martedì 20 agosto 2013

xix domenica C

XIX Domenica anno C


In questa domenica il Signore ci sollecita a stare pronti, nell’ attesa del Signore: estote parati! Tutto nella vita terrena è in funzione dell’ unione con Dio, attenti al fatto che ogni tipo di tesoro, presto o tardi, polarizza il nostro cuore. Sapendo a quali promesse avevano creduto. La prima lettura ci ricorda san Paolo: io so a chi ho creduto. Il brano proclamato oggi fa riferimento alla prima pasqua in Egitto. Il popolo di Israele, come del resto la Chiesa, avverte la problematicità dell’ inserimento dei credenti in contesti pagani o addirittura di ateismo. Questo problema si è riscontrato in Egitto, poi in terra di Canaan ed ancora più acuto quando si trovarono a confronto con la cultura ellenica. Molti furono sedotti dalla filosofia pagana, oltre che dalle religioni misteriche e dall’ astrologia. Anche noi siamo un piccolo gregge, nel mondo ma non del mondo. La giusta strategia nei confronti di questo problema è di fondamentale importanza oggi per la chiesa, che rischia sempre più di perdere la sua identità nello sforzo di un dialogo a 365 gradi con tutti e con ogni vento di dottrina (cfr. Eb 13, 9). Il cristiano deve essere persuaso di avere un tesoro da compartire a tutti gli uomini: la Fede per la salvezza di chiunque crede (Rom 1:16). Ma esso deve sottoporsi ad un duplice sforzo: approfondire la sua fede e trovare linguaggi adatti all’ uomo moderno. Ad ogni momento la nostra Fede può essere esposta ad attacchi, anche mediatici, dirompenti. Ma sappiamo che è meglio obbedire a Dio piuttosto che agli uomini. Con s. Paolo alla fine della vita terrena, in attesa del Cristo giudice, dobbiamo poter dire: “ ho combattuto la buona battaglia, ho conservato la Fede, ora mi resta solo la corona di gloria che Cristo mi consegnerà nell’ ultimo giorno ( 2 Tim 4, 7-8). Del resto, che cosa giova possedere tutto il mondo o aver dialogato con tutto il mondo se si perde la propria anima? (cfr Mc 8,36). Anche il brano evangelico ci sprona a vivere in funzione dei beni eterni. Cristo ci esorta a non riporre la nostra speranza nelle cose contingenti della terra, ma nei tesori accumulati in cielo. Il cristiano cerca prima di tutto il Regno di Dio e la sua giustizia, sapendo che tutto il resto gli sarà dato in più ( Mt. 6,33 ). La salvezza eterna solleva per l’ uomo degli interrogativi insolubili al di fuori della prospettiva di Fede. Per essere coinvolti nella vita divina occorre aderire totalmente alla Fede. Non basta credere in Dio, ma occorre credere a Dio. L’ uomo moderno crede senz’ altro che Dio esiste, ma si lascia guidare dai demoni del potere, dell’ avere, dell’ edonismo, dell’ apparire …. Come fare per ricercare il bene terreno necessario senza farsene schiavo e perdere di vista i beni eterni? Il Signore si rivolge ai fedeli come a dei servi che nella società contemporanea devono conservare la vigilanza spirituale. Ma se si lasciano sorprendere dal sonno, dalla preoccupa- zione del materialismo, si espongono al rischio di un orribile risveglio. Se si abbandonano a bere, mangiare, ubriacarsi … il padrone arriverà quando meno se lo aspettano e li punirà con rigore. Del resto, a chi molto è stato dato, molto sarà chiesto (Lc 12, 48). E questo vale soprat-tutto per i consacrati, senza dimenticare che il Signore vuole che tutti siamo perfetti come è perfetto il Padre celeste (Mt 5,48) e che è volontà di Dio la nostra santificazione (cfr 1Ts 4,3 ). Nella seconda lettura della Messa odierna si parla ripetutamente della Fede come virtù fondamentale dei patriarchi e dei santi. In particolare Abramo è tipo dell’ uomo di Fede sia per l’ Antico che per il Nuovo Testamento. La Fede è un atto di sottomissione della ragione e della volontà, che si basa sulla promessa di Dio. Ma dire promessa significa indicare qualcosa che si colloca nel futuro. E noi ci fidiamo dell’ avvenire perché abbiamo motivi fondati di fiducia in Dio che si è rivelato ad Abramo, a Giacobbe, a Mosè ….. Tutto questo ci porta ad essere attenti alle realtà del cielo. La fede non forza la nostra intelligenza, ma crediamo perché, come diceva Pascal, sappiamo che il cuore ha delle ragioni che la ragione non ha. L’ atto della nostra Fede è provocato dalla Speranza dei beni futuri, ma a sua volta è supporto della Speranza. Ecco perché l’ autore della Lettera agli Ebrei afferma che la Fede è fondamento delle cose che si sperano. Per la Fede Abramo partì senza sapere dove andava …. : Anche oggi la Fede ci chiede di compiere un esodo dall’ orizzonte puramente materiale, che sembra rinserrare tutta la nostra esistenza, verso la terra promessa: il Paradiso. Ma nel camminare verso gli orizzonti eterni non sappiamo ancora cosa ci attende, sappiamo però che saremo simili a Lui perché lo vedremo come Egli è (1 Gv 3, 1-2). La Fede non ci svela apertamente la meta, ed è la Speranza il pane che ci sostiene nel cammino. La Speranza ci è dunque necessaria per perseverare nella Fede. Inoltre l’ impegno nella Fede deve essere saldo, per essere al riparo dalle innumerevoli seduzioni che tarpano le nostre ali. L’ intelligenza deve fare i conti con mille scaltre obiezioni; la volontà deve resistere alle sollecitazioni che vorrebbero portarla a uscire dal retto sentiero; perché il cuore vorrebbe essere uno zingaro senza fissa dimora. Il credente, come il popolo dell’ Esodo, non è mai al riparo dalla nostalgia per le cipolle d’ Egitto, e vorrebbe tornare sui suoi passi. Cosa fare? Tenersi saldamente ancorati alla Speranza fondata sulla promessa di Dio, perché “i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili “ (Rm 11,29).

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