Cosa ha
detto Putin a Valdai
Se qualcuno avesse detto, quando avevo vent'anni,
che la russia nel 2013 sarebbe stato l'unico paese europeo
a riconoscere e difendere le sue radici cristiane,
l'avrebbero fatto rinchiudere in un manicomio...
ma poi ricordo Fatima.
I media occidentali
hanno trovato degna di nota solo la battuta sarcastica su Berlusconi: «Lo
processano perché va a donne. Fosse stato omosessuale, non avrebbero alzato un
dito contro di lui». Ma Vladimir Putin, nel forum di discussione Valdai (1) con
l’intervento di personalità internazionali (c’era anche Romano Prodi), ha detto
ben altro. Ha affrontato il tema della crisi fondamentale di civiltà che
devasta l’Occidente, e delle forze spirituali cui la Russia deve attingere,
trovandole in sé, per difendersene. Si capisce che è un livello di temi e di
linguaggio che i giornalisti occidentali stentano a capire, ne sono al disotto.
Ecco alcuni passi del discorso:
«Oggi ci occorrono
nuove strategie per preservare la nostra identità in un mondo che cambia
rapidamente, un mondo che è diventato più aperto, trasparente ed
interdipendente. Questo fatto sfida praticamente tutti i popoli e i paesi in un
modo o nell’altro, russi, europei, cinesi ed americani – le società di tutti i
paesi, di fatto.
(...) Per noi (parlo dei russi e della Russia) le domande
sul chi siamo e chi vogliamo essere sono sempre più in primo piano. Ci siamo
lasciati alle spalle l’ideologia sovietica, e non c’è ritorno. Chi propone un
conservatorismo fondamentale, e idealizza la Russia pre-1917, sembra ugualmente
lontano dal realismo, così come sono i sostenitori di un liberalismo estremo,
all’occidentale.
È evidentemente
impossibile andare avanti senza auto-determinazione spirituale, culturale e
nazionale. Senza questo, non saremo capaci di resistere alle sfide interne ed
estere, né riusciremo nella competizione globale. Oggi vediamo una nuova
tornata di questa competizione, centrate sull’economico-tecnologico e
sull’ideologico-informazionale. I problemi militari e le condizioni generali stanno
peggiorando. Il mondo diventa più rigido, e spesso scavalca non solo il diritto
internazionale, ma anche l’elementare decenza».
Ogni Stato, ha
continuato Putin, «deve disporre di
forza militare, tecnologica ed economica; ma la cosa prima che ne determinerà
il successo è la qualità dei suoi cittadini, la qualità della società: la loro
forza intellettuale, spirituale e morale. Alla fin fine, crescita economica,
prosperità ed influenza geopolitica derivano da tali condizioni della società.
Se i cittadini di un dato Paese si considerano una nazione, se e fino a che
punto si identificano con la propria storia, coi propri valori e tradizioni, e
se sono uniti da fini e responsabilità comuni. In questo senso, la questione di
trovare e rafforzare l’identità nazionale è davvero fondamentale per la
Russia».
«E intanto, l’identità nazionale della Russia odierna
subisce non solo la pressione oggettiva che viene dalla globalizzazione, ma
anche le conseguenze delle catastrofi nazionali del ventesimo secolo, quando
abbiamo provato il collasso del nostro stato per ben due volte. L’effetto è
stato un colpo devastante ai codici culturali e spirituali della nostra
nazione; abbiamo fronteggiato la rottura di tradizioni e consonanza della
storia, con la demoralizzazione della società, con una perdita di fiducia e
responsabilità. Queste sono le cause radicali dei tanti urgenti problemi che
affrontiamo. La questione della responsabilità verso se stesso, verso la
società e il diritto, è qualcosa di fondamentale per la vita di ogni giorno
come per la vita del diritto».
(...)
«L’esperienza ha mostrato che una nuova idea nazionale non
compare da sé, né si sviluppa secondo regole di mercato. Uno Stato ed una
società costruiti “spontaneamente” non funzionano, né funziona copiare
meccanicamente le esperienze di altri Paesi. Tali imprestiti rozzi e tentativi
di civilizzare la Russia dall’esterno non sono state accettati dalla
maggioranza assoluta del nostro popolo. Ciò perché l’aspirazione
all’indipendenza e alla sovranità nella sfera spirituale, ideologica e nella
politica estera è parte integrante del nostro carattere nazionale. Detto tra
parentesi, tali approcci sono falliti anche in altre nazioni. I tempi in cui
modelli e stili di vita già bell’e fatti potevano essere inseriti in Paesi
stranieri come programmi nei computers sono passati.
