Un’introduzione ad Apertis Verbis.
Volendo tracciare un elementare percorso storico possiamo dire che le vicende recenti della Chiesa si possono interpretare secondo varie categorie: secondo alcuni osservatori il cammino della Chiesa consiste in una progressiva ascesa, secondo altri in un regressivo decadimento.
Schematicamente, la dinamica che presiede al cammino della Chiesa nel mondo si può riassumere in 4 tappe:
- Fase della resistenza: la Chiesa oppone il Regno di Dio al cosiddetto mondo. E’ la fase del conflitto acuto, irreducibile. In questa fase si inserisce l’antagonismo della Chiesa verso determinati episodi storici quali quelli, ad esempio, del conflitto fra papato e impero durante il medioevo, tra guelfi e ghibellini, tra Chiesa e rivoluzione francese, fra Vaticano e kulturkampf
- Fase della resilienza: da fine Ottocento circa al Concilio Vaticano II la Chiesa passa da una strategia di resistenza a una di resilienza in cui anziché lo scontro frontale prevale il tentativo di reagire non più con gli strumenti dell’apologetica o dell’anatema, ma con quelli della diplomazia e della convenienza politica; in questa chiave si possono leggere le convenzioni col nascente stato italiano unitario e i grandi concordati coi regimi totalitari del Novecento.
- Fase della desistenza: dal Concilio Vaticano II la Chiesa accetta in un certo senso, di consegnare le armi. Soggiace in maniera sostanzialmente supina alla profanazione, alla desacralizzazione e infine alla dissacrazione del sacro operato dal nuovo demiurgo laicista e relativista che si va consolidando.
- Fase del collateralismo: è il momento che sembra caratterizzare la storia recentissima della Chiesa: ampi settori del mondo cattolico decidono di sostenere alcune delle dinamiche laiciste in materia di morale sessuale, sacramenti, famiglia, ecologia, umanitarismo.
Noi ci troviamo oggi a vivere quest’ultima fase della storia della Chiesa con un certo sgomento domandandoci come sia potuta accadere una simile deriva da un atteggiamento di resistenza a uno di collateralismo.
LA ZATTERA DELLA MEDUSA
“La zattera della Medusa” è un’opera di Theodore Gericault, anno 1818 – 1819 conservata presso il museo del Louvre a Parigi.
Mi ha sempre affascinato per il suo chiaro valore simbolico: un gruppo di naufraghi ormai allo stremo cerca disperatamente la salvezza. Alcuni ormai esaurita forze e speranze sono proni sulla superficie della zattera incapaci di fare qualsiasi cosa, vinti dallo scoramento.
Alcuni altri formano una piramide umana che si erge verso un naufrago che agita disperatamente un cencio lacero in direzione di un’invisibile possibilità di salvezza.
Sono riusciti i naufraghi a salvarsi ? Qualcuno li ha soccorsi ? Non lo sappiamo.
Possiamo solo intuire che il naufragio rappresentato dall’artista è anche morale, rappresenta il disfacimento della coesione, l’abbrutimento, la voluttà di morte che attanaglia le facoltà spirituali.
Temo che quest’opera descriva simbolicamente la condizione della chiesa oggi: una zattera alla deriva in procinto di disfarsi. Le assi fradice che costituiscono la sua struttura stanno cedendo, il cordame si è allentato, la vela è lacera, i suoi occupanti sono al limite della resistenza mentre il mare tempestoso non accenna a placarsi.
Antonio Socci all’indomani della vittoria delle posizioni a favore delle nozze gay in Irlanda, considerata da sempre un formidabile baluardo contro il progredire delle conquiste della post modernità laicista paragonava la deriva della Chiesa a una valanga che precipita.
Si avverte un cupo rumore di frana, come se una montagna stesse venendo giù
E’ proprio così: si avvertono una serie di scricchiolii provenire dalle creste frastagliate della vetta. Poi una slavina si stacca e un turbinio di neve farinosa comincia a rotolare giù coinvolgendo altra neve: la slavina si trasforma in un valanga che scende a velocità impressionante travolgendo qualsiasi cosa, alberi, baite, recinzioni. Non c’è modo di fermarla, solo giunta a valle cesserà la sua azione devastante che non risparmia nulla.
LA VERGOGNA DI SE STESSI
Il più grande successo della nuova religione laicista consiste nella sua capacità di trasmettere ad ampi settori del clero e dei cattolici un sentimento di imbarazzo, di disagio, di inadeguatezza che evolve spesso in aperta vergogna rispetto a una congerie di dogmi e devozioni percepite ormai come game over, superate, obsolete.
Da questo sentimento di vergogna verso il proprio passato nasce la pulsione condizionata e istintuale, e in quanto spasmodica di natura erotica, di espiare. Espiare cosa ? quelle che sono percepite come colpe, evidentemente.
Di più: tale espiazione, che sul piano operativo consiste nell’autodemolizione del Magistero cattolico reo di ostacolare il processo di adeguamento della Chiesa alla visione dell’uomo laicista, avviene in forme quasi masochistiche; sembra cioè procurare dei sottili brividi di godimento e una specie di voluttà di morte dannunziana in quegli uomini di chiesa protagonisti dello smembramento della metafisica cattolica.
Il demiurgo laicista ha condannato la Chiesa a espiare le sue colpe in una sorta di purgatorio e parte significativa della gerarchia ha accolto con feroce entusiasmo e rantolii di goduria questa condanna.
Queste le condizioni del patto: il regime laicista pretende che la Chiesa abiuri dalla propria storica avversione al mondo concedendo in cambio la possibilità di espiare in una dimensione purgatoriale le sue vergogne anziché condannarla ad una aperta persecuzione di matrice infernale.
A causa di questo sentimento di vergogna e della conseguenza voglia di espiare parte della gerarchia cattolica è impegnata con zelo quasi maniacale a chiedere scusa a qualsiasi realtà con cui abbia conflitto in passato: al laicismo relativista, ma poi anche ai vassalli di quest’ultimo come la varie organizzazioni mondialiste, ai luterani, ai valdesi, ai poveri in generale come se la Chiesa in passato avesse ignorato le loro sofferenze, etc.
APERTIS VERBIS
In questa rubrica si parlerà dunque prevalentemente, ma non esclusivamente, del demiurgo laicista che, quasi di soppiatto, sta rapidamente edificando se stesso sulle macerie autodemolite della Chiesa cattolica.
Apertis Verbis esaminerà dunque con piglio diretto e linguaggio abbastanza politicamente scorretto la nuova religione laicista nei suoi elementi costitutivi:
- Il relativismo come filosofia;
- Il laicismo come libertarismo legislativo;
- Il nichilismo come condizione esistenziale;
- La secolarizzazione come abolizione della religione dallo spazio pubblico;
- Il conformismo come adesione condizionata al pensiero unico;
- Il rumore sociale prodotto dai mass media come veicolo di propaganda della nuova religione.
Infine il nome di questa rubrica “Apertis Verbis”, cioè “chiaro e tondo”, non indica soltanto quella che sarà la nota saliente dei miei interventi, ma è anche un invito a esprimere dei commenti aperti al confronto che stimolino la ricerca, approfondiscano il pensiero e mantengano vivo il dibattito.
Marco Sambruna
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