sabato 3 dicembre 2011

NOVENA “DELLA GRAZIA”
a san FRANCESCO SAVERIO



Caro san Francesco Saverio, con te adoro Dio nostro Padre, rinpraziandolo per i grandi do­ni di grazia che ti ha concesso durante la vita e per la gloria di cui ti ha coronato in cielo.
Ti supplico con tutto il cuore: intercedi per me presso il Signore, perché mi dia anzitutto la grazia di cooperare alla salvezza di tut­ti gli uomini e, in particolare, di vivere e morire santa-mente.
Mi conceda anche la grazia di cui ho bisogno in questo momen­to .., purchè sia secondo la sua volontà.
Intercedi perché tutti i popoli possano incontrare Cristo Salva­tore, per la loro salvezza e per la maggior gloria di Dio Padre. Amen.

Prega per noi, san Francesco Saverio,
e saremo degni delle promesse di Cristo.

Preghiamo:       O Dio, con la pre­dicazione apostolica di san Fran­cesco Saverio tu hai chiamato molti popoli dell'Oriente alla lu­ce del vangelo. Fa' che ogni co­munità cristiana abbia il suo fer­vore missionario, perché su tut­ta la terra la santa chiesa si allie­ti di nuovi figli. Per Cristo nostro Signore. Amen.


Deus, qui beáti Francísci prædicatióne multos tibi pópulos acquisísti, da, ut fidélium ánimi eódem fídei zelo férveant, et ubérrima ubíque prole Ecclésia sancta lætétur. Per Dóminum.

Oppure:
Signore, Dio pietoso e misericordioso, hai aperto le porte dell'Oriente all'apostolo del tuo vangelo, san Francesco Saverio; mandaci fino agli ultimi con­fini della terra per portare a compimento la gioia materna della tua Chiesa. Per il nostro. Signore,


ORIGINE DELLA NOVENA "DELLA GRAZIA"


Nella prima domenica dopo l'Immacolata, l’11 dicembre 1633, si svolse nel palazzo reale di Napoli la festa tradizionale della monarchia spagnola, molto devota alla Vergine Maria. Per rendere più solenne la festa, il Viceré aveva voluto che nella loggia intorno al gran cortile fossero eretti quattro altari.
Ne fu affidata la realizzazione ad altrettanti nobili cavalieri, tra cui Carlo Brancaccio, fratello del cardinale omonimo. Carlo a sua volta, per meglio riuscire nell'intento, si rivolse al Padre Marcello Mastrilli s.j., sicuro che l'altare da lui eretto sarebbe risultato di sicura finezza artistica.
Terminata la festa, il P.Mastrilli volle tornare al suo altare dove gli operai si apprestavano a togliere gli addobbi. Ed ecco che improvvisamente uno degli operai, che lavorava su una lunga scala, si lasciò sfuggire un pesante martello, che colpì violentemente P.Mastrilli alla testa.
Soccorso e portato nel collegio gesuitico del "Gesù Vecchio", il ferito ricevette tutte le cure possibili dai medici, ma - nonostante un breve periodo di miglioramento - ogni rimedio si rivelò vano, e p. Mastrilli si aggravò al punto che - dopo 21 giorni - il 2 gennaio 1634 era ormai in fin di vita, né c’erano altre speranze per salvarlo.
Il giorno seguente le sue condizioni erano sempre disperate, ma ecco che il mattino di mercoledì 4 gennaio P.Mastrilli fu visto, con stupore di tutti, all'altare a celebrare la Messa, quando ormai ci si attendeva la sua morte. Evidentemente qualcosa di straordinario era avvenuto, e fu lo stesso P.Mastrilli a riferirlo.


S.Francesco Saverio
guarisce il P.Mastrilli s.j.

[Residenza del Gesù Nuovo - Napoli]