Comprendiamo anche
che l’identità e un’idea nazionale non può essere imposta dall’alto, per mezzo
di un monopolio ideologico. È una costruzione molto instabile e vulnerabile, e
lo sappiamo per esperienza personale; non ha futuro nel mondo moderno. Abbiamo
bisogno di creatività storica, d’una sintesi dei costumi e delle idee nazionali
migliori, una comprensione delle nostre tradizioni culturali, spirituali e
politiche colte da diversi punti di vista; bisogna capire che (l’identità
nazionale) non è qualcosa di rigido che durerà per sempre, ma piuttosto un
organismo vivente. Solo così la nostra identità sarà fondata su solida base,
diretta verso il futuro e non il passato. Questo è il principale argomento a
riprova che un’ideologia di sviluppo deve essere discussa da persone che hanno
visioni differenti, e diverse opinioni sul come risolvere dati problemi.
Sicché tutti noi – i
cosiddetti neo-slavofili e i neo-occidentalisti, gli statalisti e i cosiddetti
liberisti – tutta la società deve lavorare insieme per creare fini comuni di
sviluppo (...). Ciò significa che i liberisti devono imparare a parlare ai
rappresentanti della sinistra e che d’altro canto i nazionalisti devono
ricordare che la Russia è stata formata specificamente come stato pluri-etnico
e multi-confessionale fin dalla sua nascita (...). La sovranità, indipendenza e
integrità territoriale della Russia sono incondizionate. Qui ci sono “linee
rosse” che a nessuno è permesso scavalcare. Per quanto differenti siano le
nostre vedute, le discussione sull’identità e il nostro futuro nazionale sono
impossibili se coloro che vi prendono parte non sono patriottici. Ovviamente
intendo patriottismo nel più puro senso della parola».
Dopo aver delineato così la libertà di pensiero desiderabile
in Russia e il limite che deve incontrare (nel comune senso della patria),
Vladimir Putin pronuncia la critica più lucida alla «cultura» occidentale che
il Sistema occidentale vuol imporre a tutta l’umanità, e ne addita l’intento
suicida e, al fondo, satanico (Putin non esita a nominare Satana, né si fa
scrupolo di parlare di spiritualità).
Sono i passi più
fondamentali:
«Altra grave sfida
all’identità della Russia è legata ad eventi che hanno luogo nel mondo. Sono
aspetti insieme di politica estera, e morali. Possiamo vedere come i Paesi
euro-atlantici stanno ripudiando le loro radici, persino le radici cristiane
che costituiscono la base della civiltà occidentale. Essi rinnegano i principi
morali e tutte le identità tradizionali: nazionali, culturali, religiose e financo
sessuali. Stanno applicando direttive che parificano le famiglie a convivenze
di partners dello stesso sesso, la fede in Dio con la credenza in Satana.
La “political
correctness” ha raggiunto tali eccessi, che ci sono persone che discutono
seriamente di registrare partiti politici che promuovono la pedofilia. In molti
Paesi europei la gente ha ritegno o ha paura di manifestare la sua religione.
Le festività sono abolite o chiamate con altri nomi; la loro essenza
(religiosa) viene nascosta, così come il loro fondamento morale. Sono convinto
che questo apre una strada diretta verso il degrado e il regresso, che sbocca
in una profondissima crisi demografica e morale.
E cos’altro se non la
perdita della capacità di auto-riprodursi testimonia più drammaticamente della
crisi morale di una società umana? Oggi la massima parte delle nazioni
sviluppate non sono più capaci di perpetuarsi, nemmeno con l’aiuto delle
immigrazioni. Senza i valori incorporati nel Cristianesimo e nelle altre
religioni storiche, senza gli standard di moralità che hanno preso forma dai
millenni, le persone perderanno inevitabilmente la loro dignità umana. Ebbene:
noi riteniamo naturale e giusto difendere questi valori. Si devono rispettare i
diritti di ogni minoranza di essere differente, ma i diritti della maggioranza
non vanno posti in questione.
Simultaneamente,
vediamo sforzi di far rivivere in qualche modo un modello standardizzato di
mondo unipolare e offuscare le istituzioni di diritto internazionale e di
sovranità nazionale. Questo mondo unipolare e standardizzato non richiede Stati
sovrani; richiede vassalli. Ciò equivale sul piano storico al rinnegamento
della propria identità, della diversità del mondo voluta da Dio»...
