giovedì 30 giugno 2016

Lutero all'Inferno

Sr. Serafina Micheli e la visione di Lutero all'Inferno



Nel 1883 Suor Maria Serafina Micheli (1849-1911) che sarà beatificata a Faicchio in provincia di Benevento e diocesi di Cerreto Sannita il 28 maggio 2011, fondatrice dell’Istituto delle Suore degli Angeli, si trovava a passare per Eisleben, nella Sassonia, città natale di Lutero. Si festeggiava, in quel giorno, il quarto centenario della nascita del grande eretico ( 10 novembre 1483) che spaccò l’Europa e la Chiesa in due, perciò le strade erano affollate, i balconi imbandierati. Tra le numerose autorità presenti si aspettava, da un momento all’altro, anche l’arrivo dell’imperatore Guglielmo I, che avrebbe presieduto alle solenni celebrazioni. La futura beata, pur notando il grande trambusto non era interessata a sapere il perché di quell’insolita animazione, l’unico suo desiderio era quello di cercare una chiesa e pregare per poter fare una visita a Gesù Sacramentato. Dopo aver camminato per diverso tempo, finalmente, ne trovò una, ma le porte erano chiuse. Si inginocchiò ugualmente sui gradini ... 
...  d’accesso, per fare le sue orazioni. Essendo di sera, non s’era accorta che non era una chiesa cattolica, ma protestante. Mentre pregava le comparve l’angelo custode, che le disse: “ Alzati, perché questo è un tempio protestante”.
Poi  le soggiunse: “Ma io voglio farti vedere il luogo dove Martin Lutero è condannato e la pena che subisce in castigo del suo orgoglio”.
 
Dopo queste parole vide un’orribile voragine di fuoco, in cui venivano crudelmente tormentate un incalcolabile numero di anime. Nel fondo di questa voragine v’era un uomo, Martin Lutero, che si distingueva dagli altri: era circondato da demoni che lo costringevano a stare in ginocchio e tutti, muniti di martelli, si sforzavano, ma invano, di conficcargli nella testa un grosso chiodo.
La suora pensava: se il popolo in festa vedesse questa scena drammatica, certamente non tributerebbe onori, ricordi, commemorazioni e festeggiamenti per un tale personaggio.
 
In seguito, quando le si presentava l’occasione ricordava alle sue consorelle di vivere nell’umiltà e nel nascondimento. Era convinta che Martin Lutero fosse punito nell’Inferno soprattutto per il primo peccato capitale, la superbia.
L’orgoglio lo fece cadere nel peccato capitale, lo condusse all’aperta ribellione contro la Chiesa Cattolica Romana. La sua condotta, il suo atteggiamento nei riguardi della Chiesa e la sua predicazione furono determinanti per traviare e portare tante anime superficiali ed incaute all’eterna rovina.
 
Se vogliamo evitare l’Inferno viviamo nell’umiltà. Accettiamo di non essere considerati, valutati e stimati da quelli che ci conoscono. Non lamentiamoci, quando veniamo trascurati o siamo posposti ad altri che pensiamo siano meno degni di noi. Non critichiamo mai, per nessun motivo, l’operato di coloro che ci circondano. Se giudicheremo gli altri, non siamo neppure cristiani.
 
Se giudichiamo gli altri, non siamo neppure noi stessi. Confidiamo sempre nella grazia di Dio e non in noi stessi. Non preoccupiamoci eccessivamente della nostra fragilità, ma del nostro orgoglio e presunzione. Diciamo spesso col salmista: “Signore, non si inorgoglisce il mio cuore e non si leva con superbia il mio sguardo; non vado in cerca di cose grandi, superiori alle mie forze” (ps. 130).
 
Offriamo a Dio il nostro “nulla”: le incapacità, le difficoltà, gli scoraggiamenti, le delusioni, le incomprensioni, le tentazioni, le cadute e le amarezze di ogni giorno. Riconosciamoci peccatori, bisognosi della sua misericordia. Gesù, proprio perché siamo peccatori ci chiede solo di aprire il nostro cuore e di lasciarsi amare da Lui. E’ questa l’esperienza di San paolo: “La mia potenza, infatti, si manifesta pienamente nella debolezza. Mi vanterò, quindi, ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo” (2 Cor. 12,9). Non ostacoliamo l’amore di Dio nei nostri riguardi col peccato o con l’indifferenza. Diamogli sempre più spazio nella nostra vita, a vivere in piena comunione con Lui nel tempo e nell’eternità.
Don Marcello Stanzione

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