mercoledì 27 marzo 2013

scisma

Germania, Chiesa separata in casa
di Michele Poropat



In questi giorni circola con insistenza sul web un breve video tratto dalla telecronaca diretta dell’emittente polacca TV TRWAM della visita di Papa Benedetto XVI in Germania risalente al settembre 2011, e che mostrerebbe - così affermano coloro che fanno circolare questo video - una presunta umiliazione subita dal Papa da parte dei vescovi tedeschi, la maggioranza dei quali non gli stringerebbe la mano.

In realtà le cose stanno diversamente. A un’attenta analisi delle immagini si vede bene come il Papa alzi la mano non per stringere la mano ai vescovi, bensì per presentare i membri della delegazione vaticana e i vescovi tedeschi all'allora Presidente Christian Wulff – tra l’altro, al primo posto tra i dignitari ecclesiastici in fila, si vede il Cardinal Bertone. Trae in inganno il fatto che alcuni vescovi stringano comunque la mano al Papa, gesto che non faceva parte del protocollo. Il Papa viene 'disturbato' nella presentazione proprio dalle strette di mano impreviste, e il Presidente, di confessione cattolica e che quindi conosceva molto bene i vescovi che gli venivano presentati, va avanti per conto suo, quasi senza aspettare il Papa. Da qui l'immagine del Papa un poco spaesato e in ritardo rispetto alle strette di mano di Wulff.

Ma un motivo per cui è stato facile equivocare quelle immagini è nel fatto inconfutabile che Papa Benedetto XVI non sia stato particolarmente amato nel suo Paese. Primo Papa tedesco da un millennio a questa parte (Adriano VI, eletto nel 1522, era infatti originario di Utrecht, e quindi olandese), ha subito trovato l’ostilità dei suoi connazionali. Le voci piuttosto contrariate dei commentatori della rete televisiva tedesca ZDF al momento dell’annuncio della sua elezione, il viso teso e sconsolato dei cardinali Lehmann e Kasper intervistati la sera stessa dalla medesima ZDF, il saluto assai poco deferente rivoltogli nel 2005 nel Duomo di Colonia quale «vescovo di Roma alla sua prima visita pastorale al di fuori dei confini della sua diocesi», il fatto che tra i suoi connazionali, fedeli laici ma anche sacerdoti, il Papa sia stato comunemente chiamato Herr Ratzinger, fanno comprendere con quale scarso amore buona parte della Chiesa tedesca abbia accolto l’elezione al soglio di Pietro di questo grande figlio della terra bavarese.

Dalla maggioranza dei vescovi dell’area linguistica tedesca Benedetto XVI è stato fatto oggetto di una malcelata ostilità personale, poiché considerato come il continuatore delle politiche dei suoi predecessori, da Paolo VI a Giovanni Paolo II, che avrebbero affossato le riforme del Concilio Vaticano II. Il Papa è stato considerato come il massimo rappresentante di un’esecrabile visione conservatrice, per non dire reazionaria, della Chiesa e della sua azione nel mondo, e caratterizzata da una forte chiusura alla modernità e alle vere esigenze del popolo di Dio.

Questa ostilità si è tradotta, già durante il pontificato di Giovanni Paolo II, ma in modo ancora più marcato con Benedetto XVI, in un progressivo allontanamento della Chiesa locale tedesca dalla giurisdizione della Santa Sede e quindi della Chiesa universale. Con il pretesto di instaurare un ‘processo di dialogo’ tra la componente più conservatrice e fedele al Papa, in Germania decisamente minoritaria, e quella che rappresenta posizioni più liberali, i vescovi hanno di fatto istituito uno pseudo Concilio locale destinato a ridisegnare le posizioni della Chiesa tedesca su quelli che vengono considerati i temi ecclesiali più bollenti e attuali: il cosiddetto sacerdozio femminile, l’abolizione del celibato dei sacerdoti, un allentamento della morale sessuale e la liceità dell’utilizzo dei contraccettivi, l’accettazione dell’omosessualità, l’ammissione alla Comunione dei divorziati risposati e dei protestanti, quindi gli stessi temi su cui insistono i ribelli austriaci della Pfarrerinitiative guidati da Helmut Schüller.