Che dire? Putin accomuna la perdita della distinzione
sessuale imposta per legge in Occidente con la perdita delle frontiere, o il
divieto ad una comunità politica di distinguersi dalle altre aderendo alle
proprie radici; l’uno e l’altro configurano «cancellazione di confini» voluti
dalla medesima forza: forza del male, nemica della volontà di Dio.
Globalizzazione ultra-liberista ed omo-promozione sono da lui sentite come «la
stessa cosa», sgorganti dalla stessa volontà anti-umana.
Certo non c’è un
politico al mondo d’oggi che definisca così senza complessi la natura del
conflitto che lo oppone all’americanismo e al suo sistema mondializzato:
conflitto più che solo politico, ma escatologico (2). Siccome Putin non è un
santo né un mistico, c’è da chiedersi dove abbia tratto questa capacità di
valutazione metapolitica, questa speciale intelligenza. Forse l’amara
esperienza personale cui allude, il crollo del sistema sovietico e della sua
società; forse l’anima russa è capace di queste risonanze.
Io tenderei a non
escludere che nella formazione di certi alti gradi del KGB, ci sia stato un
addestramento delle menti e dei caratteri ( intelligence in senso proprio) a
tener conto, e a valutare nelle analisi politiche, accanto alle forze materiali
e sopra di esse, quelle culturali e «spirituali», e ancor sopra, quelle
dell’Invisibile. Nel denso, introvabile romanzo sullo spionaggio sovietico e i
suoi agenti d’influenza – Il Montaggio – l’autore russo-francese Dimitri
Volkoff tratteggia il capo supremo della Disinformazione e Manipolazione,
«generale Mohammed Mohammedovic Abdulrakmanov, due volte Eroe dell’Unione
Sovietica, due volte cavaliere dell’Ordine di Lenin, cekista d’onore» e
astutissimo burattinaio e manipolatore di uomini-pedine, che agonizza nella sua
dacia e – con grande imbarazzato stupore dell’agente Pitman, un siloviki ebreo
che lo ammira – ha acceso un lumino rosso davanti all’icona, come un qualunque
mugik vecchio-credente. Sarebbe dunque cristiano, questo gran manovratore
leninista di razza uzbeka e di nome mohammadico?, si domanda Pitman scandalizzato
e addolorato. Il generale Abdulrakmanov, dal suo divano in cui muore, gli dice:
«Sai, non sono scontento della mia vita. Forse ho un po’ piegato la Storia
nella buona direzione, e una o due volte ho preso a calci nel sedere il
Chitano, e spesso l’ho fatto lavorare per me» (3).
Forse sono solo
fantasie. Ma non è fantasia che la Russia è tornata in sé, e la sua corazza
sovietica e marxista s’è sgretolata, dopo essere stata consacrata al Cuore
Immacolato di Maria, come chiese la Vergine a Fatima. E se vogliamo osare, c’è
stata recentemente una giornata di digiuno ordinata dal Papa ai cattolici per
sventare l’aggressione alla Siria che sembrava inevitabile... Il materialismo è
stato per le masse. Certe forze, un buon cekista ha imparato a rispettarle, e a
farle entrare nell’analisi strategica.
Il sito Dedefensa
invita a confrontare la riflessione del capo di Stato russo con «i luoghi
comuni correnti nei discorsi (dei politici) del Blocco Occidentale-Americano,
col loro catechismo morale d’occasione, di una infecondità intellettuale e
spirituale che non cessa di stupire per il suo riduzionismo e imprigionamento
concettuale (4). Il discorso di Putin è interessante per la sua volontà di
usare dei riferimenti che, al contrario, liberano il pensiero... Per una volta
non c’è bisogno di «leggere fra le righe» né chiedere una interpretazione agli
addetti stampa, né da completare la comprensione dell’argomento attraverso il
body language».