Come scrisse in una relazione - firmata e consegnata alle autorità della Diocesi - prima di ricevere l'estrema unzione fece voto, davanti al suo Padre Provinciale, P.Carlo di Sangro, di partire come missionario in India, se il Signore lo avesse voluto guarire.
Pregò quindi il suo confessore di far portare nella sua camera una immagine di S.Francesco Saverio, pregandolo che gli concedesse di poter fare la Comunione prima di morire, data la difficoltà che aveva di inghiottire. E per questo si accostò alla gola una piccola reliquia del Santo.
Difatti poté poi ricevere la Comunione, e per il resto del giorno, poiché si sentiva soffocare, pregò pure la Madonna di affrettare la sua morte. Ma ecco che a questo punto si sentì chiamare: "Marcello! Marcello!" Sentì poi ancora la medesima voce, e volgendo gli occhi verso l’immagine di San Francesco Saverio, ecco che scomparvero ai suoi occhi i confratelli che gli stavano vicino, e vide una persona vestita da pellegrino, col volto di San Francesco Saverio.
"Ebbene - gli disse il Santo - che si fa? Volete morire o andare alle Indie?" P.Mastrilli rispose che desiderava fare quello che Dio voleva. "Non vi ricordate - proseguì allora il Santo - che ieri, col permesso del vostro Provinciale, avete fatto voto di andare in India se Dio vi avesse ridato la salute?" Alla sua risposta affermativa il Santo continuò: "Dunque, allegramente, dite con me queste parole..." E il Santo gli fece ripetere, con alcune aggiunte concernenti la partenza per le Indie e la domanda del martirio, la formula dei voti propria della Compagnia di Gesù.
Infine aggiunse: "Ormai siete sano. Ringraziate Dio di un favore così grande, e in segno di adorazione baciate le cinque piaghe del vostro crocifisso».
Infatti, come tutti poterono costatare, il P.Mastrilli era completamente guarito. E tre anni dopo partì per l'Oriente, dove tre anni dopo, nel 1637, morì martire in Giappone, a Nagasaki.
Grato della guarigione ottenuta, il Mastrilli conservò per S.Francesco Saverio una grande devozione, che si sforzò di diffondere tra quanti il Signore metteva nel suo cammino di missionario. Molti da allora testimoniarono di grazie ricevute da S.Francesco Saverio, e si diffuse così quella che venne chiamata la «Novena della Grazia», che in modo particolare si pratica dal 4 al 12 marzo.

Mi sono imbattuto in molti pericoli durante questa traversata [...]. Ho visto spargere molte lacrime a bor­do. Dio nostro Signore voleva metterci alla prova, attra­verso questi pericoli, dimostrarci che noi siamo impo­tenti se fidiamo solo nelle nostre forze, o se basiamo la nostra fiducia sulle cose terrene, e dimostrarci anche tutta la nostra potenza quando, abbandonando fatue speranze, ci rivolgiamo con fede al Creatore del mondo, che ci rende forti, tanto da poter affrontare quei pericoli ai quali il suo amore ci ha esposti.
Quelli che si trovano di fronte a tali pericoli, e li af­frontano nel suo nome, si accorgono senza alcun dubbio che tutto il creato obbedisce al Creatore e sanno che la consolazione divina in tali momenti è più grande del ti­more della morte, poiché la vita dell'uomo deve pur ave­re una fine. Quando i timori ed i pericoli sono passati, non si possono descrivere i momenti vissuti, ma ne re­sta tale ricordo che non si potrà smettere di servire tale maestro, nel presente come nel futuro, sperando che il Signore, la cui misericordia non conosce limiti, dia sem­pre la forza di servirlo (J. brodrick, San Francesco Saverio, Parma 1961, 211).

Io vi prego, angelo beneamato alla cui custodia mi so­no affidato, di essere sempre pronto a soccorrermi. Pre­sentate le mie preghiere all'orecchio misericordioso di Dio, nostro Signore. Che egli mi dia, per mezzo vostro, la grazia di fare il bene e di perseverare sino alla fine. Allontanate da me, per la forza di Dio onnipotente, ogni tentazione di Satana, e quello che non meritano le mie azioni, sempre viziate da qualche male, ottenetemelo con le vostre preghiere davanti a Dio. E quando questa vita sarà giunta al suo termine, non permettete che i demoni mi afferrino e non lasciatemi cadere nella di­sperazione. Non lasciatemi senza avermi condotto alla visione beatifica di Dio, per gioirvi per sempre con voi, con la beatissima Maria, Madre di Dio, e con tutti i san­ti. Amen.                    (francesco saverio, Epistole 1, 452).

Raramente la prima risposta al richiamo di Dio è difficile. La difficoltà viene più tardi, quando gli errori, le stanchezze, le sconfitte e l'usura hanno invaso l'anima dell'apostolo. Si era partiti in picchiata: «Vi farò vedere io come si fa. Loro, i vecchi, non ci hanno capito nulla»; ma un giorno, come il profeta Elia, ci si sorprende a mormorare: “Ora basta, Signore, prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri” (1 Re 19,4). Av­viene all'apostolo come al profeta: la sua vera risposta, il suo vero impegno giungono soltanto in un secondo tempo.
Invece di essere una controindicazione, la prova della sco­perta cocente della propria incapacità fondamentale costituisce il vero punto di partenza: prima non era che un galoppo di pro­va, il cui aspetto brillante ne nascondeva la fragilità. Dio ha il suo metodo: raramente cambia (cfr. Es 3-4). Per gli apostoli è di capitale importanza cogliere la necessità di tale purificazione: Dio accende in noi una fiamma, ma prima bisogna che essa consumi la nostra parte più umana, le nostre attrattive, la nostra natura, le nostre inclinazioni. Non certo perché la nostra natura e l'inclinazione delle nostre attitudini siano cattive! Dio sceglie i suoi servitori e li qualifica al suo servizio, ma bisogna che tutto ciò sparisca in un'alchimia misteriosa, fino ad avere come unico movente la chiamata di Dio, che invia il suo testimone.
                                                                              (J. loew, Comme s'il voyait l'invisible, Paris 1954, 29ss.).

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