è un dato troppo rilevante specialmente oggigiorno, dunque mi sembra opportuno ricordalo [3]. Ricordiamoci anche del peccato di scandalo e del fatto che in alcuni casi è peggiore dell’omicidio, quindi facciamo sempre attenzione a non deviare dalla retta ed integra dottrina, casomai per abbracciare “novità” o “venti” ispirati invece non si sa da quale preciso “spirito” [4].
Perché è necessaria la giustizia di Dio e perché misericordia e giustizia sono in perfetta sinergia fra loro? Come conciliare la misericordia di Dio con la giustizia dello Stesso?
Ne parlai in un mio vecchio studio rilanciando le pubblicazioni di mons. Perardi [cf. Vita eterna: l’Inferno, ed. Segno]. Cito brevemente qualche estrapolato:
  1. Supponiamo di non capire nulla, né della necessità dell’Inferno eterno, né dell’armonia sua con la bontà e con l’amor infinito di Dio. Perciò? Che cosa siamo noi, meschine creature per voler intendere e giudicare Dio? Poiché Dio ci ha rivelato l’Inferno eterno, noi sappiamo che esso non può ripugnare ma deve concordare con tutte le perfezioni di Dio, anche col suo infinito amore, con la sua infinita bontà, anche se noi non ne comprendiamo nulla. Quindi abbiamo poco da opporci: si accetta e basta;
  2. Poi considerate che non è mai troppo grave una condanna quando la si può con tanta facilità evitare. Il peccatore non ha nessun diritto di lamentarsi dell’Inferno eterno, ed è tanto meno scusabile dal momento che sa che col peccato ch’egli volontariamente commette si merita quella terribile condanna. Invece di gridare contro la bontà e l’amor di Dio che non lo salvano dall’Inferno, gridi contro la propria sciocchezza e stupidaggine che ne accetta e merita la condanna, prezzo di sì miserabile soddisfazione quale è il peccato. È lui che, peccando, fa l’ottuso contratto col demonio contro Dio: per questa miserabile soddisfazione, per questo peccato, rinunzia al Paradiso, accetta di subire la condanna all’Inferno. Dopo di ciò, come può egli lamentarsi di Dio che lo condanna all’Inferno? Ma se è lui che scientemente, deliberatamente vi si condanna col peccato, sapendo che a causa del peccato è dato certo merita l’Inferno;
  3. Inoltre pensate tutto ciò che Dio ha fatto e continua a fare per non condannare l’uomo all’Inferno, quante volte glie lo ha risparmiato e condonato: la Redenzione, la Chiesa, i Sacramenti, gli Angeli, un tesoro di grazie attuali per trattenerlo dal peccato, per richiamarlo a pentimento e conversione. Di ogni uomo che si danna, Dio deve ripetere ciò che per mezzo del Profeta lamentava del popolo d’Israele raffigurato nella vigna: “Che cos’avrei dovuto fare ancora alla mia vigna e che non glie l’abbia fatto”? (Is. 5,4);
  4. Dio non è solo infinitamente buono, ma anche infinitamente giusto e santo; perché infinitamente santo deve volere il bene e ripudiare il male. Se neppure coll’Inferno eterno minacciato, non riesce ad ottenere da tanti che pratichino il bene e fuggano il male, che cos’avverrebbe quand’Egli non avesse l’Inferno eterno? Se anche con l’Inferno eterno dobbiamo lamentare tanta iniquità sulla terra, e noi stessi cediamo così facilmente al male, che cosa accadrebbe quando non ci fosse neppur il ritegno del pensiero di quella inesorabile punizione? Senza l’Inferno eterno, la santità di Dio come potrebbe, se non altro, mostrare tutto il suo odio, tutta la sua abominazione per il male? Come la pena di morte su questa terra è l’ultima difesa e l’ultimo grido della società contro certi abominevoli delitti, così l’Inferno eterno è l’ultima difesa che Dio ha contro il male, l’ultimo grido con cui la sua santità lo ripudia. Aggiungete che solo l’Inferno eterno può spiegare la pazienza con cui Dio sopporta certe prolungate iniquità, bestemmie e insulti con cui taluni sfogano continuamente e ostinatamente l’odio che nutrono contro di Lui;
  5. Infine, Dio condannando il peccatore all’Inferno, come potrebbe poi liberarlo? Dio non può perdonare il peccato senza il pentimento soprannaturale per il quale occorrono la Grazia sua e la volontà del peccatore. Dio ha detto chiaramente e senza alcun equivoco che con la morte del peccato cessa la sua Grazia; che la morte è al termine ultimo in cui Egli chiama il peccatore, dopo il qual termine vi sarà la punizione eterna. Sapete voi il valore che ha la parola nella persona verace? Si dice tante volte che l’uomo d’onore ha la parola, che la parola sua vale più di uno scritto. E noi —che purtroppo facciamo così poco conto della parola nostra anche solennemente impegnata con Dio— pretenderemmo che Dio manchi di parola a sé stesso, alla sua santità, alla sua giustizia, ai suoi diritti di creatore? No; Egli ha non solo una parola per noi, l’ha anche per sé, pei suoi diritti, e la deve mantenere. 
È vero, dobbiamo incessantemente pregare Dio affinché ci doni la grazia della vera contrizione finale, allontani da noi e dai nostri famigliari la scure della morte improvvisa in stato di peccato mortale, tuttavia non possiamo e non dobbiamo credere che qualche “rito magico” o presunta “formula/rivelazione pseudo-salvifica” possa giustificare, in punto di morte, la nostra condotta degenerata, ostinata e peccaminosa. Tutta la nostra fede, che è nel contempo razionale e di facile apprendimento, va vissuta nella giusta misura, questo per evitare di inciampare; difatti il Signore è certo clemente con i bambini, ma non ha mai parlato di “clemenza per i bamboccioni”, non a caso “piena avvertenza” e “deliberato consenso” (cf. Cat. San Pio X, peccato mortale) sono “parenti” con “l’età della ragione”. Il giorno della morte, quando ci sarà il “Giudizio individuale” [cf. Denz. M2a; M2bb]: 
Un giudizio particolare con la destinazione al cielo, al purgatorio o all’inferno avviene subito (mox) dopo la morte (857s 1002 1304-1306); prima di regnare con Cristo, gli uomini debbono rendere conto davanti a lui della loro vita corporale 4168; ciascuno dovrà rendere conto davanti al tribunale di Dio della propria vita 4317; l’uomo riceverà la propria ricompensa per ciò che ha fatto nel suo corpo 443 574 1002 4168; cf. M 3b (beatitudine eterna); M 3c (la beatitudine, grazia e ricompensa); M 3d (dannazione dell’uomo)”.

