sabato 9 agosto 2014

de-virilizzare la Liturgia

La discontinuità: cioè la devirilizzazione della Liturgia e del sacerdozio nel N.O.M.




Stavo traducendo il testo che segue, ripreso da Rorate Caeli in quanto interessantissimo; ma vedo che Esistenzialmente periferico ha già fatto un grande lavoro. E dunque ne approfitto e lo pubblico anche qui, con molta gratitudine, con alcune integrazioni iniziali:


1. C'è un grande articolo di don R. G. Cipolla sulla "devirilizzazione" della liturgia Novus Ordo: che non ho il tempo di tradurre, ma di cui prendo appunti qui sotto.

Ciò a cui il cardinale si riferiva risiede nel nucleo stesso della forma Novus Ordo della Messa romana e nei scottanti e profondi problemi che hanno afflitto la Chiesa a partire dall'imposizione del Novus Ordo Missae nel 1970. Si potrebbe essere tentati di cristallizzare la constatazione del card. Heenan come femminilizzazione della liturgia. Ma questo termine sarebbe inadeguato e alla fine ingannevole dato che esiste un aspetto mariano autentico della Liturgia che è senza dubbio femminile. La liturgia porta la Parola di Dio, la liturgia offre il Corpo della Parola all'Adorazione e lo dà come Cibo.

[...] Quando si parla della femminilizzazione della liturgia si rischia di essere fraintesi come se si volesse svalutare il significato dell'essere donna e della femminilità stessa. Pur senza adottare il punto di vista piuttosto macho di Cesare sugli effetti della cultura sui soldati, si può certo parlare di una devirilizzazione del soldato che assorbe la sua forza e la sua determinazione nel fare ciò che deve. Non si tratta di un rigetto del femminile: descrive piuttosto l'indebolimento di che cosa significa essere uomo.
Questo termine devirilizzazione, è quello che voglio utilizzare per descrivere ciò che il card. Heenan ha visto quel giorno del 1967 durante la celebrazione della prima messa sperimentale.
Il cardinale John C. Heenan, pur non ostile al Novus Ordo, nel 1967 così si esprimeva: Da noi, a venire regolarmente a Messa sono non solo donne e bambini, ma anche padri di famiglia e uomini giovani. Se offrissimo loro il tipo di cerimonia che abbiamo visto ieri [la "Messa Novus Ordo", ndt] presto ci ritroveremmo [nelle parrocchie] un'assemblea composta solo da donne e bambini.
In latino, sia vir che homo significano "uomo". Ma vir riguarda l'uomo... "virile", virtuoso, serio, estraneo al sentimentalismo (attenzione: non al "sentimento", ma al "sentimentalismo"), capace di sacrificarsi, desideroso di darsi una disciplina, di sacrificarsi per un bene più alto, pronto anche al martirio. Per questo il sacerdote non può essere che vir.
Nella sua forma Novus Ordo - quella che il motu proprio Summorum Pontificum di Benedetto XVI ha definito in un certo senso fumosamente anche se comprensibilmente forma ordinaria del Rito romano - la liturgia è stata devirilizzata. Bisogna ricordare il vero significato della parola vir in latino. Tanto vir quanto homo significano uomo; ma solamente la parola vir possiede la connotazione dell'uomo eroe ed è inoltre la parola più spesso utilizzata per "marito". L'Eneide comincia con le famose parole: arma virumque cano (canto delle armi e degli ereoi). 

Quanto il card Heenan vide profeticamente e correttamente nel 1967 fu l'eliminazione virtuale della natura virile della liturgia, la sostituzione dell'oggettività maschile, necessaria per il culto pubblico della Chiesa, con la morbidezza il sentimentalismo e la personalizzazione centrata sulla personalità materna del sacerdote. 

