Cosa succederà con i Papi emeriti?
Sembra
che s' intenda il munus petrino come una carica di carattere meramente amministrativo, come
se fosse un impiego uguale a tanti altri, una funzione depauperata dall’afflato
trascendente che la caratterizza, quasi desacralizzata. E come ogni carica
umana questa può cessare. Tutti prima o poi andiamo in pensione.
L’alta quota scioglie la lingua a Papa Francesco che già di suo non inclina usualmente alla reticenza. Dal ritorno dalla Terra Santa parla con i giornalisti sull’aereo e questa volta, tra gli altri argomenti, la chiacchierata – della durata di una quarantina di minuti circa – tocca il tema del “papa emerito”.
Un giornalista chiede se potrà esserci anche per lui una rinuncia al pontificato e il Santo Padre così risponde: «Io farò quello che il Signore mi dirà di fare. (…) Io credo che un vescovo di Roma se sente che le forze vanno giù deve farsi le stesse domande che si è fatto Papa Benedetto. Settant’anni fa – continua – i vescovi emeriti non esistevano. Cosa succederà con i Papi emeriti? Dobbiamo guardare a Benedetto XVI come a un’istituzione, ha aperto una porta, quella dei Papi emeriti». E così chiusa: «La porta è aperta, ce ne saranno altri o no, Dio solo lo sa». Messa così la questione sembra solo una faccenda di prassi burocratica: una volta si faceva in un modo e domani nulla vieta di cambiare le cose.
Invece la quaestio ha ben altro spessore. Il Pontefice deve rimanere in carica tutta la vita? Se andiamo a leggere il Codice di diritto canonico possiamo dedurre che l’obiettivo perseguito dalla Chiesa sia quello che ogni Papa chiuda gli occhi da Pontefice Regnante e non da Pontefice Emerito. Infatti non esiste nel Codice una norma che suona più o meno così: «Il Romano pontefice resta in carica fino a sua decisione contraria».
I Canoni 322 § 2 e 44 § 2 dedicati alla rinuncia dell’ufficio petrino non stabiliscono una norma, bensì una eccezione. Insomma il diritto della Chiesa è orientato affinché non solo il munus del Successore di Pietro sia vitalizio ma anche il suo esercizio. Una conferma viene anche da un titolo, anzi dal titolo che qualifica il Papa: Vicario di Cristo. E Cristo sappiamo che si assunse l’incarico affidatoGli dal Padre fino alla Croce. Solo allora fu in grado dire: «Tutto è compiuto».
Insomma la questione non è solo ecclesiale, ma coinvolge anche asserti di carattere teologico. Nulla toglie però, come testimoniato dalla decisione di Benedetto XVI, che se in coscienza un Papa comprende che Dio gli suggerisce di mettersi a riposo, tale scelta sia legittima. Ma è appunto una eccezione, per ragioni straordinarie, e non può diventare la regola. Qualcuno obietterà: la disciplina sulla rinuncia o meno del Pontefice non è dogma.
Ciò però non significa che tutto quello che non è dogma sia lecito. Non è dogma nemmeno che si debba vivere fino a 100 anni, ma chissà perché tutti si affannano per arrivare a quel traguardo. È il bene, fisico o morale, che funge da criterio orientativo. Detto in altri termini: che la durata della funzione petrina tenda ad essere vitalizia non discende da una norma di diritto divino positivo, ma è connaturata alla funzione del pontefice stesso. Un obiettivo verso cui orientarsi perché anche in questo aspetto è contenuto il vero bene della Chiesa, obiettivo ovviamente derogabile sempre per lo stesso motivo, cioè per il bene della Chiesa.
Papa Francesco sembra invece rovesciare la visuale. La durata vitalizia diventa eccezione e la rinuncia viene elevata a categoria giuridica propria del diritto ecclesiastico. Infatti il Pontefice parla di “istituzione” del Papa emerito. E l’istituzione è un insieme di normative tese a configurare una vera e propria realtà giuridica. Perché Papa Francesco propone questa soluzione? Forse per due motivi. In primo luogo sembra che egli intenda il proprio munus come una carica di carattere meramente amministrativo, come se fosse un impiego uguale a tanti altri, una funzione depauperata dall’afflato trascendente che la caratterizza, quasi desacralizzata. E come ogni carica umana questa può cessare. Tutti prima o poi andiamo in pensione.
In secondo luogo perché, secondo una certa prospettiva immanentista, è la prassi che genera la regola/le istituzioni, non viceversa. Un processo che premia il divenire rispetto alla norma, che piega quest’ultima ai fatti. Anche in questo caso è sufficiente non tanto un costume diffuso per legittimare il nuovo corso, bensì una sola eccezione – la rinuncia di un Papa – ed ecco che l’eccezione diviene regola.
Il Papa accenna al fatto che «settant’anni fa i papi emeriti non esistevano», ma poi la storia della Chiesa ha preso strade diverse. Ovvio che la storia ha offerto molte modalità attraverso cui il papato si è espresso, ma la rinuncia all’esercizio dell’ufficio petrino procede nella direzione dell’economia della salvezza oppure, pur non essendone certamente in contraddizione, ne segna una battuta di arresto?
(Tommaso Scandroglio)
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