Constatando che la soluzione di questi problemi a livello di Chiesa universale avverrebbe con eccessiva lentezza, la Chiesa tedesca ha deciso di intraprendere un cammino che rappresenta in pratica la sua trasformazione in Chiesa autocefala, con il ridimensionamento del ruolo del Papa, da quello di detentore della giurisdizione e del primato sulle realtà temporali e spirituali dell’intera Chiesa universale (e quindi anche della sua porzione operante entro i confini della Repubblica Federale Tedesca) a quello di primus inter pares, che può vantare una vaga autorità spirituale e una scarsa, se non nulla, potestà giuridica.

Non si tratta di un piano segreto, bensì di un progetto attuato passo dopo passo alla luce del sole. In un’intervista concessa lo scorso dicembre all’agenzia tedesca di informazione cattolica KNA, l’arcivescovo di Friburgo e Presidente della Conferenza Episcopale tedesca, Mons. Robert Zöllitsch, ha auspicato l’avvio di un processo di ‘regionalizzazione’ nell’applicazione di soluzioni dei problemi della Chiesa, vale a dire che con riferimento ai temi scottanti menzionati in precedenza, cominciando dall’ammissione alla Comunione dei divorziati risposati, la Chiesa tedesca sarebbe andata per conto suo senza tenere conto delle regole stabilite dal magistero ordinario del Santo Padre. Se questo non è uno scisma, poco ci manca.

In questa direzione va anche intesa anche la risposta dello stesso Mons. Zöllitsch alla lettera che Benedetto XVI ha inviato ai vescovi tedeschi chiedendo la modifica della traduzione del passo in latino del canone della Santa Messa pro multis da für alle (per tutti) a für viele (per molti). Per il vescovo di Friburgo la missiva del Papa rappresentava «un importante contributo al dibattito in corso», formulazione un poco singolare se vista dall’ottica di chi considera il Papa il pastore supremo della Chiesa universale, quindi in possesso della facoltà di stabilire un tale cambiamento, ma perfettamente lineare per chi lo vede come un’autorità le cui indicazioni non sono vincolanti.

Del resto, questa tendenza è confermata apertamente dal Card. Kasper, il quale, in una recente intervista ha affermato che serve «una nuova modalità nell’esercizio del governo della Chiesa», la cosiddetta collegialità, che andrebbe a suo dire nella direzione richiesta dal Concilio Vaticano II, e sarebbe una manifestazione «dell’unità nella diversità tra tutti i credenti nel Vangelo e di un maggiore dialogo con le altre religioni». Tale ‘collegialità’, secondo Kasper, «deve estendersi dai vescovi a forme di rappresentanza di tutte le componenti del popolo di Dio». Lo stesso Card. Lehmann, durante una Messa di suffragio di Papa Giovanni Paolo II nel 2005, ha lamentato la scarsa capacità di dialogo del defunto pontefice all’interno della Chiesa.

Abbandonando il clericalese, due tra le maggiori personalità ecclesiali tedesche reclamano appunto un ridimensionamento dell’autorità del Papa (la presunta ‘collegialità’), e sotto il pretesto del ‘dialogo’, l’annacquamento dei principi su cui si fonda la fede cattolica a motivo di un falso sentimento di unità con le altre confessioni cristiane e le altre religioni, un pericolo denunciato da Paolo VI già nel 1968 e fondato sullo stravolgimento dei principi fondanti il Concilio Vaticano II.

In Germania, e più in generale nei Paesi di lingua tedesca, sta avvenendo con metodicità l’attuazione, passo dopo passo, dei desiderata della Pfarrerinitiative. Del resto, i vescovi austriaci hanno iniziato a dare qualche buffetto – ma nessun provvedimento restrittivo serio – a Schüller e ai suoi seguaci solamente quando questi hanno lanciato il cosiddetto ‘Appello alla disobbedienza’. Non è apparsa inaccettabile la sostanza delle richieste dei ribelli, bensì il fatto che essi abbiano usato la parola tabù: disobbedienza, appunto.