Il popolo radunato in Assemblea nella liturgia si colloca in una relazione mariana nei riguardi della liturgia: attenzioneaperturaponderatezzaattesa di essere riempiti. All'interno della Liturgia il sacerdote come padre che annuncia pronuncia e confeziona la Parola in modo che la Parola possa divenire Cibo per coloro che si trovano all'interno di quella suprema attivazione dell' Ecclesia che è la liturgia. È il sacerdote che offre Cristo al Padre ed è questo l'atto che contiene il ruolo distintivo di cosa significhi essere un sacerdote. Pertanto la paternità del sacerdote rende il suo ruolo distinto non solamente in funzione della sessualità ma anche ontologicamente. Il sacerdote sta in pedi di fronte all'altare in persona Chirsti, cioè in persona Verbi facti hominem, non semplicemente come homo, parola che trascende la sessualità, ma in persona Christi viri: nel senso homo factus est ut fiat virut sit vir qui destruat mortem, ut sit vir qui calcet portas inferi : Dio si è fatto uomo in modo da poter essere quell'uomo-eroe che avrebbe distrutto la morte e schiacciato sotto il suo piede le porte dell'inferno. 


Alcune caratteristiche della liturgia Vetus Ordo:
  • La liturgia Vetus Ordo è comunemente definita "austera", "concisa", "nobile", "semplice". In cui non c'è traccia di "sentimentalismo". Il card. Newman diceva che il sentimentalismo è velenoso per la fede: ebbene, la liturgia Vetus Ordo è come una medicina contro quel veleno.
  • Nella liturgia Vetus Ordo il silenzio è "centrale" nel rivolgersi a Dio. Le sue formule liturgiche sono fisse e concise. Mai una parola di troppo. Tra veri amici, ci si capisce anche stando uno di fronte all'altro in silenzio.
  • La liturgia Vetus Ordo è rigorosa, non solo nelle sue "rubriche" ma nella sua essenza. È l'uomo che si piega alla liturgia, non la liturgia che si piega all'inventiva umana. Scegliere di seguire una "regola", una "disciplina", è un atto virile. La liturgia è qualcosa che si riceve, non qualcosa che si crea al momento.
  • La liturgia Vetus Ordo riesce perfino a nobilitare gesti come il bacio (il sacerdote che bacia l'altare, i ministranti che baciano gli oggetti da porgere al sacerdote, eccetera) depurandoli dal sentimentalismo, dall'ambiguità e dalla carica erotica. Facendoli diventare gesti di adorazione. Il bacio si presta all'ambiguità solo in presenza di sentimentalismo.
Ancora d. Cipolla: 
Non c'è nulla di più potente per la "devirilizzazione" del sacerdote che l'abitudine moderna di celebrare Messa rivolti verso il popolo. Al di là della sua natura non tradizionale, al di là dell'essere fondata su svenevoli e infondati appelli all'antichità (contro tali archeologismi liturgici si scagliò Pio XII nella Mediator Dei), al di là dell'imposizione forzosa di un terribile equivoco sull'essenza della Messa (ottenendo cioè che l'aspetto secondario di "pasto conviviale" praticamente eliminasse l'aspetto primario del Sacrificio), quest'abitudine di celebrare rivolti al popolo, slegata dalla Tradizione, è stata una delle prime cause della devirilizzazione del sacerdozio.

Durante uno dei miei numerosi viaggi in Italia notavo come molti dei passeggini per bambini fossero costruiti in modo tale che il bambino fosse seduto "di fronte" alla madre che spingeva il passeggino. Questo mi sembrava strano, dato che negli Stati Uniti il bambino siede nella stessa direzione in cui spinge la madre. Quando ho chiesto il perché ad un amica, mi ha detto che ci sono troppe mamme italiane che vogliono tenere continuamente a vista il bambino, in modo da potergli sorridere, parlare in maniera infantile, insomma essere sicure che il legame sia sempre fisso. La classica relazione madre-figlio viene portata in maniera perversa a livelli come questi, viene portata al punto che si pensa che ci sia un continuo bisogno di un contatto visivo tra madre e figlio, a scapito del contatto col mondo esterno che "danneggerebbe" la relazione.

