domenica 30 ottobre 2016

Dio che rallegra la giovinezza

 Perche ci vogliono tristi?


Le Scritture, che leggiamo nella sacra liturgia secondo il rito romano di sempre, sono tratte dalla Vulgata. Non intendo parlare male dei tentativi di riforma e di aggiornamento, ma, ahimè, talvolta l’uomo moderno, preso dalla vertigine di dover progredire comunque, non si preoccupa dove progredisce. Non ci si preoccupa della strada che si percorre, pur di progredire, non ci si preoccupa dell’essere, delle essenze, ma solo del divenire, del progredire. Però bisognerebbe vedere che cosa è il progresso, dove si và.

Vi confesso sinceramente che quella traduzione dei Salmi, che adesso adoperiamo invece della Vulgata, è sì più critica, più scientifica, più aggiornata, ma non è più bella, lasciatemelo dire con chiarezza.
Pensate a quel bellissimo salmo che recitiamo nella traduzione di san Girolamo. Esso dice:

"Introibo ad altare Dei, ad Deum qui laetificat iuventutem meam (Ps 43 [42], 4): verrò all’altare del Signore, a quel Signore che è la gioia della mia giovinezza!"

Come è bella quella traduzione!
Il testo ebraico è perfettamente rispettato.
Nelle moderne traduzioni, la giovinezza e la gioia scompaiono misteriosamente, a causa di scrupoli critici e scientifici. Così tutta la poesia delle Scritture scompare.

Invece san Girolamo ebbe da Dio il dono particolare di essere non solo un grande filologo, un grande critico, un grande esegeta, ma soprattutto un’anima poetica, un’anima sensibile e più ancora un’anima credente, soprannaturalmente credente.

Il testo sacro è parola del Signore, di Dio infinitamente bello, gioia degli angeli, splendore di verità! Dice ancora il Salmo: " Alla tua casa, Signore, si addice la bellezza per tutta la lunghezza dei giorni ". Dio è bellezza.

La sua casa e i riti con cui lodiamo, celebriamo, onoriamo e proclamiamo il Signore devono essere belli. La parola del Signore, essendo bellissima in sé, deve essere bella anche nelle sue traduzioni.

È cosa commovente vedere come Dio ha dato a san Girolamo il particolare dono di essere elegantissimo nell’espressione latina, con reminiscenze poetiche vergiliane, ovidiane e oraziane. Non solo, ma gli ha dato anche lo "spirito dei riti".

San Girolamo rispetta i semitismi e li traduce fedelmente. Proprio per questo entra nella mentalità del popolo eletto, al quale il Signore ha rivolto queste parole.
Non bisogna temere la fedeltà nelle traduzioni.
Al giorno d’oggi ci si improvvisa traduttori e si diventa traditori.

San Girolamo, nel tradurre, dimostrò umiltà, lui che aveva tutt’altra indole. Disciplinato e guidato dal Signore, seppe farsi umile dinanzi alla sua parola e il Signore, amante degli umili, lo esaltò, dando, tramite lui, alla Chiesa la traduzione latina delle Sacre Scritture, detta Vulgata versio.


(... tratto da "Omelia su san Girolamo" di Tomas Tyn)

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