In questa dinamica la cosiddetta “ignoranza vincibile” non scusa: - il peccatore vuole volontariamente ignorare qualcosa per non abbandonare il male che desidera; - trascura di informarsi; - desidera direttamente o indirettamente qualcosa che provoca l'ignoranza, ecc...; [cf. San Tommaso, Quaestio disputata de Malo] [5].
Abbiamo già parlato della Penitenza [6], quindi dell’attrizione e della contrizione (noi dobbiamo domandare a Dio l’aiuto per risultare veramente contriti), del pentimento sincero, del sano proposito e della soddisfazione; cerchiamo adesso di non farci ingannare e di non lasciarci trasportare da facili entusiasmi puerili, casomai allontanandoci —anche non volendo— dal Sacramento della Penitenza. Torneremo sull’argomento Sacramenti nei prossimi giorni… a Dio piacendo!

Pubblicazione a cura di Carlo Di Pietro (clicca qui per leggere altri studi pubblicati)
Note:
[*] Attributi. — Il primo attributo di Dio è l'immutabilità, perché secondo la parola di S. Giacomo «in Dio non vi è né cambiamento, né ombra di rivoluzione» (Iac. I, 17); - Il secondo attributo di Dio è che ogni bene gli piace, ed aborre ogni male; — Il terzo attributo di Dio è la previdenza o prescienza; — Il quarto è lapazienza; — Il quinto è la giustizia; Il sesto è la rettitudine; — Il settimo attributo di Dio è la sua liberalità infinita; — L'ottavo attributo è che Dio facilmente si placa [così i Santi non la durano mai lungo tempo nella collera e nello sdegno, anche il più giusto]; — Il nono è che Dio è pronto al perdono con quelli che l'hanno gravemente offeso; — Il decimo attributo di Dio è la sua veracità nelle parole e nelle promesse; — L'undicesimo è che in Dio non vi è accettazione di persone; — Il dodicesimo è la fermezza; — Il tredicesimo è che Dio non cerca mai i propri vantaggi e nelle opere della creazione, della redenzione, della conservazione, del governo dell'universo, non mira che al bene degli uomini e delle altre creature; — Il quattordicesimo è che Dio fa ogni cosa bene e perfettamente; — Il quindicesimo è che Dio non punisce due volte la medesima colpa. [I Tesori di Cornelio A Lapide [vol. III, Ed. Internazionale, Roma, 1949, pp. 434 e succ.]
[1] http://radiospada.org/2013/09/contro-i-falsi-profeti-il-cielo-e-la-terra-passeranno-ma-le-mie-parole-non-passeranno/
[2] http://radiospada.org/2013/09/la-tremenda-frase-degli-edicolanti-la-chiesa-apre-a/
[3] http://radiospada.org/2013/08/che-cose-la-bibbia-e-come-si-usa/
[4] http://radiospada.org/2013/07/sul-peccato-di-scandalo-non-versare-sangue-innocente/
[5] http://radiospada.org/2013/10/confusione-e-belligeranza-nel-cattolicesimo-contemporaneo-la-zizzania/
[6] http://radiospada.org/2013/09/la-vera-contrizione-necessaria-per-non-andare-allinferno/

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