Non pretendo che l'analogia appena descritta sia esatta o completa per spiegare l'orientamento del sacerdote verso il popolo; piuttosto, direi che quell'innovazione radicale nella celebrazione della Messa ha trasformato il ruolo del sacerdote da quello del "padre che offre il sacrificio al Padre" a quello della "mamma" bisognosa di dare contatto visivo, spiegazioni liturgiche e talvolta perfino gesti banali, come se i fedeli fossero bambini, riducendo così il suo ruolo da sacerdote a mamma ansiosa. Questa riduzione dell'assemblea a bambini obbligati a stare di faccia rivolti alla mamma-prete impedisce ai fedeli di vedere "al di là del sacerdote", impedisce di capire che è Dio ad essere adorato nel sacrificio di Cristo.

Per usare un'altra analogia: la celebrazione "di faccia" al popolo è come una recita scolastica dove ognuno ha un ruolo da seguire sotto la direzione del sacerdote-professore-regista che controlla che tutto fili liscio. Questo concetto viene descritto da alcuni liturgisti come "dimensione orizzontale" della liturgia, in opposizione alla dimensione "verticale" che dà il senso di trascendenza. Sono in fin dei conti stupide definizioni che partono dall'errato presupposto che la liturgia sia sotto il controllo del sacerdote e dei ministri e che uno dei loro compiti sia di assicurarsi che entrambe le "dimensioni" siano presenti e in qualche modo bilanciate.

È chiaro che questo approccio è profondamente opposto al fatto che la liturgia sia un dono ricevuto da Dio e che sia centrata sull'adorazione di Dio attraverso un sacrificio. Le rubriche del Novus Ordo incoraggiano questa visione, che è radicalmente non tradizionale, della liturgia, indebolendo continuamente le istruzioni delle rubriche con espressioni come «o con altre parole», «o in qualche altro modo», «o come da consuetudini del luogo». Al di là di quel romanticheggiante rifarsi alla frase di san Giustino martire sul celebrante che offre la Messa "secondo la sua abilità" (come se questa fosse una frase normativa della liturgia); al di là della discutibile idea di immaginare il sacerdote come capace di attingere dalla Tradizione o dalla propria sensibilità liturgica per supplire a ciò che manca nelle rubriche riguardo a ciò che si deve dire o fare: questa concezione in stile "recita scolastica" rende impossibile celebrare la liturgia nella maniera in cui è stata intesa nella Tradizione. Per la Tradizione la radice del termine "liturgia" riguarda un'adorazione pubblica intesa come un dovere, officium, un dovere certamente basato sull'amore, ma senza dubbio un dovere. È questo il senso tradizionale di liturgia come officium che si è consolidato ed è diventato visibile ed è stato vissuto nel rito romano tradizionale.
2. Traduzione/riassunto di alcuni pezzi della seconda parte dell'articolo.



Due risultati della "devirilizzazione" della liturgia e del sacerdozio.

Primo risultato: la musica che il Novus Ordo ha prodotto, sia quanto ad accompagnamento di particolari momenti della Messa, sia quanto ai canti da cantare durante la liturgia. Nel migliore dei casi si tratta di qualcosa di "funzionale" alla comodità della celebrazione, nel peggiore dei casi è spazzatura sentimentaleggiante che i vecchi inni protestanti sembrano corali di Bach. Quando la Messa è ridotta ad un'assemblea che celebra sé stessa, la musica si riduce ad un metodo per suscitare qualche sentimento della gente.

Lo stesso avviene con le letture della Messa, che nel Novus Ordo sono "funzionali" ad uno scopo didattico. La Messa non più intesa come liturgia (che va al di là della ragione, che "forma", che "in-forma", che richiede attenzione su qualcosa di soprannaturale, che va oltre le parole e il canto, e che perciò non è banalmente da "capire" o da "studiare"), ma come scuola, con il sacerdote-maestrina che deve continuamente spiegare agli alunni ciò che vedono e ciò che sentono. Dal punto di vista "funzionalista", il canto tradizionale va troppo al di là di quel che serve per la celebrazione.