Bisogna purtroppo notare come in questi Paesi l’azione pastorale dei vescovi abbia ormai assunto i tratti di un’inestricabile babele, una cacofonia di voci che distolgono i fedeli dal cammino verso la salvezza.
Abbiamo così due cardinali arcivescovi (Schönborn di Vienna e Woelki di Berlino) che pubblicamente hanno mostrato comprensione verso le unioni omosessuali, mentre altri due cardinali (Lehmann, vescovo di Magonza e l’ex curiale Kasper), col pubblico plauso di Schüller, si dichiarano favorevoli al diaconato femminile, richiesta di natura esclusivamente tattica, e che rappresenta il tentativo di aprire il terreno a una futura ‘ordinazione sacerdotale’ delle donne. A quest’ultima si sono detti pubblicamente favorevoli Iby di Eisenstadt in Austria (ora dimissionato), Büchel di San Gallo in Svizzera e Fürst di Rottenburg-Stoccarda in Germania. Il cardinale Meisner di Colonia, tra l’altro millantando un presunto via libera del Papa attraverso Mons. Georg Gänswein,  ha invece aperto la strada all’autorizzazione a somministrare la ‘pillola del giorno dopo’ alle donne vittime di stupro, misura che con sorprendente rapidità è stata in seguito presa dall'intera Conferenza Episcopale tedesca.

C’è chi, come il vescovo di Salisburgo Kothgasser, nel corso di un incontro con i sacerdoti della sua diocesi ha affermato che la pedofilia nel clero rappresenta una diretta conseguenza dell’imposizione del celibato  - un sacerdote presente a quell’incontro ha dichiarato: «Io, che vivo il celibato, mi sono sentito accusare di essere un pedofilo o potenziale pedofilo» -. Nella Diocesi di Linz, il vescovo Schwarz ha mantenuto per tre anni Josef Friedl nel suo incarico di parroco di Ungenach, prima che questi si ritirasse per motivi di salute, nonostante egli avesse pubblicamente ammesso di convivere con una donna - oltre a constringerlo a dimettersi da decano, l’unico rimprovero fatto dal vescovo al suo sacerdote, è stato quello di averne parlato in pubblico-. Da notare anche che proprio il parroco Friedl è stato uno dei più violenti oppositori alla nomina di mons. Gerhard Wagner a vescovo ausiliare di Linz, opposizioni che hanno costretto Wagner a rinunciare alla nomina.

Germania, maiale in cattedrale

Il vescovo di Hildesheim, in Germania, Mons. Robert Trelle, lo scorso anno ha avuto la brillante idea di festeggiare la fine della ristrutturazione della locale cattedrale organizzando in essa un pranzo con le maestranze che avevano svolto i lavori a base di porchetta allo spiedo e fiumi di birra. Come fosse normale, la stessa Diocesi ha posto le fotografie del pranzo sul proprio sito Internet, salvo poi ritirarle una volta scoppiate le polemiche per una tale profanazione del luogo sacro.

Nella Cattedrale di Bamberga, in Baviera, in occasione dei 1000 anni dalla sua costruzione, nel marzo dello scorso anno si è tenuta una mostra di arte moderna. Le immagini ‘moderne’, presunte rivisitazioni di passi della Sacra scrittura, poste accanto alle immagini sacre, e che definire blasfeme è davvero poco sono chiamate Hortus conclusus, ed è il modo in cui l’autore vede la Vergine Maria (richiamata dal Cantico dei Cantici appunto come orto chiuso), hanno trovato l’entusiastica lode del vescovo locale, Mons. Ludwig Schick, secondo il quale questa mostra ha rappresentato un invito a vivere di nuovo le opere d'arte del Duomo in modo più intenso, nonché a osservare e valutare l'arte contemporanea. Secondo Schick, con la mostra si dà un segno che l'«arte non è alla fine, bensì continua, continua a essere creata, anche l'arte religiosa. Ciò che è di religioso nell'uomo, lo spirituale, il meditare su ciò che Dio dà agli uomini, può essere stimolato attraverso il confronto con l'arte contemporanea» (per vedere quale ‘stimolo’ religioso sia esercitato dal confronto con l’arte contemporanea vedi qui)

Al contrario, i vescovi fedeli al Papa senza tentennamenti subiscono emarginazione e dileggio: un esempio di tale situazione è rappresentato da mons. Vitus Huonder, vescovo di Coira in Svizzera, malvisto dai media, ma anche dai suoi confratelli vescovi e dagli stessi sacerdoti della sua diocesi - pochissimi parroci lo accolgono nelle proprie parrocchie per il conferimento della Cresima.

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