domenica 29 marzo 2015

la veste "senza strappi” di Cristo

La “tonaca piana” del papa e quella “senza strappi” di Cristo


Antonio Margheriti Mastino
Una sola cosa buona ho fatto in vita mia: togliermi la tv da casa, e se su youtube vedo la parola “papa”, qualsiasi papa, vado oltre, cercando un video di rinoceronte che carica un automobilista o di elefante che cerca di calpestare un documentarista.
Ma quando ci sarà un vaticanismo serio in Italia, non legato alle tonache dei preti e alle ideologie di sacrestia? Quando ce ne potrà essere uno non fatto da ciambellani che cambiano insegne al mutar di vento? Quando si potrà unire la professionalità all’essere giornalisti cattolici? Quando si convinceranno che essere cattolici significa anzitutto essere seri, liberi e credibili? Può un Tg1 in diretta dalla messa papale – se così posso chiamarla essendo in genere quello il luogo delle chiacchiere profana del commentatore che “spiega” con spirito da etologo e documentarista della savana cosa quelle strane bestia stan lì facendo – può uscirsene durante la messa delle Palme con un:
«… Bisogna vedere quanto ci metteranno vescovi e cardinali a mettere la tonaca piana come fa il Papa, a vivere assieme ad altri preti come fa il Papa, a viaggiare su un’utilitaria come fa il Papa…»
Questa è ideologia clericale, tipica di chi è cresciuto nelle sacrestie bigotte e progressiste, va da sé apostate dei Carlo Maria Martini, che quanto a magnificenza liturgica non era secondo a nessuno, va detto. Non è manco carlomariamartinismo, è l’interpretazione dell’interpretazione del martinismo, quello delle serve che han orecchiato i discorsi del padrone. Senza capirci granché, e nonostante ciò si permettono il sussiego nel rendercene nota.
Uno che lavora alla trasmissione sedicente cattolica di Rai1, A Sua Immagine, mi raccontava che dovendo sistemare un servizio sugli esorcismi, gli si raccomandarono perentoriamente di farlo in modo tale che ci si rendesse conto – alla trasmissione “cattolica” – che di superstizioni medievali si trattava, che nel frattempo c’era stato un Concilio a superare queste cose e che ora, per giunta, c’era pure un altro papato che le avrebbe (falsissimo!) messe in cantina come ricordi impresentabili della “Chiesa di prima”, giacché questo, oggigiorno, “è chiaro che sono disturbi psichiatrici che gli psichiatri e non i preti devono guarire”.
La “tonaca piana” del papa al contrario di quella coi dossi artificiali dei cardinali: proprio in questa settimana santa viene alla mente “la tonaca senza strappi” di Gesù, un lusso che sotto la croce i soldati si contesero a dadi, una volta che il Cristo era, nudo, spirato.
Ma è un altro il dato: è una guerra di logoramento. E la guerra parte dalle parole e mira dritto ai simboli. La guerra vera è sparare sul simbolo, perché colpisci al cuore i significati. I significati sono la ricostruzione logica delle essenze. La guerra è contro il sacro. “Sacro” che significa “ciò che è separato”, separato dal profano, dall’immondo, dal mondano, dall’immanente. E la guerra al sacro è  dunque una guerra per profanare, per abbattere quel muro santo che separa ciò che è puro da ciò che è impuro, il verticale dall’orizzontale, l’eterno dal transeunte; quel che è di Dio a lui solo tributato come diritto, da ciò che è solo dell’umano. Il Sacro è l’insieme dei simboli che sono la forma semplice e immediata con cui vengono a tutti comunicate e trasmesse le essenze distillate in immagini.
È, in una parola, una guerra per la mondanizzazione della Chiesa, sdraiandola sulla linea delle retoriche moralistiche mondane e radical che solo alla Chiesa si vorrebbero infliggere. Essendo tutto il resto del mondo in piena baldoria edonistica, che della bellezza e del lusso ha fatto un fine ultimo, un idolo e una ideologia. Una utopia e un’illusione anche.
Si vuol spogliare la Sposa di Cristo per svergognarla. Per abbatterne i simboli. Per privarla dei significati e delle essenze. Per neutralizzarla, evirandola, rendendola indistinguibile dal mondo, dunque irrilevante e invisibile nel mondo.
Nella masnada di rinnegati ondivaghi, consacrati e soprattutto laici – con cuori che vivono di calcoli infami e con menti che stagnano nelle nebbie – che compongono il seguito ciarlierlo e la lasciva corte dei miracoli bergogliosa (senza che il papa ne abbia vera colpa, se non nel valutare le persone), non perdonano alla Chiesa il Sacro. Perché a ciascuno ricorda che non a loro servizio – nel senso servile del termine, non missionario – è la Cattolica, ma al servizio di Dio; non in questa terra ripone il suo fine ultimo, ma nell’altro mondo. Si parte dalla “tonaca piana” per ammettere, sublimata, la perdita della fede e soprattutto del timor di Dio.
Mai il mondo si lamentò del sacro e della bellezza congiunte, sempre se ne stupì come di una meraviglia: ha cominciato a lamentarsene come strascico del culto della bruttezza che fu proprio dei marxismi che si costituirono in regimi. E chi sono gli ultimi marxisti rimasti oggi al mondo? Preti, frati, vescovi e laici “impegnati”. Dalle chiese depredate e squallide, e dagli interni di canonica forniti di ogni confort: hanno venduto ciò che era della casa di Dio per arredare casa loro, con il ricavato. Infatti il minimo comun denominatore dei cattolici pauperisti è proprio questo loro essere tutti benestanti, se non ricchi. Vedi i vescovi tedeschi, per fare un esempio.
È un’avversione vorrei dire preternaturale al soprannaturale, la loro.  Per questo vogliono essere loro – specie i commentatori tv delle messe papali prelevati di netto dalle sacrestie ultra-progressiste – vogliono essere loro nelle liturgie il centro attorno al quale si consuma una danza vuota e macabra intorno all’unico simbolo rimasto in piedi: il Vitello d’Oro. Che sono, appunto, loro stessi.
Per questo gli strapagati commentatori da sacrestia della Rai, in utilitaria loro non ci vanno, né si presentano in tv con vestiti da quattro soldi, tutt’altro.
Si parte dall’assenza di “tonaca piana” dei cardinali, e si giunge finalmente alla detronizzazione di Dio, una volta abbattuti uno dietro l’altro tutti i simboli e con essi i significati e le essenze, il Sacro come di “ciò che è separato”. Aspettano la morte della Chiesa perché possano finalmente proclamare quella di Dio. Divinizzando se stessi.
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