Secondo risultato: l'abito sacerdotale, cioè l'abbandono della talare. La "devirilizzazione" del sacerdote passa anche per l'abbandono del suo abito distintivo, sostituito con camicie che oggi hanno il colletto "rimuovibile". Dunque il sacerdote non è più l'uomo che sta tra la Terra e il Cielo, non è più quello che offre il Sacrificio: ha drasticamente minimizzato il proprio ruolo, vuole "confondersi" nella società.

La veste talare è un'affermazione della virilità del sacerdozio, in forte contrasto col modello mondano (il rude giocatore di football o il modello di Armani in jeans attillati, con richiami animaleschi e sessuali). Il sacerdote non è un "clergyman" (letteralmente: una persona appartenente al clero), non è un "leader religioso", ma è colui che offre il Sacrificio, la cui vita è centrata sull'offrire il Sacrificio, e che non può essere in alcun modo "secolarizzato". La talare è come il mantello dei profeti, è il segno del distacco dal mondo.

Ed infatti il prete "devirilizzato" confonde il distacco con l'arroganza, la freddezza, il clericalismo: ironicamente, proprio l'opposto della verità. Il periodo post-conciliare ha visto la nascita di un clericalismo mascherato: il "presidente" dell'assemblea in realtà "presiede" tutto (come se fosse un wedding-planner).

Il più grave effetto della devirilizzazione della liturgia è la "discontinuità" (reale e percepibile) tra il Novus Ordo e il rito romano tradizionale.

La "discontinuità" nella liturgia è come la "discontinuità" nella matematica: un punto in cui la funzione non è continua, c'è un buco. I cattolici vissuti "dopo" il punto di discontinuità, cioè coloro che hanno esperienza del solo Novus Ordo, non hanno idea di cosa sia stata la liturgia "prima" della discontinuità: la considerano qualcosa di straniero, di esotico [giudicandola con parametri superficiali: "il latino non si capisce; la consacrazione detta a voce sommessa non si sente"...].

Nella matematica le funzioni "discontinue" possono avere la stessa formula prima e dopo il punto di discontinuità, ma possono anche avere formule diverse. Quest'ultimo è il caso della liturgia: il Novus Ordo è essenzialmente una nuova formula, che usa le stesse variabili ma per indicare qualcosa di diverso. L'apparenza, la forma, la struttura della nuova formula sono infatti ben diverse da quella precedente il "buco". Questo è un serio problema per l'integrità della fede cattolica espressa nella celebrazione della santa Messa. La Messa Tradizionale è stata descritta "potente e strana", come diceva san Benedetto; "semplice, sobria, a volte un po' austera, certamente bella, e che esprime una forte linearità, capace di dolcezza, grande espressività, adatta ad ogni temperamento, capace di smuovere i più intimi angoli dell'anima", come diceva un antico Antifonale Monastico. Da un lato abbiamo la Messa Tradizionale, e dall'altro abbiamo il Novus Ordo devirilizzato.



Questo è esattamente ciò che il cardinale Heenan vide quel giorno del 1967 con la Messa di collaudo del Novus Ordo a Roma. Vide già subito i risultati della mentalità "funzionalista" che non capisce il cerimoniale e confonde la semplicità con un semplicismo infantile. Vide la "novità" del Novus Ordo, una novità che non cresceva organicamente alla Tradizione ma piuttosto da unpreciso ceppo della teologia liturgica costruita sul razionalismo post-illuminista. Vide la devirilizzazione della liturgia e previde il drammatico calo di frequenza alla Messa. Visse abbastanza a lungo da vedere pure l'inizio della perdita del senso del sacro, anche se non abbastanza da vedere la devirilizzazione del sacerdozio e le relative conseguenze quanto al calo di vocazioni e al crollo della castità e del celibato.
http://chiesaepostconcilio.blogspot.it/2013/06/la-discontinuita-cioe-la.html?spref=fb

2 commenti:

  1. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

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  2. Chiedo scusa a Brontolo Sauro, se inavvertitamente ho cancellato le sue correzioni, chiedendo di farmele notare di nuovo, In Domino semper.

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