Non si potrebbe dir meglio. È anche riconoscibile lo stigma
delle forze e delle proteste che vengono scagliate contro la Russia di Putin, e
che paiono tanto degne di rilievo ai nostri media: la dissacrazione di basso
rango, le Pussy Riots che ballano sull’altare, le Femen che strillano a seno
nudo. E questa, l’ultima, riportata il 20 settembre dalle agenzie europee:
«Spogliarelliste russe contro Putin per la pace in Siria – Le ballerine di un
club moscovita di striptease hanno realizzato un calendario osé, per attirare
l’attenzione della gente sul problema siriano. Ne dà notizia il sito Rkb
Daily». (Mosca, calendario sexy contro la guerra in Siria dedicato a Putin e
Obama)
Sul conflitto in Siria, le tre signorine dissentono da Putin
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Ecco chi si riduce a
pagare l’intelligence, chiamiamolo così, occidentale, per fare un po’ di
pandemonio. Spogliarelliste nude contro Putin. Entraineuses per la Siria. Il
porno-club moscovita non approva che Assad consegni le armi chimiche. Notizia
ripresa dal sito Rkb... Evidentemente, non trovano in Russia oppositori più
seri da pagare, né siti informativi più prestigiosi. Sono sicuro che persino
alla Cia si vergognano.
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1) Il Valdai International Discussion Club vuol essere un
forum di pensiero aperto a vari ospiti esteri. Fondato dalla RIIA Novosti e dal
think tank governativo russo Council on Foreign and Defense Policy, cerca di
suscitare ed arricchire con dibattiti ed apporti ad alto livello al pensiero
strategico. Un po’ come l’atlantista Gruppo Bilderberg, il Valdai deve il suo
nome alla località dove ha tenuto la prima riunione nel 2004, l’hotel Valdai sul
lago Valdaiskoye, nella zona di Novgorod, ricca di monasteri e memorie storiche
dell’ortodossia. L’incontro in cui Putin ha parlato è avvenuto il 19 settembre.
2) Nel senso detto da San Paolo, Efesini 1-18: «...La nostra
battaglia infatti non è contro la carne e il sangue, ma contro i Principati e
le Potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti
del male che abitano nelle regioni celesti. Prendete dunque l’armatura di Dio,
perché possiate resistere nel giorno cattivo e restare saldi dopo aver superato
tutte le prove».
3) Abdurakman chiama la suprema cerchia del Kgb «il
Concistoro». «Noi del Concistoro siamo una fabbrica della verità. Uso esterno,
uso interno. Al punto tecnico in cui siamo, tutte le immagini derivano da noi».
E l’agente Pitman, di medio livello, ascoltando il generale morente, coglie «la
verità. Anche lui aveva già intravisto un segreo di quest’ordine: coloro che
hanno le chiavi della disinformazione devono avere anche quelle d’informazione,
e le chiavi dell’informazione sono le chiavi del mondo». È stato il Kgb,
sapendo la verità sulle statistiche economiche sovietiche e la perdita di
terreno rispetto alla tecnologia occidentale, che tentò la riforma del sistema.
La morte prematura del geniale capo del KGB, Yuri Andropov, fece sì che il
progetto fosse condotto da Gorbaciov, il quale fallì. Putin è nutrito di questa
esperienza.
4) Questo elemento di stupida, ripetitiva brutalità
americanista è colto dal commentatore William Pfaff a proposito della soluzione
escogitata ed imposta da Mosca per la Siria. La Casa Bianca continua a
minacciare di bombardare la Siria, nonostante il regime siriano sia pronto a
consegnare i suoi arsenali chimici, e pronto a firmare il trattato di bando di
tali armi. «La Siria si assoggetta al diritto internazionale», scrive Pfaff,
«il che è altamente significativo. Washington non sembra comprendere l’importanza
della sottomissione del presidente Assad al diritto internazionale. Gli Usa
sono diventati così indifferenti, anzi così abituati a violare il diritto
internazionale, che non riesce a cogliere questo: che il resto del mondo vuol
vedere Assad sottomettersi al diritto, e gli Stati Uniti (ed Israele) anche».
Sono questi due ad essersi messi fuori dalla civiltà, e non lo capiscono.
Mentre il nuovo presidente iraniano Rouhani stende la mano conciliante,
annunciando d’essere disposto a discutere anche il suo programma nucleare,
Netanyahu ha ordinato alla delegazione israeliana di uscire durante il discorso
all’Onu del medesimo Rouhani; il governo e i giornali sionisti sono nel panico
di fronte alla prospettiva di conciliazione, e incitano gli americani a non credere,
a rifiutare la mano tesa, perché l’Iran vuol farsi comunque la Bomba e
lanciarla sullo stato ebraico. Una puerile menzogna, commenta William Pfaff:
«Gli israeliani lo sanno. La grossolana esagerazione del supposto pericolo è
solo uno sforzo per indurre gli Usa a distruggere l’Iran come potenza regionale
nel Medio Oriente, come hanno fatto per l’Iraq di Saddam, risparmiando così ad
Israele la fatica...e il disonore».